parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

itinerario verbale


pensieri verbali


Ayà-Ayé-Ayào!

Una giustificazione (non richiesta)

Non ho una particolare simpatia per la fantascienza e in generale per tutta la narrativa di genere che qualcuno, addirittura, chiama con una certa supponenza paraletteratura. Della fantascienza, in particolare, mi rattrista il senso di caducità insito in molti dei suoi racconti che prefigurano scenari futuri. Se la profezia non si avvererà (sempre che l'autore non scelga prudentemente di abbandonansi a deliranti visioni ultraterrene, poco verificabili) si sarà caduti nel grottesco; se la profezia si dovesse invece avverare si scivolerebbe nel patetico, perché non c'è niente di più malinconico che contemplare dall'osservatorio della quotidianità prefigurazioni future giudicate visionarie al tempo del loro concepimento.

In questo racconto, che ho scritto non più tardi del 1995 (ma sospetto diversi anni prima), sono caduto proprio in questo imbarazzante tranello. Solo quattro anni dopo la stesura del racconto, infatti, ha preso il via lo sviluppo di quello che sarebbe poi diventato iTunes, eppure la prefigurazione di un sistema di distribuzione telematica della musica vi è chiaramente accennata. Semmai, va riconosciuto che la profezia si è avverata molto prima di quanto avevo immaginato, considerando in fatto che molte delle cose descritte nel racconto ‒ ambientato in un anno imprecisato fra il 2015 e il 2025 ‒ non sono state ancora realizzate (e forse mai lo saranno).

Perché, allora, ho rispolverato questo racconto inedito, nel quale ho civettato con un tipo di letteratura che non mi è congeniale, e ho deciso di pubblicarlo sul sito? Perché mi sono accorto che parla di parole scritte più di quanto immaginassi al tempo, e forse è stata proprio questa la vera profezia fantascientifica contenuta nel racconto.

1.

‒ E avrà anche il sintetizzatore neurale, papà?

‒ Avrà anche il sintetizzatore neurale.

Pandora allargò lentamente le braccia come per stirarsi, piegò indietro la testa e gridò sottovoce:

‒ Ayà, Ayé, Ayào! ‒ poi aggiunse eccitata ‒ Devo dirlo subito a Euplea!

Dalla cucina la voce materna cercò subito di moderare l'entusiasmo:

‒ A Euplea lo dirai dopo cena, adesso vieni a mangiare.

Ma Pandora si era già appostata al mediator e stava chiamando l'amica. Rispose la madre di Euplea:

‒ Euplea dovrebbe tornare a casa da un momento all'altro. Ti faccio richiamare?

‒ No, grazie ‒ rispose Pandora ‒ le lascerò un mediaclip.

Avviò una registrazione.

‒ Euplea, ti sbitto un'info che ancora quasi non ci credo neanche io: per il compleanno mio padre mi regala un casco srv... ‒ fece una pausa ‒ ...e avrà anche il sintetizzatore neurale! ‒ Altra pausa ‒ Ayà, Ayé, Ayào! Sei la prima a saperlo. Ci vediamo domani mattina. Ciao ciao ciao.

Sua madre fece sentire di nuovo la propria voce, ma Pandora ormai doveva completare il mediaclip. Sfogliò con impazienza un catalogo disordinato di spezzoni video: la luna, Venezia, il Taj Mahal, il Colosso di Rodi, Atlantide, l'Etna, l'Antartide, la fossa delle Marianne, il Parco naturale dell'Amazzonia, le piramidi, la Sfinge, l'Everest, la foresta pluviale... Esitò qualche istante, poi tornò indietro sicura, puntando sulle piramidi. Scelse l'audio da una sterminata collezione di musica araba che teneva bene in vista. Navigò con determinazione e sicurezza fra le audiocartelle che si aprivano docilmente al tocco del suo puntatore, rivelando gli involucri di una quantità apparentemente illimitata di granuli sonori. Quello era stato il regalo di compleanno dell'anno prima ‒ i suoi tredici anni ‒ quando le avevano concesso di abbonarsi a un servizio di musica a richiesta: 2.330.000 granuli sonori, da due secondi a sedici ore, una smisurata collezione di musica che avrebbe richiesto almeno dieci vite per essere ascoltata per intero. Impossibile. Però era piacevole l'idea di perdersi in quel mare di suoni, perlopiù musica araba, che oramai aveva completamente soppiantato il rock nel gusto degli adolescenti di tutto il mondo. Ogni tanto Pandora sfiorava col puntatore qualcuno dei granuli il quale, immediatamente, accennava l'attacco. Giunse con rapidità in fondo alla propria ricerca e scelse Cervello a vapore dei Synapsis.

Dalla cucina pervenne una ripetizione dell'ultimo messaggio materno.

