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Un libro che volevo pubblicare

Didattica della scienza e scrittura scientifica

Nel 2003, dopo la conclusione del mio impegno nel progetto civita, mi sono dedicato in maniera esclusiva all'insegnamento di laboratorio di fisica in un istituto di istruzione secondaria. Ho anche cominciato a scrivere un libro sul nesso fra didattica della fisica e scrittura scientifica, ma non sono arrivato a pubblicarlo.

Ci sono quasi riuscito, giungendo al punto di firmare il contratto con un importante editore, ma poi non se n'è fatto nulla.

Hanno rinunciato, ecco tutto. È ben noto a chiunque il diritto d'autore che conferisce, a termine di legge, speciali vantaggi a chi scrive un libro, ma pochi conoscono il diritto dell'editore di rescindere un contratto di edizione senza particolari formalità. Recita infatti l'articolo 128 della Legge 22 aprile 1941 n. 633:

Se l'acquirente del diritto di pubblicazione o riproduzione non fa pubblicare o riprodurre l'opera nel termine concordato o in quello stabilito dal giudice, l'autore ha diritto di domandare la risoluzione del contratto.

[...]

Nel caso di risoluzione totale l'acquirente deve restituire l'originale dell'opera ed è obbligato al risarcimento dei danni a meno che provi che la pubblicazione o riproduzione è mancata malgrado la dovuta diligenza.

che, in parole povere, vuol dire: non è per cattiveria che non pubblichiamo il tuo libro, anzi, te lo restituiamo subito, così sei libero farne quello che ti pare; se poi la nostra decisione non ti garba puoi sempre farci causa e dimostrare che se ne sarebbero potute vendere almeno centomila copie.

Questa, infatti, è l'unica circostanza che giustificherebbe economicamente un'azione legale contro l'editore.

Solo i professori di lettere possono scrivere libri sulla scuola

Intendiamoci, qualche scusa l'editore ce l'aveva. L'autore del libro era un docente di laboratorio di fisica ‒ che poi non è neppure una materia vera e propria ‒ e per di più scriveva di cose scientifiche e tecniche, indigeste anche per lo scarno pubblico interessato alle questioni scolastiche, che è più incline a lasciarsi lusingare soprattutto dai docenti di materie letterarie.

In quegli anni, infatti, uscivano diversi libri dedicati a spiegare cosa e come si dovrebbe fare a scuola per migliorare i risultati dell'apprendimento: tutti scritti da professori di lettere. Paola Mastrocola, per esempio, nel 2004 ne scrisse uno intitolato La scuola raccontata al mio cane. Eccone un passo tratto dalla pagina 77.

E infine, chi l'ha detto che, anche se faranno un lavoro tecnico, i nostri ragazzi non debbano sapere la Divina Commedia, proprio nei suoi contenuti (magari anche qualche canto a memoria)? Non sarebbe bello che dopo otto ore in un ufficio molto tecnologico, i nostri ragazzi diventati adulti si recitassero in auto qualche bel verso dantesco?

Sorvolo sulla recita dantesca nel mezzo del cammino verso casa, e immagino convinte manifestazioni di assenso da parte di tanti genitori, docenti (di materie letterarie), psicologi, sociologi di buone letture classiche sulla necessità di sapere la Divina Commedia, magari a memoria. D'accordo. Ma perché non sapere anche la differenza fra peso e massa, tanto per dirne una, un argomento scientifico fondamentale, sul quale cadrebbero praticamente tutti i laureati in lettere, antiche e moderne?

Ma non solo sapere, soprattutto sapere spiegare, che è l'essenza stessa del sapere.

Su quest'ultima osservazione avevo costruito tutto il libro che pubblico, finalmente, in queste pagine, dopo aver introdotto piccoli ritocchi e minimi aggiornamenti. Il lavoro resta quello condotto a termine nell'ottobre del 2006, dopo dieci anni di riflessione, di cui sette di attività didattica che lo ha alimentato.