Giuseppina Torregrossa, Cortile nostalgia, 2017

lo apostrofò, paonazza in viso. ¶ «Pure io» rispose lui

complicati drappeggi attorno al viso serio dall’espressione impenetrabile

la pelle candida, il viso soave atteggiato in un

allungate nelle pieghe del viso congestionato, e lo fissava

capelli radi e il viso piatto, l’altra grassottella

a sé affondando il viso tra quelle minne morbide

quasi i lineamenti del viso, ma portava impresso sulla

abbassò il suo, il viso soffuso di un leggero

avvicinò alla fiamma il viso congestionato. ¶ «Che sera, eh

modellate, la pelle del viso splendeva di una sfumatura

di miracolo. Sul suo viso tirato le labbra erano

nome, lo combattevamo a viso aperto anche dalla clandestinità

davanti agli occhi un viso sfuocato, forse di una

era così bella. Il viso, illuminato di giovinezza, mostrava

le era passata sul viso. Si era pentita della

stupita gli permeava il viso immobile. ¶ Lei si avvicinò

corpo allampanato, raggiunse il viso e gli stampò due

antica le rabbuiò il viso. Avrebbe voluto mettersi a

chiacchierona lei, con un viso piatto e largo come

lo stesso.” ¶ Quando il viso gonfio del presidente occupò

riuscì a togliersi dal viso l’espressione delusa. ¶ «Inoltre

pochi centimetri dal suo viso: «Ah, è questo che

s’era tolta dal viso la solita espressione risolente

che era mezzogiorno. Il viso tirato, le guance pallide

smorfia, quindi nascose il viso tra i capelli arruffati

vuoti, il contorno del viso drappeggiato in tante piccole

capelli, le lavava il viso con l’acqua di

il padre, il suo viso dai lineamenti spigolosi, le

copriva la fronte; il viso, benché soffuso di una

con un Cristo dal viso smunto, le ossa sporgenti

ricci annodati attorno al viso, poi suonò il campanello

a scaricarsi. Il suo viso diventava rosso, le guance

Infine, muto, con il viso terreo e gli occhi

un dolcetto, offriva il viso a poche carezze ruvide