‒ Vengo mamma... ‒ rispose Pandora col tono della cantilena.

Non si decideva ad attivare il compositore del mediator, l'agente che avrebbe amalgamato assieme le parole appena pronunciate davanti alla camera del mediator, la ripresa delle piramidi e il granulo sonoro in un fluido mediaclip da depositare nella casella telematica riservata di Euplea. Il padre di Pandora si affacciò alla porta della camera; istintivamente Pandora si sporse verso il video del mediator per chiudere alla vista estranea il prodotto che stava confezionando.

‒ Vieni a tavola, per piacere ‒ disse.

‒ Vengo subito, papà ‒ rispose Pandora, però non si muoveva.

In un altro catalogo di immagini scelse Bomba di Hiroshima, una bomba che era scoppiata in quello che era stato l'antico Giappone, ovvero il nucleo storico della Confederazione del sole che sorge. Di quella bomba avevano parlato a lungo gli innumerevoli notiziari che attraversavano senza sosta la rete globale. Era stato per via dell'anniversario: settant'anni, ottanta forse, non si ricordava bene; insomma, tanti anni prima era scoppiata nella Confederazione quella bomba ad alta tecnologia che aveva fatto un mucchio di morti. Erano stati gli americani, perché c'era la guerra. Una cosa incredibile. Come si fa a immaginarsi gli americani che costruiscono una bomba ad alta tecnologia, se non sono più capaci neppure di sintetizzare una proteina appena un po' complessa? Quasi da non credere. Però l'immagine della bomba era niente male, sembrava la ripresa accelerata di un enorme fungo che nasce; Pandora l'avrebbe fatto nascere in cima alla piramide di Cheope.

‒ Pandora... ‒ Dalla cucina la voce di sua madre adesso arrivava con una preoccupante venatura di irritazione.

Bisognava sbrigarsi. La bomba, però, aveva solo sedici sfumature di grigio; naturale, per un video ripreso tanti anni prima. Pandora armeggiò rapidamente sopra una tavolozza: ora il fungo, mentre cresceva, trascolorava da un viola cupo fino a una smagliante tinta fucsia, che era il suo colore preferito.

Ma non le pareva ancora abbastanza; aggiunse allora un effetto che trasformava per qualche istante i suoi occhi, nella ripresa che aveva appena registrato, in due spirali che sprizzavano stelline multicolori.

‒ Pandora!...

L'irritazione di sua madre stava raggiungendo un livello pericoloso; ancora un richiamo o due e sarebbe venuta a prelevarla di peso. Avrebbe voluto aggiungere al mediaclip tanti altri effetti, come il filtraggio della voce, il ritocco del suo abbigliamento, un'essenza sintetica da sprigionare per un istante davanti al naso di Euplea, ma non c'era abbastanza tempo per raffinare l'opera. Maneggiò con gesti fulminei il puntatore per istruire l'agente sui dettagli del montaggio e poi, finalmente, comandò:

‒ Costruisci.

Subito comparve sul video del mediator uno gnomo color fucsia che spariva rapidamente dietro il muro che stava innalzando. Dopo pochi istanti lo gnomo sollevò una mano, da dietro il muro, e la strinse per formare un pugno, lasciando però il pollice sollevato:

‒ Fatto! ‒ disse.

‒ Mostra ‒ comandò Pandora.

Mentre il mediaclip cominciava a passare sul video un altro richiamo giungeva dalla cucina. Questa volta sua madre era davvero seccata.

Il granulo sonoro iniziò a diffondere una nenia dal timbro metallico. Dopo alcuni secondi il volume si attenuò e comparve Pandora, in primo piano, sullo sfondo delle piramidi, mentre una carovana di beduini, a dorso di cammello, si snodava alle sue spalle. Euplea, ti sbitto un'info che ancora quasi non ci credo neanche io: per il compleanno mio padre mi regala un casco srv. Il volume della musica crebbe improvvisamente, mentre dalla cima di una piramide si vide nascere un fungo viola il quale, mano mano che ingrandiva, diventava color fucsia. E avrà anche il sintetizzatore neurale! Altro fungo. Ayà, Ayé, Ayào! Sei la prima a saperlo. Ci vediamo domani mattina. Per alcuni istanti le pupille di Pandora si trasformarono un una girandola multicolore. Ciao. Girandola. Ciao. Altra girandola. Ciao. Altra girandola ancora. Poi la musica svanì e anche l'immagine di Pandora eccitata davanti alle piramidi impennacchiate scomparve. Un'ombra si era disegnata sulla parete. Pandora si voltò e vide la figura della madre ormai furiosa. Invia ordinò, e subito dopo:

‒ Eccomi, mamma! ‒ disse sorridente, mentre si alzava dalla poltrona del mediator.