parolescritte
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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Alessandro Baricco, Castelli di rabbia, 1991

concordanze di «una»

nautoretestoannoconcordanza
1
1991
per così dire, intermittente. Una sequela di immagini fisse
2
1991
fino ai suoi occhi. Una percezione sincopata. Gli altri
3
1991
tempo continua a raccontarci una storia mai finita e
4
1991
se stessi camminando su una ragnatela. ¶ Adagio. ¶ Come un
5
1991
ultima frase del libro. ¶ Una lettera che uno aspetta
6
1991
giacca. Se è solo una questione di qualche centimetro
7
1991
alle volte. Per dire, una volta Yelger se ne
8
1991
non fosse possibile, in una prima fase, pensare alla
9
1991
Cristo, non c’è una sola ragione perché tu
10
1991
Andersson, no, prendiamola come una prova generale, okay, hai
11
1991
Guarda la strada, vede una piccola nube di polvere
12
1991
le fa vibrare emettono una nota. Passa le ore
13
1991
quelle carrucole. Nessuno sente una differenza tra una corda
14
1991
sente una differenza tra una corda e l’altra
15
1991
ferma? ¶ – Le locomotive hanno una memoria di ferro. Come
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1991
disse. E per prima, una sera, andò da lui
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1991
avrebbe fatto per lui una madre. Ma non pensava
18
1991
Gli accarezzò le spalle, “una volta io avevo una
19
1991
una volta io avevo una pelle così – pensò – una
20
1991
una pelle così – pensò – una pelle come se nessuno
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1991
momento che Mormy disse una delle trenta parole di
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1991
del genere. ¶ – Quella è una tromba, Sal, non un
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1991
libro, tutto scritto con una calligrafia minuta, inchiostro blu
24
1991
stringhe, il ritratto di una signora bruna, un pezzo
25
1991
Bibbia rilegato in nero, una busta con dentro tre
26
1991
un coltello infilato in una fodera di cuoio. ¶ Non
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1991
ventitré giorni. Era stata una moglie devota e irreprensibile
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1991
bocca, di notte, pronunciando una sola, esatta, parola: “Bastardo
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1991
inventare qualcosa di geniale, una trovata, qualcosa... se no
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1991
strada stava il pubblico. Una trentina di persone, ognuna
31
1991
che faceva pensare a una voce che si fosse
32
1991
sapeva. ¶ 2389. Rivoluzione. Scoppia come una bomba, la soffocano come
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1991
vecchio Andersson. Aveva addosso una stanchezza bastarda, una stanchezza
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1991
addosso una stanchezza bastarda, una stanchezza. ¶ – Sai una cosa
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1991
bastarda, una stanchezza. ¶ – Sai una cosa, Dann?, alla fine
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1991
ne starai lì, con una sfilza di errori addosso
37
1991
se non ti bastasse una vita sola per farcele
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1991
vita, come se fosse una sfida... sembra che devi
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1991
sembra che devi stravincerla... una cosa del genere. Una
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1991
una cosa del genere. Una roba strana. È un
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1991
di quella roba... è una cosa che ti mette
42
1991
quella notte stessa, mormorando una sola, esatta, parola: “Merda
43
1991
quella notte stessa, mormorando una sola, esatta, parola: “Merda
44
1991
quella notte stessa, mormorando una sola, esatta, parola: “Merda
45
1991
esatta, parola: “Merda”. ¶ mormorando una sola, esatta, parola: “Merda
46
1991
sola, esatta, parola: “Merda”. ¶ una sola, esatta, parola. ¶ una
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1991
una sola, esatta, parola. ¶ una sola. ¶ E tuttavia, ¶ se
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1991
labbra di Jun, aprire una lettera aspettata da anni
49
1991
una locomotiva, mica è una donna”, “E poi come
50
1991
vuoi che ti rubi una locomotiva?”, “Una volta a
51
1991
ti rubi una locomotiva?”, “Una volta a me hanno
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1991
legata sul ponte di una chiatta, risaliva in silenzio
53
1991
si sarebbe potuto pensare. Una bestia feroce rubata a
54
1991
pensieri ed i ricordi – una gabbia di corde per
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1991
ci sarà alla fine una lontananza che diventerà la
56
1991
legata sul ponte di una chiatta. Un gran telone
57
1991
è un’idea magnifica, una grande idea. ¶ Elisabeth arrivò
58
1991
preso ad emblema di una qualche teoria sulla dialettica
59
1991
occasione Pekisch aveva composto una marcia per banda e
60
1991
Radioso sia il domani. ¶ – Una melodia sola certo non
61
1991
alla genialità. E benché una certa nostalgia serpeggiasse, qua
62
1991
è un’idea magnifica, una grande idea. ¶ Il treno
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1991
non lontano dalla vetreria. Una più accurata disamina dei
64
1991
