parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Enzo Striano, Il resto di niente, 1986

concordanze di «Lo»

nautoretestoannoconcordanza
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lui pure compromesso. Chi lo avrebbe potuto trattenere? Era
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repubblicani. Per un istante lo vede, in piedi nel
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dicendogli: «Mo’ chi se lo magna tutto chillo bbene
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in Italia, per invadere lo Stato pontificio e il
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un distintivo colorato. «Te lo regalo». ¶ È un berrettino
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con gli alamari stringe lo stomaco un po’ gonfio
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faccende di Corte. ¶ «Ma lo sapete che a Palazzo
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è infatuato di Alfieri, lo considera l’unico vero
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è ancora il pignato!» lo conforta Ignazio, passando di
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sedere, alzando le gambe. Lo fanno in modo accentuato
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sedia, strilla che arriva lo champagne, che bisogna brindare
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sfasciava oggetti. ¶ Leva, cauta, lo sguardo verso l’angolo
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il Vesuvio goffo: dopo lo scuotimento dell’estate, ha
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Napoletani. ¶ Ricorda i pianti, lo strazio, quando tornarono vascelli
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valgono ugualmente!». ¶ «A nettarse lo culo!» strillavano i clienti
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lazzaro, o lavorante, e lo consideravano “de lo bottone
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e lo consideravano “de lo bottone”. Anzi meglio di
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ragazzi agiati. ¶ Gli amici lo pigliavano in giro, De
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difesi tutti e tre, lo disse pure, in tribunale
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spalle, osserva il collo, lo palpa, ammiccando alla folla
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a li Giacobbe! Viva lo re!». ¶ De Deo sembra
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piomba sul disgraziato Vitaliani, lo tramortisce con un pugno
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di conquiste.» ¶ «Posso leva’ lo piatto, Monzù?» chiede timidamente
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uscirà presto. Di che lo accusano? Quali prove posseggono
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mi spaventa, Lenòr. Perché lo tengono, se non hanno
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non hanno prove? Chi lo accusa? Se non so
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circospetta, aria d’intrigo. Lo slargo è immenso, solagno
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È scalzo. ¶ «Vi servisse lo canto a fronna de
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Addo’ se trova?» ¶ «Non lo so. È un politico
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proprio abbigliamento. ¶ «Monzù, non lo vi’ lo gamorrino?» ¶ «Ah
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Monzù, non lo vi’ lo gamorrino?» ¶ «Ah. Allora tu
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Gennaro. «Sant’Elmo! Domani lo mandano a Sant’Elmo
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è Trèmmole, Vincenzo?» domanda. ¶ «Lo mandano all’ergastolo delle
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fatto: a Corte non lo vogliono più, non se
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Io penso invece, e lo dico, a costo d
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tra il serio e lo scherzoso. ¶ Il discorso torna
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generale. ¶ «Questo Napoleone... Ormai lo chiamano soltanto per nome
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di Jeròcades e Odazzi: lo rivelò una palomma volata
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della Massoneria. In fondo lo aveva sempre trattato male
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indispettito: da Palazzo non lo chiamano mai. ¶ Le donne
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donna Giacobba! Se tieni lo diavolo ’ncuorpo, te lo
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lo diavolo ’ncuorpo, te lo facimmo asci’.» ¶ La malmenavano
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Aveva ascoltato con batticuore lo spiegarsi delle voci nasali
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spostarsi in Egitto, dove lo intrappolarono gl’Inglesi, Ferdinando
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Morte a tutti, ¶ viva lo re ¶ agitando piròccole, sciabole
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di malessere al ricordo. Lo sguardo di Maria Carolina
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sento.» ¶ «E ’nci viniti lo stesso.» ¶ Lei scosse la
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Forse per propria iniziativa. ¶ Lo strepito della chiave nella
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educare i lazzari?» ¶ «Non lo so, Ignazio. Forse s
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l’anarchia, il saccheggio. Lo scorazzare liberi e padroni
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Ogni tanto, in passato, lo facevano.» ¶ A piedi verso
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biondi, lucidi d’acqua, lo scaccia un altro che
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spìngole frangese, ricchine co’ lo bisciù. ¶ Folla eccitata si
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Signore belle,» esclama «accattàteve lo zi’ nisciuno.» ¶ Preme sulla
