Vittorio Alfieri, Agamennone, 1783

Scena, la Reggia di Argo ¶ ATTO I ¶ SCENA I

carco di gloria in Argo Atride. ¶ Io qui l

ch'ei soffra ¶ in Argo mai l'abbominato figlio

altero e pingue in Argo. ¶ Gran tempo, no, non

corre assai diversa in Argo: ¶ v'ha chi fin

Greci ¶ il duce, ad Argo il suo regal splendore

che sgombrar potea d'Argo poc'anzi, ¶ senza tuo

re. Tu forse in Argo ¶ starti potresti ignoto... ¶ Egisto

potresti ignoto... ¶ Egisto ¶ In Argo, ignoto, ¶ io di Tieste

non perderei se in Argo io rimanessi! ¶ Ma, di

di non lasciar d'Argo le mura, innanzi ¶ che

ratto ei muove ¶ ver Argo, e già quasi alle

del nascer suo, d'Argo partirsi ¶ volea pur ora

le sospirate mura ¶ d'Argo mia: quel ch'io

dritti. ¶ Va lungi d'Argo intanto: a re dappresso

il sol novello in Argo; ¶ soccorso avrai, pur che

Ch'egli era in Argo, or di', perché nol

il mio ritorno in Argo, ¶ parmi l'aspetto suo

Clitennestra ¶ Ma pur d'Argo in bando ¶ tosto ei

muovati, deh! — Fuor d'Argo, in salvo ei fia

che a sdegno muove ¶ Argo tutta. ¶ Clitennestra ¶ Cassandra a

re sarai tu in Argo. ¶ Né man, né cor

Egisto ancora ¶ sta in Argo. ¶ Agamennone ¶ Il sai, che

scongiuro, fa che d'Argo in bando ¶ Egisto vada

io la strascìni in Argo: esempio tristo ¶ delle umane

di non più d'Argo muovermi il comando. ¶ Al

riedo; trema: ¶ or d'Argo il re son io

ferro io serbo. In Argo un giorno, ¶ spero, verrai