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I discorsi di Benito Mussolini

Una selezione ragionata

Il corpus linguistico scripta contiene quasi mille testi di Benito Mussolini. Non avevo immaginato, all'inizio, che esso avrebbe ospitato una quantità così cospicua di documenti del fondatore del fascismo, ma quando nel 2012 mi sono impegnato nella stesura del racconto Una selvaggia normalità, che narra di un odioso fatto di sangue realmente accaduto per mano della Milizia fascista, ho pensato che condurre una preliminare esplorazione fra le parole del regime sarebbe stato utile per lo scopo.

Ho raccolto perciò una sessantina di discorsi del duce, per fare l'orecchio al lessico e allo stile fascista, prima di accingermi a scrivere. Va da sé che poi ho trovato naturale che quei discorsi finissero in scripta. Trovavo insoddisfacente, però, che si trattasse di una selezione esigua, per di più difficile da giustificare in base a un criterio oggettivo.

È incominciata così una maratona che mi ha condotto a esaminare sistematicamente le opere di Mussolini allo scopo di arricchire scripta di una sezione omogenea ed esauriente, per poter poi condurre delle ricerche più significative.

L'Opera omnia di Benito Mussolini è stata pubblicata con criteri filologici da Edoardo e Duilio Susmel (Firenze, La Fenice, 1951-1963). Da questa considerevole raccolta ho selezionato tutti i discorsi documentati di Mussolini (più tre proclami, una conferenza e una lezione), fatta eccezione per:

1. i discorsi riportati dichiaratamente in riassunto (parziale o totale);

2. gli interventi nel Consiglio dei ministri del Regno d'Italia;

3. gli interventi nel Consiglio dei ministri della Repubblica sociale italiana;

4. gli interventi nel Gran consiglio del fascismo;

5. le comunicazioni formali come capo del governo (presentazione di disegni di legge, notifiche, ecc.);

6. le interviste.

Ma i discorsi orali sono testi?

Per occasione ho riflettuto sulla opportunità di considerare i discorsi orali come dei veri e propri testi.

Secondo la definizione che ho formulato altrove, avrei dovuto escludere i discorsi di Mussolini dal novero dei testi. Essi, infatti, mal si adattano alle caratteristiche di una composizione verbale scritta, intenzionale e conclusa. Benché la volontà concludente dell'autore risulti in genere più che esplicita, infatti, essi restano interventi orali, spesso estemporanei.

Sta di fatto, d'altro canto, che dopo essere stati prodotti quasi tutti a voce da una tribuna, da un balcone, da una trebbiatrice o da un mezzo blindato, se ne è poi ricavata una copia scritta, oggetto della curatela dei Susmel e riportata in scripta. Due le fonti essenziali dei discorsi: gli atti parlamentari e «Il popolo d'Italia», il quotidiano fondato nel 1914 dallo stesso Mussolini e da lui diretto fino al 1922.

Degli atti parlamentari è legittimo ritenere la pressoché totale aderenza al dettato orale, ma è anche ragionevole credere che gran parte dei discorsi tenuti alla camera e al senato dal capo del governo fossero tutt'altro che estemporanei, bensì pronunciati sulla scorta di una traccia scritta.

Non si può dire lo stesso, invece, per quanto riguarda i discorsi di piazza. «Il popolo d'Italia», tuttavia, li pubblicava con regolarità il giorno successivo all'evento, ma qui le discrepanze sono spesso notevoli, rispetto alla versione orale, ovvero quella filmata, che a cominciare dal 1931 affiancò spesso il resoconto scritto.

Di una piccola, ma significativa, differenza ho già riferito parlando di classificazione dei testi, ma il caso non è affatto isolato.

Un discorso, due versioni

Per fare un altro esempio, anche nel discorso del 26 agosto 1932, rivolto agli ufficiali a rapporto dopo le manovre militari, non mancano le differenze. Si possono notare ascoltando le parole pronunciate da Mussolini e leggendo contemporaneamente quelle pubblicate il 27 agosto dal quotidiano del regime.

Con questo grande, ma tuttavia, breve rapporto, le manovre dell'anno decimo hanno il loro compimento. Queste manovre, da me ideate ed ordinate, riservando la necessaria autonomia ai comandanti dei due partiti, in questa zona montuosa, frastagliata, in mezzo a questa popolazione fiera e gentile, della cui ospitalità avete avuto prova; queste manovre, dico, hanno pienamente risposto al loro scopo.

[la parte centrale del discorso è omessa nel filmato]

Infine, signori Ufficiali, Vi ricordo che in pace e in guerra una cosa sola supremamente vale, decisiva spesso, trascinatrice sempre: l'esempio.

A parte alcune differenze di stile, che rendono più chiaro ed efficace il testo scritto, rispetto all'enunciazione orale, vale la pena di sottolineare la mancanza nel primo dell'aggettivo interessante (zona montuosa, frastagliata, interessante...), piuttosto debole e generico, che invece si ascolta nel secondo.

Non è un caso. Con il benestare del duce, i suoi stessi discorsi erano sottoposti a una revisione redazionale, che divenne sistematica con l'istituzione nel 1937 del Ministero della cultura popolare (MinCulPop), al fine di renderli ancora più incisivi per la propaganda.

I discorsi orali sono testi (ma solo qualche volta)

In conclusione, tenendo fermo che un discorso orale, in linea di principio, non dovrebbe essere considerato un testo, mi sembra che sia lecito derogare al principio, nel caso dei discorsi di Mussolini, trattandosi di discorsi ufficiali o rielaborati per iscritto allo scopo di renderli il più possibile tali.

Non va del resto dimenticata l'indiscutibile inclinazione del duce a pronunciare frasi lapidarie e icastiche, che conferiva sistematicamente alle sue parole orali il viatico per diventare subito parole scritte, nonostante nel Discorso del 4 novembre 1925 avesse dichiarato di parlare spesso estemporaneamente.

Quale discorso vi attendete da me? Mi accade talvolta di leggere le anticipazioni dei miei discorsi. È un esercizio singolare, perché spesso io penso i miei discorsi nell'attimo in cui li pronuncio. Certo voi non vi attendete da me un discorso di rettorica e di poesia. Non vi attendete da me un inno puro e semplice, per il quale basterebbe un coro oppure un'orchestra, od anche, all'occasione, una fanfara. Voi non vi attendete da me nemmeno un discorso falso, vacuo, pieno di luoghi comuni, dagli intingoli mielosi e ripugnanti, che suscitano sentimenti di disgusto, di nausea ed anche di semplice sopportazione, come certe arie che si odono suonare nei vicoli suburbani. Sono invece certo che voi vi attendete da me un discorso virile e gioioso, durissimo se volete, ma pieno di quelle amare verità che sono anche feconde per lo spirito che medita e ragiona.

Amare verità che sono anche feconde per lo spirito che medita e ragiona: queste non sembrano, in verità, parole improvvisate. Sia che mentisse, comunque, sia che fosse sincero, Benito Mussolini pronunciò, escluse le circostanze esposte sopra, 715 248 parole che ho sottoposto a qualche esplorazione statistica.