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parlano con ignote ragazze. «Lo fu al principio, quand
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solo, il saltino non lo fa. Prova ad abbozzarlo
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risposta è abituale. ¶ «Se lo desideri, come no.» ¶ Prepara
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no.» ¶ Prepara il caffè, lo bevono seduti nel vecchio
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maggior sicurezza. Anzi. Se lo trovano i “feroci”? Se
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Privo di rimorsi. Non lo guarda negli occhi, perché
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ci sto a fare? Lo sai che dispongo personalmente
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di morire, Gennaro, te lo giuro. Anzi. Ma non
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ti faccio cambiar casa.» ¶ «Lo vedi? Vedi che anche
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un tempo. ¶ «Non te lo voglio dicere» borbotta. Afferra
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Non tengo niente cchiù. Lo dottore l’ha scritto
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da gran tempo contratto. ¶ «Lo vi’, lo vi’» ripete
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tempo contratto. ¶ «Lo vi’, lo vi’» ripete, spiando lei
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faccio niente più. Te lo giuro ’ncoppa a la
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ccosce.» ¶ «E tua madre? Lo Spino? Quel vecchio che
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Sarrà morto. Dint’a lo vascio non ce sta
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una cantina di vinaio. ¶ «Lo cantiniere è de lo
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Lo cantiniere è de lo bottone» esclama, imitando il
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bene all’anime de lo Priatorio» farfuglia una monaca
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tracciando gesti imperiosi. ¶ «Viva lo re! Viva tata nuosto
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nuosto. La no’, non lo sai che li Giacobbe
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Giacobbe e li frangise lo vonno accidere?» ¶ «Rassosìa!» fa
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overo ca vonno accidere lo re?». ¶ «Ma no!» ride
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Ormai il napoletano popolare lo parla proprio bene. «Allora
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tutto a posto te lo spiego io, Grazie’.» ¶ L
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che guerra, Grazie’?» ¶ «Non lo saccio. Ma succede. Poveri
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Crescono pure li prezzi. Lo sai che li friarielli
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Corruga la fronte. ¶ «Chi lo va dicendo?» ¶ «Tutti quanti
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aggiunge, vedendola preoccupata. «‘Nce lo dico io de non
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ogni mille anni pure lo popolo ha da campa
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regina, don Gennaro e lo latrinaro?» ¶ Colta da idea
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con salacità: «Isso tiene lo sciabolone, tu tieni la
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creduto?». ¶ Si sganascia per lo scherzetto, lei scuote la
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Grazie’. Tu non capisci lo riesto de niente» fa
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cade o la spezza. ¶ «Lo vi’? Non è robba
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è filice, signo’? Tu lo sai che vo’ dicere
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il padrone. E, se lo vuoi educare, devi insegnargli
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Nelson.» ¶ «E perché?» ¶ «Non lo so. Forse gl’Inglesi
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torno ti racconto tutto, lo sai.» ¶ Le dà una
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di dire queste pazzarìe! Lo sai o no che
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da ridere. ¶ «E tu lo nome mio non lo
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lo nome mio non lo sai? Io non mi
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avita mettere? Dinto a lo mazzo de màmmeta!». ¶ «Lo
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lo mazzo de màmmeta!». ¶ «Lo mazzo de màmmeta! Lo
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Lo mazzo de màmmeta! Lo mazzo de màmmeta!» fu
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il dottor Cirillo. Me lo ricordo quando veniva a
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è fatta pericolosa?» ¶ «Non lo so. Forse perché certi
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di nerissimi ricci. ¶ «Pòrtami lo pede de lo principe
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Pòrtami lo pede de lo principe Gallo.» ¶ Il ragazzo
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il perché, mi passa lo genio, come diciamo a
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a Napoli. Mi viene lo schifo di lavorare.» ¶ «Come
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crollò il capo. ¶ «Non lo saccio. E non è
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allora?» ¶ «E allora non lo saccio. È destino. Io
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anni fa,» proseguì «pe’ lo friddo se ’nfracedaie ’no
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Nossignore, cittadini. Non Lenòr. Lo farò io». ¶ «Tutti e
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e due» borbottò Lauberg. «Lo farete tutti e due
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più idiota voler far lo stesso in condizioni diverse
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l’unico che se lo può permettere...». ¶ «Mah» fece
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abbronzati quarant’anni. Tutti lo festeggiarono: due giorni prima
