Bibliografia dei giornali lombardi satirici e umoristici
Duraturo giornale che da principio offrì esclusivamente un ampio florilegio di vignette e storielle tratte dalle pubblicazioni umoristiche europee, pur senza indicare mai, tuttavia, la fonte precisa. Contrariamente ad altri fogli di questo periodo, che cedevano volentieri ai temi piccanti, il «Gallo» fu sempre castigatissimo, e conservò meritatamente fino all'ultimo il sottotitolo di "Giornale per le famiglie". Era facile trovarvi, invece, numerose vignette raffiguranti paradossi (come quella degli innamorati obesi che non riescono ad abbracciarsi) metamorfosi, false apparenze e fatali equivoci, tutte disegnate con un tratto assai meticoloso.
Col 1912 il giornale si aprì parzialmente ai temi dell'attualità (impresa libica, futurismo), in corrispondenza col mutamento proprietario, che determinò l'assunzione di un direttore palese (Pippo Cicala), la comparsa del colore in copertina, e l'avvio di un nuovo sistema redazionale, basato ampiamente su una rete di collaboratori esterni che venivano compensati, a quanto è dato capire, solo con la pubblicazione dei lavori e tutt'al più con premi periodici.
La guerra determinò una conversione radicale del «Gallo», al punto che nel settembre 1915 esso si estinse volontariamente per far luogo al successivo foglio «Alla Baionetta!» (n. 4), destinato a sostenere in maniera più efficace il morale del paese. Nei primi momenti, tuttavia, l'evento bellico non era stato accolto con grande entusiasmo, come testimonia questa tenzone fra un certo Volfango Cuniolo che scrive:
S'ha da venir la guerra... venga pure,
ma in questo caso è meglio andarle incontro;
è brutto sopportare scontro e scontro
per poi rifarsi sulle... coperture.
E un certo Pieropad che risponde:
S'ha da venir la guerra, ad ammazzare
manderem quei che fan versi sbagliati,
manderem chi la volle far scoppiare,
filosofi, armatori, guardie e frati.
Al che la replica:
«S'ha da venir la guerra» scrissi, è vero,
ma non scrissi che venga!
O Pieropad, leggesti per intero?!?... [...]
«Noi non l'andremo certo a riverire,
scrissi, la guerra... se non vuoi venire!»
La mobilitazione delle coscienze, però, prevalse alla fine su ogni perplessità, e il «Gallo» non esitò ad inclinare apertamente verso la propaganda, pur senza smarrire il senso della misura. Questa lettera spedita dall'altro versante del fronte, per esempio, rivela addirittura una certa dose di autoironia:
Folete proprie sparir da Karta ti Europen, e dal monto? Zi fole pella tolla per tarsi tute queste arien ti crant nazionen, prute pezenti, che fino a ieri fazeva il lustrascarpen in Merika, o fenteva statuette di cesso di Lucche, e afer prigante in kasa!