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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giovanni Crisostomo Trombelli, Fedro tradotto da Gio: Grisostomo Trobelli, 1797

concordanze di «sì»

nautoretestoannoconcordanza
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nitido ed utile favoleggiatore, si riduce a due cose
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Fra i bei Pavon’ si mischia. A la sfacciata
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svelgon le penne, e co’ rostri ¶ L’inseguon
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Leon le parti, e soggiugne: ¶ Prendo, poichè son
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in valore, a me si debbe. ¶ Se alcuno poi
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gola fitto ¶ Un osso , che dal dolor forzato
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una Lepre ¶ Altamente gemea. la dileggia ¶ Un Passere
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il ver fe non si presti; ¶ Con brieve favoluzza
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le parti entrambe udite, ¶ parla: tu non sembri
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Volpe e il Corvo. ¶ SI pente in van cui
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Corvo, ¶ Ma tardi, e si lagnò di sua follìa
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ignoto andonne, e là si finse ¶ Medico, e dispacciando
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Ma la stoltezza altrui chiaro il fece. ¶ Allor
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pastore. ¶ SE il Principe si cangia, un uom del
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nacque il mal, guarir si possa. ¶ FAVOLA XIX. ¶ La
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alfin, con tal forza si gonfia, ¶ Che rottasi la
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Una Cicogna, ch’apprestar si vide ¶ In largo piatto
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agevolmente il prende, ¶ E si pasce a sua voglia
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fame, il collo lambe. ¶ allor parlò l’augello
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Tal desio ¶ L’ingombra , che cibo alcun non
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comando io n’ottenga; n’andrete ¶ Per mia
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al Nibbio in man si danno, ¶ Che fatto lor
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Presa fra’ duri artigli, si divora. ¶ Una di quelle
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Talchè il comun fallire si corregga, ¶ E industre ingegno
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hai per costume; ¶ E l’ardir del temerario
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lode esempio! e pur si vede ¶ Ricco l’ardir
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a vicenda. Ei che si crede, ¶ Che il pulisca
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ben che orecchio gli si appresti. ¶ * Nel viaggio, che
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legno, ¶ Onde al Padron si mostri ufficioso, ¶ Che per
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nel suo oprar fin si proponga; ¶ Ma vuol, che
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il chiama. Ei pronto si presenta, ¶ E lieto attende
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far dei, non ti si additi; ¶ Andrai di grave
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un Servo ¶ Pose, perchè si veggia, che Virtude, ¶ Non
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momento al mio dover si rubi. ¶ Dunque fia me
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un servo non ardìo, ¶ ( di sua sorte il
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al livor con novelle si sottrasse. ¶ Il varco aprimmi
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alcun tempo viva. ¶ Notte si fa, ciascun che si
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si fa, ciascun che si lusinga ¶ Di morta ritrovarla
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Il capo ¶ Del padron si minaccia, un di lor
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a sorte incontra: ¶ Fermi si salutaro. Primo il Lupo
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Onde tal liscio, onde lauto cibo, ¶ Il ventre
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Benchè nol chiegga, mi si porta il pane; ¶ Da
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a noja, a me si getta: ¶ Così senza fatica
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del volgo ¶ Perchè casa picciola s’avesse ¶ Fabbricato
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la madrigna perchè fe si diede, ¶ Ippolito morì, perchè
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perchè a Cassandra ¶ Non si diè, n’ebbe Troja
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avventuri. ¶ Ma perchè non si dica, che con vecchj
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in braccio l’infedel si dona, ¶ Di casa onde
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custode industre. ¶ Mentre lume si cerca, e de’ famigli
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consente ¶ Che per sospizion si tragga a morte. ¶ Ne
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luogo ¶ Neglètta è, disse, pregevol cosa? ¶ Se trovato
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poss’io. ¶ * A colui si dirige il mio racconto
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la prova: altro alvear si prenda; ¶ E nuovo mel
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Api il frutto lor si renda. ¶ * Di buon grado
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nulla scelta in generar si lascia, ¶ Che l’altra