scrivere l’indirizzo su una busta. La lettera la
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1991
come un bambino in una culla o un proiettile
66
1991
proiettile nella canna di una rivoltella. Perché la festa
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1991
qualcosa tra sé in una lingua sconosciuta, raccoglieva le
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1991
chiamato lì a sollevare una montagna e gettarla nel
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1991
ha deciso di lanciarsi una volta per sempre e
70
1991
più, si può suicidare una locomotiva?, non funzionano più
71
1991
io, FRENATE MALEDIZIONE, non una piega sul volto del
72
1991
finire nell’idiozia di una tragedia, possibile che non
73
1991
venuto dalla capitale tirò una fune. ¶ Elisabeth sparò nell
74
1991
bruscamente verso di sé una leva alta come un
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1991
da fare: quella è una cosa che non guarda
76
1991
montagne e senza fare una sola curva, diritto come
77
1991
qualche parte arriverà, in una città magari, arriverà in
78
1991
città magari, arriverà in una città. ¶ – In che città
79
1991
In che città? ¶ – In una città, una città qualunque
80
1991
città? ¶ – In una città, una città qualunque, andrà sempre
81
1991
e alla fine troverà una città, no? ¶ – In che
82
1991
In che città? ¶ – In una città. ¶ Silenzio. ¶ Silenzio. ¶ Silenzio
83
1991
Amami, Jun. ¶ E basta. ¶ Una cosa che vista da
84
1991
uno spicchio qualunque di una vita qualunque. Un uomo
85
1991
sua sedia a dondolo, una donna che si volta
86
1991
e senza storia. In una mente qualunque se ne
87
1991
inchiodata, bloccata lì. Era una mente strana, quella di
88
1991
vedevano come vedono tutti. Una cosa dopo l’altra
89
1991
le cose, in fila, una dopo l’altra, ordinatamente
90
1991
poi ce n’era una che lo rapiva: e
91
1991
cavalieri si attorcigliava come una rovente molla schiacciata all
92
1991
la forza possibile, in una calca senza direzioni e
93
1991
poi era in fondo una cosa come le altre
94
1991
essere la partenza di una corsa di cavalli, ma
95
1991
casa. ¶ La vita faceva una mossa: e la meraviglia
96
1991
del mondo, Mormy aveva una percezione, per così dire
97
1991
treno in corsa, come una ferita lungo la campagna
98
1991
luogo qualunque, o forse una città, quale città, una
99
1991
una città, quale città, una città qualunque, o invece
100
1991
tutto quello era innanzitutto una sterminata sequenza di suoni
101
1991
avesse colpito di striscio. Una ferita. Cessò di respirare
102
1991
verso casa. Correva gridando una nota sotto il putiferio
103
1991
imperturbabilità senza scampo di una campana – e lui ricominciò
104
1991
voltarsi, come richiamato da una paura improvvisa, e risputarsi
105
1991
i piedi persi in una pozza enorme di acqua
106
1991
più”. ¶ Stava lì, come una candela accesa in un
107
1991
liquidi e notturni aspettava una rotonda nota di bronzo
108
1991
scivolò fino a Pekisch una rotonda bolla di silenzio
109
1991
e anzi è certo una delle ragioni più insignificanti
110
1991
su ogni goccia... arrivava una nota diversa, insomma... come
111
1991
come se uno suonasse una fisarmonica in fondo al
112
1991
Mi ha anche spiegato, una volta... mi ha messo
113
1991
quella notte, era appunto una di quelle note invisibili
114
1991
tasto e l’altro... una nota invisibile perfino per
115
1991
capire come possa diventare una... una malattia... addirittura una
116
1991
come possa diventare una... una malattia... addirittura una malattia
117
1991
una... una malattia... addirittura una malattia... capisce?... E comunque
118
1991
niente, sempre là, come una statua... era anche un
119
1991
se era sconveniente fare una cosa del genere... so
120
1991
misi a letto, sotto una bella coperta... così. E
121
1991
spiace per il corridoio’, una cosa così... e io
122
1991
che non sono più una donna bella e... ma
123
1991
c’è stata mai una volta che il signor
124
1991
diciamo mai niente, non una parola... e nemmeno dopo
125
1991
abbiamo mai parlato, non una parola... è una specie
126
1991
non una parola... è una specie di segreto... una
127
1991
una specie di segreto... una specie di segreto anche
128
1991
anche per noi... solo una volta, mi ricordo, adesso
129
1991
adesso lei riderà, ma... una volta mi svegliai nella
130
1991
Io l’ho detto, una volta, a Pehnt... sa
131
1991
un uomo importante, avrà una moglie, dei figli e
132
1991
se si muovesse, come una specie di lanterna magica
133
1991
via dagli occhi lasciandosi una scia di immagini imprendibili
134
1991
di immagini imprendibili e una vertigine strana – così che
135
1991
e penserebbe “dev’essere una festa danzante”, o più
136
1991
evaporano nel cielo, davvero una grande festa di parole
137
1991
il treno non è una cosa da signore”, “Vorrà
138
1991
che un treno sia una battaglia, che ci possono
139
1991
seminario”, “Dilla giusta, era una galera”, “Stupidi, è la
140
1991
il treno sarà come una specie di teatro”, “Vuole
141
1991
te per salirci?”, “È una cosa da ricchi, ascoltate
142
1991
ricchi, ascoltate me, è una cosa da ricchi il
143
1991
È un nome per una donna, Elisabeth”, “E allora
144
1991
ne so, quella è una locomotiva, mica è una
145
1991
di desiderarla, le sussurrò ¶ – Una locomotiva. ¶ 2 ¶ – Me la ripete
146
1991