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di là ci sta lo visir del sultano Selim
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sultano Selim. Che dici, lo andiamo a salutare?». ¶ Caracciolo
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ai Pignatelli. Aveva fatto lo sforzo di calzar la
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ammennole! ’No bello fetente lo nonno vostro, con rispetto
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quello che facette tremma’ lo re de Spagna. Mi
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parla’ se non tieni lo purpo in mano’”. Lui
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punto, ha strillato: “Duchi’, lo purpo sta ccà! Lo
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lo purpo sta ccà! Lo sapete come s’uccidono
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la pancetta gli tesava lo sparato di seta. La
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alla regina. Non appena lo vide, Maria Carolina smise
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ammiraglio le rendeva appassionatamente lo sguardo, mentre Nelson fissava
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angoscia il calice: esitava, lo avvicinava, lo respingeva. Cimarosa
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calice: esitava, lo avvicinava, lo respingeva. Cimarosa traeva lugubri
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animale, fresco di stampa. ¶ «Lo leggerete quando starete meglio
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la malattia, la morte. ¶ «Lo dite per me?» chiese
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un pezzo» insisté. ¶ «Non lo credo. Non avete consapevolezza
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più sordidi. Ora non lo faccio più. Perché, forse
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sti Giacobbe figli de lo dimmonio?”. Spargono voce che
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tanti studenti ed io lo trovo strano. È difficile
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il popolo.» ¶ «Il popolo...» ¶ «Lo so a che pensi
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da rimettere in ordine lo scrittoio. Rimandava, ci girava
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però, comunicano antiche sensazioni. Lo sente tiepido, come tessuto
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è bellissima.» ¶ Chiara se lo mangia con gli occhi
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Lenòr» insiste Chiara. «Ve lo ripeto come una sorella
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gli alberi di Castellammare. Lo solcano barche, barchini, velieri
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di seguito: il secondo lo consuma lenta, lasciando sciogliere
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tutto sommato, monotone, mediocri. Lo dice anche Ignazio stasera
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regina e Acton non lo possano vedere... Ora, poi
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Io dico che se lo sognano la notte. Perché
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conoscerli» fa Gennaro. ¶ «Non lo so. Gira bene il
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opprime. Immalinconisce» osserva Ciaia. ¶ «Lo so. È per questo
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scarlatti pettinati alla Bruto, “lo frangese” è Manthonè, giovanissimo
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sgrida Graziella che non lo può vedere e lo
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lo può vedere e lo chiama “zi’ prèvete”. ¶ È
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hai ballato ’ncoppa a lo triato?». ¶ 2 ¶ È così strano
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foglione di pergamena con lo stemma d’oro a
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Ciaia, che Graziella chiama “lo bello”. Gli ronza intorno
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sta modernizzando. Se guardiamo lo Stato della Chiesa...». ¶ «Bella
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il Regno di Sardegna...» ¶ «Lo Stato sardo è misterioso
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Smettiamola d’aspettare che lo faccia gente forestiera!» ¶ «Ah
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Lenòr, mia cara» diceva. «Lo so che non dovrei
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lasciarse liberamente andar a lo slancio dei sentimenti? Verranno
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coglie resta irrimediabilmente perduto. Lo capite questo?» ¶ Accennò macchinalmente
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venne in lingua napoletana. Lo portò lei stessa a
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Brava signora marchesina. Chisto lo facimmo stampa’. Adda gira
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scritto, nell’intestazione, «A lo rre nuosto Ferdinando IV
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Ferdinando IV – Dio ’nce lo guardi e mantenga – a
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mantenga – a nome de lo fedelissimo puopolo napoletano». Ma
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al re: ¶ E biva lo re nuosto Ferdenanno, ¶ guappone
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francese è in rivolta!». ¶ Lo sommergono, infine gli permettono
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che un ricottaro chiamato lo Sórice l’aveva scelta
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o si fosse sposata. Lo Sórice le aveva fatto
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di Napoli di rispettare “lo frieno”. Alla fine capì
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tra le masse”, come lo definivano Lauberg, De Deo
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con l’asciugamani. Se lo meritava: era nient’altro
