Vittorio Alfieri, Antigone, 1783

i mesti ¶ spettri del suo dolore: a stento poscia

lui l'orror del suo misfatto. Ei vive? ¶ e

maggior che il fallo suo. Ramingo, ¶ cieco, indigente, addolorato

noto ¶ non oserà il suo nome: il ciel, Creonte

imprecazioni. — Al vacillante antico ¶ suo fianco irne sostegno eletta

sarà l'infame: del suo nome ogni uomo ¶ sentirà

lui contaminata terra, ¶ col suo più starvi, alla terribil

poca è vendetta il suo perpetuo esiglio. — ¶ Ma, seco

il corpo del fratel suo amato. ¶ Creonte ¶ Al par

è con esse già: suo nome pria ¶ sveli costei

l'urna fatale del suo dolce amore ¶ chiedea da

notte ¶ alquanto ancora. Al suo morir già il punto

superbo ed offuscato sguardo ¶ suo nobil cor, l'alto

madre, ¶ altro conforto al suo dolore immenso? ¶ qual compagna

ammenda ¶ ampia del non suo fallo. — Ancor tel dico

è regno il pensier suo: felice ¶ mai non sperar

sperar di vedermi a suo costo: ¶ deh, lo fosse

o Emone, al cader suo, scerrai. ¶ SCENA III ¶ ANTIGONE

Argìa, ¶ e il pargoletto suo, che immagin viva ¶ di

cagion sei sola ¶ del suo morir. — Pensaci; ancor n

le chiegga, io forse ¶ suo desir preverrò. Sei pago

Or, lascia, ¶ che al suo destin vada costei. ¶ Emone

scellerato padre. ¶ Creonte ¶ Il suo furor meglio soffrir poss

affrenano: gran parte ¶ del suo furor la mia fidanza

il festi: il cener suo portarti ¶ in Argo; ed

strascini. — ¶ Torni intanto al suo carcere. ¶ Argia ¶ Mi ascolta

Argìa sol duolmi: il suo destin (deh! dica) ¶ chi

tragga ¶ Argìa primiera al suo destino... ¶ Argia ¶ Ahi crudi

volgo, e in un suo ardir, sua speme, ¶ e

tratta ¶ dallo squallor del suo carcere orrendo. ¶ Emone ¶ Ov