anche a me sembra una cosa incredibile, eppure... ¶ Pekisch
147
1991
lui. In pratica era una sorta di organo in
148
1991
persone. Ogni persona emetteva una nota e una sola
149
1991
emetteva una nota e una sola: la sua personale
150
1991
manovrava il tutto da una rudimentale tastiera: quando premeva
151
1991
qualcuno incapace di emettere una nota una con perfetta
152
1991
di emettere una nota una con perfetta intonazione e
153
1991
venite qui a cantare una nota qualunque. Voi venite
154
1991
vostra nota. Non è una cosa da niente: è
155
1991
cosa da niente: è una cosa bellissima. Avere una
156
1991
una cosa bellissima. Avere una nota, dico: una nota
157
1991
Avere una nota, dico: una nota tutta per sé
158
1991
di stucco. Uno ha una nota, che è sua
159
1991
non riusciate ad arrivare una volta puntuali, che non
160
1991
componenti dell’umanofono sfoggiassero una sicurezza di intonazione davvero
161
1991
come un ricordo, come una malattia. Così. Alla lunga
162
1991
Ce l’avrò, io, una nota? ¶ – Sicuro che ce
163
1991
Tu ce l’hai una nota, vero? ¶ Silenzio. ¶ – Che
164
1991
non ce l’aveva una sua nota, Pekisch. Incominciava
165
1991
un sasso immobile – ma una sua nota, lui, non
166
1991
l’aveva. Non era una storia semplice. Aveva troppe
167
1991
il mare può ingoiarsi una lacrima. Hai un bel
168
1991
ripescarla... puoi starci anche una vita. La vita di
169
1991
La vita di Pekisch. Una cosa che non è
170
1991
brevemente: ¶ – La necessità di una ferrovia in questa chiamiamola
171
1991
Sul tavolo era distesa una grande carta della regione
172
1991
no. ¶ – Mi perdoni, ma una città ci dev’essere
173
1991
merci e persone da una città all’altra, questo
174
1991
un treno non ha una città in cui arrivare
175
1991
e poi parlò, con una voce piena di comprensiva
176
1991
superficie della terra con una velocità che nessun’altra
177
1991
vede così tanto, in una volta sola, come non
178
1991
il mio treno abbia una città dove arrivare, perché
179
1991
allora tanto varrebbe fare una ferrovia circolare, un grande
180
1991
un grande anello di una decina di chilometri, e
181
1991
Andersson fumava senza fare una piega. Il signor Rail
182
1991
signor Rail continuò con una calma olimpica. ¶ – Questo è
183
1991
sarebbe mio desiderio costruire una ferrovia di duecento chilometri
184
1991
qualcosa di più che una nullità. ¶ – Lei ha perfettamente
185
1991
l’eventualità di scegliere una città come punto d
186
1991
caso, quel posto sarà una città, una città qualunque
187
1991
posto sarà una città, una città qualunque. Vede, un
188
1991
Vorrebbe riassumere? ¶ – Semplice: indicateci una qualunque città su questa
189
1991
Andersson, quella non è una città qualunque. ¶ – Appunto. Proprio
190
1991
Proprio perché non è una città qualunque... ¶ – Io non
191
1991
no, no, non è una buona idea, Andersson... ¶ – Sentimi
192
1991
Gli saliva da dentro una tristezza antica e sapeva
193
1991
la Grand Junction era una linea ferroviaria, una delle
194
1991
era una linea ferroviaria, una delle prime linee ferroviarie
195
1991
nei tempi altrui, come una goccia d’olio su
196
1991
vetro bagnato, e aveva una sua ora che doveva
197
1991
viaggio, e tornare intatta, una gemma intatta, affinché ogni
198
1991
avanti e indietro, in una scatola di velluto, passando
199
1991
arrivava un gioiello, in una scatola di velluto. La
200
1991
tutt’e due, ancora una volta, lo stesso istante
201
1991
Londra e Dublino legate una all’altra affinché non
202
1991
svanissero alla deriva di una babele di tempi ed
203
1991
qui a là era una cosa talmente lenta, e
204
1991
non era poi che una macchina... questo però è
205
1991
c’era: velocità. Non una macchina che fa ciò
206
1991
mille uomini potrebbero fare. Una macchina che fa ciò
207
1991
La macchina dell’impossibile. Una delle prime e più
208
1991
vero ne iscrissero anche una quarta: si chiamava Le
209
1991
dev’essere magnifico vedere una locomotiva esplodere, la caldaia
210
1991
che si disfa come una vescica rovente, la piccola
211
1991
dev’essere magnifico vedere una locomotiva correre, e poi
212
1991
parte dovevano avere almeno una volta incrociato, foss’anche
213
1991
del fiume, o chissà, una bomba sputata nel cielo
214
1991
fatica, come di emozione – una specie di tic perpetuo
215
1991
istante, strappato via da una forza invisibile. “Prima che
216
1991
non palpitava più: era una Bella Addormentata nel bosco
217
1991
in pochi istanti tutta una vita, sfilando via veloce
218
1991
immaginarselo, la paura da una parte e quel bombardamento
219
1991
dall’altra, o meglio una, la paura, dentro l
220
1991
sempre nel fango di una vita qualunque da scontare
221
1991
a un gesto meticoloso, una prassi peraltro consigliata dagli
222
1991
e da insigni studiosi, una minuscola strategia di difesa
223
1991
lettura. Si reggevano con una mano, descrivevano un intimo
224
1991
minuziosamente dal compasso di una fiammella. La velocità del
225
1991
le parole che a una ad una stringono il
226
1991
che a una ad una stringono il fragore del
227
1991
questa è la verità. Una sporcheria. Però: dolcissima. Questo
228
1991
tacere chicchessia: lèggere è una sporcheria dolcissima. Chi può
229
1991
o nell’altro, ancora una volta, si sceglie il
230
1991
tentazione di farla finita una buona volta e di
231
1991
