Gian Giorgio Trissino, Sofonisba, 1524

io, temendo l'empio suo furore, ¶ mi volsi ad

pigliassen fin dentr'al suo grembo. ¶ Onde mostrommi una

ch'io non molesti ¶ suo riposo, o turbi la

regina ¶ forse nel nido suo paterno ancora ¶ si farebbe

vergogna, e con il suo periglio, ¶ potesse rivoltar le

gli uccisero sotto il suo cavallo, ¶ poi con tanto

è pensier, che il suo potere intenda. ¶ LELIO ¶ Ma

sì tosto il preso suo primo consorte, ¶ e gir

a cui la diè suo padre, ¶ che di Siface

andando, come andrà, con suo marito. ¶ MASSINISSA ¶ Mandiam pur

saputa mia, né di suo padre, ¶ gli concesse per

quel che l'error suo scusa o difende, ¶ è

che la farìa del suo sangue vermiglia. ¶ LELIO ¶ O

conforta, ¶ e spera ogni suo ben da que' bei

suggetto, ¶ mal può il suo signor vincere a lite

regina ¶ fe' nel palazzo suo tutti gli altari ¶ ornar

colonna a l'infelice suo legnaggio. ¶ Appresso, poi vi

affamati lupi. ¶ Difendete il suo onore e la sua

a seder sopra il suo letto, ¶ sospirò forte, e

anco voi 'nanzi 'l suo fine; ¶ e qui mandommi

tardo giunto sarò nel suo soccorso. ¶ CORO ¶ Non giova

m'asconda eternamente il suo bel volto. ¶ CORO ¶ Levate

men si spera, il suo furor s'acqueta, ¶ e