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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Sandro Veronesi, Una giornata con Manlio Cancogni [introduzione a "Azorin e Mirò" di Manlio Cancogni], 1996

concordanze di «un»

nautoretestoannoconcordanza
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Da bambino avevo un regno. Facevo la villeggiatura
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il mio regno era un territorio a forma di
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con la litoranea per un altro isolato, interamente occupato
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ricchi; da lì, tramite un semaforo pedonale, e rigorosamente
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e Gerardo Coluccini. (Fiorello, un vecchio abbronzatissimo e particolarmente
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giorno lo salutava con un suo distico propiziatorio: «Come
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e straordinariamente agile, possedeva un talento internazionale in ogni
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praticabile al mare: era un’ala italiana nel gioco
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nel gioco del calcio, un fantasista cinese nei tuffi
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sprinter antillano nella corsa, un peso piuma messicano nella
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altalene strepitosamente lubrificate – neanche un cigolio – e ospitava i
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suggerisce divertita di alzare un poco la serranda. Appena
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conosciamo affatto – fa affiorare un’ubriacante affinità tra di
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tra di noi, quasi un’intimità, assai bizzarra sulle
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sull’affinità che a un mio remoto modo di
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meno di ripensare a un mio romanzetto giovanile, a
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destinati ad ammuffire in un cassetto, io cercavo di
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stereotipo assolutamente impraticabile. È un tema classico, questo del
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del grande mondo, di un piccolo mondo invisibile agli
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in volume, insieme a un altro racconto lungo, Dov
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la verità, e a un testo di natura più
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l’onore di intitolare un libro, e comunque quella
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crittaggio spagnolo e a un poco convinto rimescolamento dei
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così dire, dopo: è un extra che lo arricchisce
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anni dalla sua redazione, un’immutata attualità. Ma è
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giovani: in assenza di un’autobiografia compiuta su cui
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predire il futuro. ¶ *** ¶ «Andiamo un po’ in su», è
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chilometri dalla piena di un ruscello improvvisamente diventato cascata
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nel ’22, al fresco di un canneto che ora sopravvive
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chi c’è stato un mese all’anno quando
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queste case sciagurate». Sembra un castello di sabbia dopo
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dopo il passaggio di un’orda di bambini piccoli
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cono sulla cima di un monte, sovrastato dal cono
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macchina, mi guida in un breve giro del paese
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d’accordo di camminare un po’, per cui prendiamo
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dopo la guerra, per un certo periodo sui muri
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per lui era soltanto un modo di andare in
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il totalitarismo comunista crearono un discreto casino. «E dire
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resi mica conto: ero un irresponsabile, un vero irresponsabile
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conto: ero un irresponsabile, un vero irresponsabile. Se la
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Fu l’inizio di un periodo difficile, con due
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mantenerle, e durò finché, un pomeriggio, mentre Cancogni passeggiava
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incontro e gli propose un bel contratto per «L
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bere alla fontana di un rifugio abbandonato, ripartiamo di
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Pruno, laggiù, ormai è un carciofo di tetti che
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viva. Quando s’incrocia un rivo, si notano altri
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una macchia, arriviamo su un alpeggio spoglio, immenso e
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anche Cancogni ha accusato un minimo di fatica, e
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Per me è semplicemente un posto stupendo dove non
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invisibile di Luzi...». Per un istante penso che potremmo
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e punta minacciosamente verso un’erta che si accenna
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quinto canto». Cancogni ha un sobbalzo. «Il Purgatorio!», esclama
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echi lontani. E d’un tratto, incrociando qualche escursionista
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e ci guarda perplesso (un ottantenne fresco come un
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un ottantenne fresco come un levriero che sale citando
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sale citando endecasillabi e un quarantenne vestito da città
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dente, poi c’è un tratto in falsopiano e
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alla Foce di Mosceta: un alto vallone dal quale
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qua e là, e un rifugio in muratura, anonimo
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ci fermiamo a riposare un quarto d’ora – «in
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la porta c’è un cartello che dice l
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Lui si siede su un gradino e si mette
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che riparte spedito come un alpino. Sì che ce
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botta col piede contro un sasso e accusa il
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asfaltata. Ci raccontiamo l’un l’altro i nostri
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sono appena immaginato, in un finto reportage scritto la
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terra: non ricordo nemmeno un verso – mai, maledizione, mai
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viale Apua per ripercorrere un memorabile arabesco di strade
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l’odore indescrivibile di un certo bazar dove vendono
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la furia incontenibile di un certo Topolino, capitano della
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morto per via di un albero caduto preciso sulla
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ma proprio per questo un po’ sub-liminare. Cancogni