sull’ultimo c’era una banda che suonò per
232
1991
del mondo a suonare una musica che si muoveva
233
1991
si decise di fare una pausa, di fermarsi in
234
1991
pausa, di fermarsi in una stazioncina intermedia, perché la
235
1991
insomma, e si scelse una stazioncina intermedia e solitaria
236
1991
questa si rivelò essere una circostanza non priva di
237
1991
Lo lasciò lì, con una gamba maciullata e uno
238
1991
giorno. E non fu una cosa da nulla ma
239
1991
cosa da nulla ma una cosa immensa – immensa – tanto
240
1991
pensarla tutta insieme, in una volta, con tutto quello
241
1991
si rivelarono schiaccianti. Solo una spiacevole circostanza impedì alla
242
1991
stava in piedi su una seggiola. Pekisch era di
243
1991
tavolo. Aveva ordinatamente disposto, una accanto agli altri, la
244
1991
viene in mente neppure una. ¶ La cosa si complicava
245
1991
per risolverlo c’è una strada molto semplice: restare
246
1991
cui si vergogna: ha una voglia pazzesca di qualcosa
247
1991
ingresso. Tirò fuori da una tasca della giacca un
248
1991
logoro, spiegazzato, ma con una sua dignità. Lo aprì
249
1991
Quella del quadernetto era una storia iniziata – come si
250
1991
suo ottavo compleanno. Con una certa tempestività, il ragazzino
251
1991
guardava il mondo, vedeva una sterminata quantità di oggetti
252
1991
uno – ci avrebbe messo una vita. Non gli sfuggiva
253
1991
mondo” pensava. E cercava una soluzione. ¶ L’idea gli
254
1991
memoria. Intuì che scrivere una cosa significa possederla – illusione
255
1991
illusione verso cui inclina una non insignificante parte di
256
1991
cose principali. Potresti scegliere una cosa al giorno, ecco
257
1991
giorno, ecco. Bisogna darsi una regola quando si intraprendono
258
1991
come questa. Ogni giorno una cosa. Dovrebbe funzionare... Diciamo
259
1991
cose imparate. Sarebbe già una buona base. Una di
260
1991
già una buona base. Una di quelle cose che
261
1991
più tranquillo. Non sarà una fatica sprecata, ragazzo. ¶ A
262
1991
Optò per la soluzione “Una cosa al giorno”. In
263
1991
la prima annotazione rivela una mente significativamente predisposta al
264
1991
sintetiche, quasi telegrafiche – testimoniavano una mente precocemente consapevole della
265
1991
un padre. E nemmeno una madre. Cioè, la storia
266
1991
due giorni, infagottato in una giacca da uomo nera
267
1991
stata la vedova Abegg, una donna sulla cinquantina, stimata
268
1991
storia era più complessa. ¶ Una ventina d’anni prima
269
1991
tre anni, aveva intrattenuto una fitta e sempre più
270
1991
arrivò dal sottotenente conteneva una prudente ma precisa domanda
271
1991
dodici giorni dopo che una palla di cannone del
272
1991
la signora Abegg era una donna di notevole fantasia
273
1991
nella nebbia della vita, una giacca poteva effettivamente rappresentare
274
1991
Abegg mise a punto una sapiente dieta che coniugava
275
1991
disponibilità economica (frutto di una pensione dell’esercito che
276
1991
Abegg. ¶ – Neanche cagare è una delizia. Ma ha i
277
1991
sulle seggiole, e annotando una verità al giorno su
278
1991
giacca addosso come viaggia una lettera nella busta che
279
1991
cui non sarebbe passata una voce nemmeno a sparargliela
280
1991
si addormentava e sognava una giacca eternamente troppo grande
281
1991
più complicato che in una notte qualunque. C’era
282
1991
C’era di mezzo una voglia un po’ impaziente
283
1991
ricominciare a scrivere da una pagina bianca. Qualsiasi viaggio
284
1991
un pugno, nascosto con una mossa nervosa di paura
285
1991
del signor Rail e una mano che vagava sulle
286
1991
il tempo che è una lama acuminatissima e seziona
287
1991
delle ore, ogni minuto una ferita, una ferita per
288
1991
ogni minuto una ferita, una ferita per salvarsi – si
289
1991
come tutte le altre, una simile, logica spiegazione era
290
1991
quelle scatole, ordinatamente messe una sull’altra, al loro
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storia dei gioielli, ma una spiegazione definitiva, comunque, non
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cinque giorni fa, in una scatola verde”, e allora
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e tre figlie. A una mise nome Colomba, alla
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era mai quello. Ma una cosa era chiara: non
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e mise nella voce una venatura di stanchezza. ¶ – “Poi
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aveva il diametro di una tazza da caffellatte. Pekisch
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il libriccino che con una mano teneva in bilico
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circonferenza del tubo e una gamba semiaddormentata. Si alzò
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metri virgola 8 non è una distanza che uno se
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decida di buttare via una gamba, ma quella, ostinata
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Anche se addosso ha una giacca da uomo, Pehnt
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sono occhi chiusi. Con una mano si tiene tappata
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un tubo grande come una tazza. Non c’è
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cos’hai sentito. ¶ Ha una giacca da uomo addosso