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Cortese (a pietà mossa) si dimostra? ¶ Non da necessitade
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A la frode rivolta le parla. ¶ Giacchè il
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il perchè ne chiese. ¶ parlò Giove: perchè alcun
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ossequio col lor frutto si compre; ¶ Ma Minerva, ognun
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il canto, ¶ Con Giunon si lagnò, che dove ammira
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te l’occhiuta coda ¶ ( vario n’è il
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ugualmente a lor divida, ¶ però, che di quel
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sua mente! ¶ Onde pregato, l’arcano scioglie: ¶ La
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e gli orti ameni. ¶ fia che il lor
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Signor del vasto Egeo si fe’ Minosse, ¶ E un
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pur vi è alcun stolto) ¶ Che tutto ha
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accinge, ¶ In questa favoluccia si ravvisi. ¶ * Ne la bottega
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divieto. ¶ Così non più si accende il sagro fuoco
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o questa a lui si alluma. ¶ * Quanto d’util
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ciò che in fine si nota. ¶ FAVOLA XIII. ¶ * * * * * * ¶ I
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di questa favola non si traducono, perchè di essi
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e sonno, e vino ¶ l’ingombra, che i
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Nè a duol, dice, si dee, nè ad allegrezza
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pan, ch’a lor si porge, ¶ Di crusca è
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ventre. ¶ Grida ognun, che si dee punir tal’onta
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que’ poi che inviaro ¶ Si goffi Ambasciator’, soffrir fia
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prigion son tratti, ¶ Nè si rilascian tosto. Ecco il
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e il Serpe. ¶ TArdi si pente chi soccorre i
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stesso, ¶ Scaldollo in seno: si riebbe appena, ¶ Che l
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resto è mio. ¶ Ma si prosegua ciò che a
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lor sovrastasse, acre contesa. ¶ cominciò la Mosca: ed
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frenando il corso, qual si suole ¶ Da’ Poeti, licenza
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che il Poeta ¶ Faccia , che a lor venga
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e’ non frapponga indugio, ¶ turbato gliel dice, che
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porta più alcun giovin si trova. ¶ Come ciò si
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si trova. ¶ Come ciò si riseppe, ognun s’avvide
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dona. ¶ Ogni dì più si fa morte vicina, ¶ E
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È sua innocenza, rattener si possa, ¶ Allor che petulante
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Menandro, ¶ Rispondono i vicin’: si cangia tosto. ¶ Manca il
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Mosca, sperando d’ischiacciarla, ¶ Si diè grave ceffata. Essa
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dileggia: ¶ Se morte dar si vuol per lieve offesa
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il caso fe’, punir si debbe; ¶ Ma pur da
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l’Asin porse; ¶ E’ ’l rigetta: il don
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Solo in scena compare. Si procaccia ¶ La stessa novità
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capo ¶ Repente in sen si pone, e fuor tramanda
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Ch’apra il mantel si grida. Ei l’apre
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apre, e nulla ¶ Vi si scopre: d’applausi il
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E che l’altro si scacci, ognuno esclama. ¶ Apre
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mostra il porco. ¶ E additando de l’error
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dir mi rimarrebbe ancora: ¶ cotesta materia è ricca
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come suol dirsi) ci si offerse. ¶ A chi speme
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quai giochi ¶ Ciò avvenne, si sovvien) la manca coscia
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coscia, ¶ Tal ei cadde, si ruppe immantinente, ¶ Per cui
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suolo il buon Trombetta ¶ Si profonde col volto: a
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franca la fiera, e si rinselva. ¶ Irato il cacciator
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lo sgrida. Il vecchio ¶ latrando soggiugne: ti deluse
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tronchi morte alfin giorni gravi. ¶ Mentre van dunque
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lor giungere le rane, ¶ Si nascondon fra l’alghe
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Giove. ¶ NOn ha fortuna leggiadro manto, ¶ Che una
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spuntar vede, e repente ¶ Si lancia, e il piglia
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ei d’imprudenza ¶ Reo si confessa, ed il perdon
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inciampa. ¶ Tosto che preso si conosce ¶ Alza i ruggiti