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Parole per tutti i gusti

nota · ho spiegato nelle prime parole, che questo sito è un cantiere. il testo che segue, infatti, è concentrato sulla scrittura, ma ignora la fonologia, il che ha condotto a conclusioni in parte discutibili di cui sono consapevole.

Accostamenti inattesi

L'espressione glottologo ambidestro, per quanto assolutamente plausibile, appare sicuramente inattesa. Ci si aspetta un pugile o un tennista ambidestro, ma un glottologo proprio no. Nell'espressione, quindi, c'è un contrasto che sorprende e forse diverte. Tutto il contrario di tiro mancino, per esempio, dove l'accostamento è talmente prevedibile che la linguistica ha escogitato il termine collocazione per designarlo.

C'è però un secondo genere di contrasto in glottologo ambidestro, meno evidente a prima vista. Benché entrambe le parole siano composte di dieci lettere, si può osservare che nella prima ve ne sono soltanto quattro distinte (g-l-o-t), mentre nella seconda lo sono tutte quante. Questa differenza, considerandola con una certa attenzione, conferisce alle due parole, indipendentemente dal significato, una caratteristica che metaforicamente si può definire sapore: la prima appare piatta, monotona; la seconda variegata e vivace.

Ho provato a studiare sistematicamente questa caratteristica delle parole, su cui peraltro mi soffermo altrove parlando di musica e scrittura e di pangrammi, perché la trovo davvero attraente.

Attribuire un punteggio al sapore

Non mi pare discutibile affermare che l'aggettivo ambidestro sia più gustoso del sostantivo glottologo, la vera difficoltà sta nel riuscire a valutare quanto.

A prima vista si potrebbero usare le percentuali: 40% per glottologo (4 lettere distinte su 10) e 100% per ambidestro (10 lettere distinte su 10). Ma la soluzione non può essere così semplice.

Prendiamo l'aggettivo sfrigolante: conta undici lettere distinte su undici; e tribunalesco: conta dodici lettere distinte su dodici. A entrambi dovrebbe essere attribuita una percentuale del 100%, ma non può sfuggire il fatto che al crescere del numero di lettere di una parola, cresce anche la difficoltà di trovarvi tutte le lettere distinte, fino al caso limite di una lunghezza pari a 21 che non sarebbe più una parola molto saporita, bensì un pangramma bell'e buono.

Per stabilire dunque in maniera più precisa il sapore ‒ ovvero, più propriamente, l'indice di varietà ‒ di una parola ho adottato le seguenti regole, che non tengono conto né del fatto che siano ben formate per la lingua italiana, né tantomeno del fatto che possiedano un significato.

[A] una parola che contiene una sola lettera distinta deve avere un indice pari a zero, indipendentemente dalla sua lunghezza (es. a, aa, aaa, aaaa e così via, hanno tutte indice uguale a zero);

 

[B] quanto più il rapporto fra il numero di lettere distinte e il numero totale di lettere di una parola è vicino a 1 tanto più alto deve essere l'indice (es. alba ha un indice più alto di osso, perché nel primo caso il rapporto è 3/4 = 0,75 mentre nel secondo caso il rapporto è 2/4 = 0,5);

 

[C] la regola [B], tuttavia, deve tenere conto anche della lunghezza assoluta della parola (es. sia nella coppia alba-osso, sia nella coppia sartoria-mormorio i rapporti di cui alla regola [B] sono rispettivamente 0,75 e 0,5 ma le parole della seconda coppia devono possedere indici più alti di quelli della prima coppia, perché quanto più cresce la lunghezza assoluta della parola tanto più è raro che essa contenga un gran numero di lettere distinte);

 

[D] l'indice deve possedere un valore limite, in corrispondenza della parola in cui si realizza la massima quantità ideale di varietà delle lettere (la parola in questione è l'alfabeto, in tutte le sue permutazioni, dove il numero di lettere coincide con il numero di lettere distinte).

La formula che segue soddisfa pienamente queste quattro regole, e perciò l'ho adottata per definire il sapore di una qualsiasi parola.

Una formula per il sapore

Il sapore S di una parola, dunque, (o se si preferisce il suo indice di varietà) dipende dal numero di lettere distinte D che essa contiene, dal numero totale di lettere L e da un esponente n = 2,55353013059193.

Quest'ultimo valore, preciso fino alla quattordicesima cifra decimale, permette che il sapore S risulti praticamente uguale a 100, qualora D e L siano entrambi uguali a 21, cioè si verifichi la situazione descritta nella regola [D].

Va da sé che qualsiasi altra combinazione di lettere (totali e distinte) può formare parole con indice di varietà inferiore a 100 (regole [B] e [C]) ed eventualmente uguale a zero (regola [A]). In questo modo, per esempio, il sapore di alba risulta pari a 1,4677; quello di osso pari a 0,2500; quello di sartoria pari a 7,6164; quello di mormorio pari a 2,0666 e così via.