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la assorbe... è sicuramente una cosa del genere... che
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l’alto, diciamo con una pendenza del 10 per cento
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dentro... ci canta dentro una frase più o meno
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straordinario... potersi sentire... sarebbe una rivoluzione per tutte le
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circostanze fortuite a decine, una vera collezione di casi
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ridere. Perché è come una colossale e universale gag
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gag, perfetta e irresistibile. Una cosa da non crederci
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acqua non regolamentare. Tutt’una generale e spettacolare eccezione
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spettacolare eccezione alle regole, una grandiosa presa per il
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poi finiscono per dare una giustificazione a questa altrimenti
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quel buco... abbiamo ancora una buona mezz’ora di
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lo trovassero, che almeno una volta, almeno ogni tanto
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mai questo buco... ¶ – Solo una cosa, Pekisch... ¶ – Cosa? ¶ – Che
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dopo l’altro. ¶ – È una storia bellissima, vero, Pekisch
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vero, Pekisch? ¶ – Sì, è una storia bellissima. ¶ Erano le
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sfinite. ¶ Jobbard scrive. Ha una trentina d’anni e
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prussiano Ernst Holtz su una busta che ha appena
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sotto l’altro. Tira una riga sul nome dell
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scritta sul retro di una carta topografica della suddetta
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anonimato, allo studio di una macchina capace di produrre
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ombra di dubbio che una voce molto bassa può
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può ragionevolmente concludere che una voce più forte riuscirebbe
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lontano, e cioè raggiungere una distanza di quasi cento
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con assoluta certezza, che una voce costretta in un
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consente, ricevere a Marsiglia una lettera d’amore partita
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il luminoso cammino di una nuova umanità. ¶ Non lo
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e la infilò in una busta su cui scrisse
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della porta. Stavano perfettamente una sull’altra, tutte rigate
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altra, tutte rigate da una calligrafia perfetta, tutte, curiosamente
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del prof. Dallet in una soffitta di rue Guenégaud
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arma da taglio e una ferita più profonda, al
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evidenti i segni di una violenta colluttazione. La morte
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e forse ci sarà una festa... ¶ – Una festa? ¶ – Qualcosa
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ci sarà una festa... ¶ – Una festa? ¶ – Qualcosa del genere
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almeno diceva lui, era una prigione dicevano gli altri
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e sotto c’era una carta bianca. ¶ Magg fece
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carta bianca, che avviluppava una carta rosa, che impacchettava
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carta rosa, che impacchettava una scatola viola dove Jun
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dove Jun Rail trovò una piccola scatola di panno
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finché qualcuno gridò da una finestra Sta per tornare
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fiume dove si sentì una voce urlare Sta per
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successo, sparandogli nelle orecchie una fucilata che diceva Sta
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tornare il signor Rail, una specie di esplosione insomma
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Non c’era mai una vera, plausibile ragione perché
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perché lo facesse, né una stagione o un giorno
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o un giorno o una circostanza particolari. Lui, semplicemente
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insetto confuso, impegnato in una specie di domestico rito
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finalmente, non finisse con una cerimonia prevista e doverosa
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cerimonia prevista e doverosa, una cerimonia minuscola, quasi impercettibile
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spostava di un millimetro una delle sue più radicate
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Lui, letteralmente, spariva. Non una lettera, niente. Jun sapeva
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Dove fosse là rimaneva una cosa vaga, ma almeno
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vetrate di Saint Just, una boccia del diametro di
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se noi dovessimo fare una lastra di vetro, ma
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Be’, forse un metro, una lastra di un metro
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fine riusciremmo a farne una davvero grande, forse due
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schienale della sedia. ¶ – Sai una cosa, Andersson? Ho trovato
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che ci facciamo con una lastra di vetro tre
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facciamo, gli chiese, con una lastra di vetro tre
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effettivamente esserci per fare una lastra di vetro tre
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sistema che acquistò poi una certa notorietà con il
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Rail’’ per esibirsi in una delle sue più significative
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fra i mille di una vita. Nella notte del
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solitari, buoni per darsi una ragione, una qualsiasi. ¶ Per
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per darsi una ragione, una qualsiasi. ¶ Per cui, anche
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sapevano: e cioè tutta una miriade di piccoli fatti
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visibili concomitanze che gettavano una luce indubbiamente differente su
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viaggi del signor Rail. Una miriade di piccoli fatti
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le disse semplicemente – posando una mano sulla spalla del
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di gennaio. E intorno una manciata di servi. Tutti
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bruciata dal sole, ma una volta per tutte da
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fu ¶ “Quella puttana era una negra”. ¶ La vedeva, quella
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notte con meravigliosa ferocia. “Una pisciata alla grande” come
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almeno diceva lui, era una prigione dicevano gli altri
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su grandi foglie in una coppiera d’argento. Tutte
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l’istantanea percezione di una felicità assoluta e incondizionata
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del mondo a scopare una donna bellissima e negra
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era un gioiello. ¶ Non una riga, nemmeno la firma
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mille ragioni per spiegare una cosa del genere, a
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gli altri né Jun una donna come tutte le
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sentire un grido, toccare una ragnatela, accorgersi che qualcuno
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che arrivasse quell’uomo. Una in fila all’altra
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ma anche un po’ una dentro l’altra. Stipate
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i mille suoni di una banda sola, piccoli miracoli
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sacco di roba. Come una lunga attesa. Sembrava che
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Elegante, i capelli disordinati, una grande cartella di cuoio
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prima di dire, con una voce che sembra lontana
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anni di meno – sfogliando una gazzetta parigina non poté
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prima tempesta, resterebbe solo una fugace apparizione dello splendore
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apparizione dello splendore, destinata, una volta trascorsa, a spegnersi
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si taceva il nome. Una minuta cattedrale sintattica costruita
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che ne fossero, per una qualsiasi ragione, interessati. ¶ Era
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Ma Hector Horeau era una di quelle. Faceva l
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della Ditta Rail confermava una volta di più l
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anonimo. La quarta di una commessa di nome Monique
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incagliò. Non era poi una faccia bellissima, come lo
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nei posti più assurdi. Una vita si può ben
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può ben incagliare in una faccia qualunque. ¶ La commessa
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Horeau firmò tre costruzioni: una villa in Scozia (in
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in Scozia (in muratura), una stazione di posta a
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Parigi (in muratura) e una fattoria modello in Bretagna
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e i progetti, in una progressiva spirale di abnegazione
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finì all’ospedale con una ferita profonda al capo
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la sua vita, come una forbice in cui la
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sotto il raggio di una silenziosa malattia. ¶ La forbice
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all’impassibile muso di una locomotiva nera. Fermi, tutt
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l’anima lisa come una ragnatela abbandonata. Uno sguardo
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consumarono il tempo di una silenziosa, provvisoria ma percepibile
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oblio. Ogni pietra era una parola. Sfogliava lentamente le
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era tornata ad essere una trappola per quelle strane
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palazzo atto a ospitare una prossima, memorabile Grande Esposizione
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prese distrattamente dal tavolo una carta assorbente usata e
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cose: lo schizzo di una facciata e un nome
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sentì quel che sente una ragnatela quando incontra la
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la stupita traiettoria di una mosca attesa per ore
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gli rosicchiava la mente, una sotterranea e febbrile emozione
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appena. Solo, giaceva in una bolla di acre silenzio
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attimo di aver presentato una banalità. Poi prevalse la
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Società delle Arti per una nottata intera. Quel che
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del suo progetto su una nota rivista della capitale
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c’era bisogno di una trovata supplementare: qualcosa che
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fascino del Crystal Palace una base di credibilità e
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base di credibilità e una tranquillizzante parvenza di realismo
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parvenza di realismo. Cercava una soluzione e quella lo
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che la realtà ha una sua coerenza, illogica ma
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dopo, un uomo con una grande cartella marrone e
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curiosi capelli disordinati. Cercava una stanza, ovviamente, e, ovviamente
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mal di testa in una tazza di caffè. ¶ – Provava
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più basso dell’umanofono. ¶ – Una banda? ¶ – Già. ¶ – Sembrava ce
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sette, di bande. ¶ – No, una sola. ¶ – E suona sempre
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non sono più come una volta, adesso che non
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non è più come una volta. ¶ Alla casa del
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Rail, che era su una collina, proprio sopra le
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Arold. ¶ – Senta, posso chiederle una cosa? ¶ – Dica. ¶ – Ma quella
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l’ovvia bellezza di una campagna docile e regolamentare
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docile e regolamentare. Solo una cosa, per un attimo
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attimo, lo sconcertò, solo una: “Strano posto per fare
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un uomo. Avrà avuto una quarantina d’anni. Alto
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con due occhi strani. Una lunga cicatrice gli correva
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a lui era seduta una donna che si chiamava
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che si vestiva come una ragazzina. Pensò anche che
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ragazzina. Pensò anche che una ragazzina così bella non
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chiamava Mormy. Non disse una parola. Mangiava con gesti
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pensò Horeau tagliando meticolosamente una sottile fetta di carne
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dei problemi a costruire una simile immensa... chiamiamola cattedrale
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anche cinque per ottenerne una buona. Così invece possiamo
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possiamo arrivare a salvarne una su due... più o
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1991
è più nessuno. Ma una volta era un mio
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enormi... ma questa era una storia tra me e
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del Crystal Palace. Sembrava una serra immane con dentro
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chinò sul disegno. ¶ – Sa una cosa... ogni tanto penso
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dove andare. Poi però una cosa la disse. ¶ – È
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all’altro, con dietro una storia, ciascuno la sua
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Era l’eco di una battaglia segreta. Nascosta. Anche
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galleggiava nell’aria come una bolla di sapone. ¶ – Mi
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proprio di fronte. Era una bella stanza. Jun mise
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me poteva farsi venire una mania del genere. Sotto
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astuzia... se lei vuole una cosa e però ne
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al riparo dalla paura... una tana meravigliosa e trasparente
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disse, più semplicemente ¶ – Sa una cosa, signor Horeau? Io
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il controllo di sé. Una volta di più constatò
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1991
Tornava a Parigi con una carta decisiva da giocare
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1991
Senta, Horeau, posso chiederle una cosa? ¶ – Certo. ¶ – Quante probabilità
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1991
Posso chiedergliela anch’io una cosa? ¶ – Certo che può
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1991
un monumento. ¶ – No? ¶ – È una locomotiva vera, quella. ¶ – Una
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1991
una locomotiva vera, quella. ¶ – Una locomotiva vera? E che
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di me, s’intende... una vita impossibile e... dovrei
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1991
ci credeva, non era una questione di caso, è
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è il destino, è una cosa diversa... e anche
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tu puoi dire che una giacca è una cosa
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che una giacca è una cosa da niente ed
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stando ad aspettare che una giacca diventi della tua
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della tua misura... ma una cosa vale l’altra
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1991
cosa vale l’altra, una giacca o una gamba
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altra, una giacca o una gamba maciullata, o un
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fa fuoco anche con una pagliuzza, se non c
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non riesce a dire una parola perché negli occhi
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che arriva con addosso una giacca nera. Perfetta. Chissà
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l’attimo in cui una giacca diventa perfetta, chissà
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più e casca, o una pietra immobile da anni
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non riuscì a dire una parola e solo sentì
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il primo gesto di una nuova vita. L’ultima
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destino... via da Quinnipak... una volta per tutte... non
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fare del male a una mosca... lui viveva per
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per quella c’aveva una vera mania, c’aveva
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voleva fargli sentire ancora una volta la banda, capisci
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lì... e allora inventò una cosa bellissima... io lo
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io quel giorno... inventò una cosa bellissima... sai, lui
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chiavistello, tiene le mani una dentro l’altra posate
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guardarli. Non viene fuori una nota, le ha tutte
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in realtà non era una musica, perché ad essere
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organizzò tutto per bene... una banda partiva dall’estremo
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sinistro del paese suonando una certa musica e l
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alla fine del paese... una arrivava dove era partita
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l’altra e viceversa... una cosa complicata... uno spettacolo
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per il signor Rail, una sola riga, Tutto è