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di Marat. Il «Moniteur» lo sprezzava, in quanto organo
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la Marina. Infine Lauberg lo pilotò per un intrico
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nascosti la fissassero. Colse lo sguardo attento di Gennaro
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serio, lei non rispose. ¶ «Lo penso tuttora, sapete» aggiunse
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Un uomo! E lei lo conservò in memoria come
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dietro l’uscio intimò: «Lo santo. Dice lo santo
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intimò: «Lo santo. Dice lo santo».1 ¶ «Ma si me
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Lauberg. «E va buono. Lo sciore.»2 ¶ Dopo un attimo
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è pecora. È de lo bottone.»7 ¶ Bisognò scendere scalini
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bachene, Mandrie’. Chisto era lo punto.»11 ¶ «Don Ca’, a
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Vuie v’arricciate e lo Casalone s’è rignuto
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puniato, Mandrie’. Mo’ caccia lo porciello.»15 ¶ L’uomo andò
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di giornali legati con lo spago, pacchetti di libri
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Li bbane ’ncoppa a lo cinche de lo jammo
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a lo cinche de lo jammo, don Ca’.»16 ¶ Lauberg
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senza peli. Gli altri lo trattavano con un certo
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ai compagni, serio: «Guagliu’. Lo cavaliere ’nce vo’ da
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san Gennaro, poi de lo rre, e poi è
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è che non fatica? Lo rre, li signure e
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e li lazzare. Tu lo sai chi è il
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ad arringare. ¶ «Chisto è lo male vostro. Vi credete
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famme? De la monnezza? Lo rre, li signure, li
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li rine.» ¶ «Cavalie’, vatténne» lo interruppe il gamurrino, cattivo
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venuto a fa’ da lo Mandriere?» ¶ «Non ti riguarda
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decorazioni vostre!». ¶ Più tardi lo vide sussultare, in risata
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strozzato, al vicino: «Quella lo juorno, questa la notte
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la fine de Janne lo purpo» l’ammonì l
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stare» sibilò Grazia. «Non lo vedi ca non sente
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impegnati pe’ tte! Pe’ lo sposalizio!» aggiunse, sgangherando le
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de vino e non lo sento. Ma tu non
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si girò. ¶ Sentì schizzare, lo scorrere. Infine Tria rimise
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delle cosce indurirsi per lo strano rifiuto. Ma Tria
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Pascual sopra di sé, lo attrasse. Ma lui le
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il lenzuolo alla facciata.» ¶ Lo guardò, stupita. Le spiegò
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pittata d’orletta, con lo stemma, dentro tutta velluto
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inizia tentativi di parole. Lo fissa nelle labbra per
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bambino. Con verosimiglianza incredibile: lo teneva al seno, lindo
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tirà, la conserva. ’Ncoppa lo fuoco lento!» stridevano le
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ha mandato Gaetanino da lo corriere con tre lettere
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chiesa. Non vo’ dicere lo rosario.» ¶ Spifferavano a voce
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curava del bambino, quasi lo sentisse già estraneo, ostile
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piccolo chiedeva “o leite”. ¶ «Lo metti sempre contro a
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Guaglio’, tu devi dire lo latte!» ¶ Il bambino si
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Tengo la necessità, tengo lo diritto». ¶ La sera dopo
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per la seconda volta lo avvertiva indifferente o colpevole
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Tria non c’era: lo trovò in cucina, sulla
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al letto di papài. Lo tocca sulla fronte, tende
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il caffè venisse vigoroso. Lo assaporò a lungo e
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fazzoletto? Il portare sempre lo stesso vestito a lutto
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Amico caro, fratello: ma lo stancava con silenzi caparbi
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è il fior fiore.» ¶ «Lo farò. Ma dammi un
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all’infanzia. All’adolescenza.» ¶ «Lo diceva anche Vico.» ¶ «Ho
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te faccio piglia’ da lo Spino». ¶ Lo Spino (come
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piglia’ da lo Spino». ¶ Lo Spino (come appurò più
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piano t’impari» disse. «Lo lietto lo sai fa
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impari» disse. «Lo lietto lo sai fa’?» ¶ «’Gnora no
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Gnora no. Nuie tenimmo lo saccone.» ¶ «E qua te
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te impari a fa’ lo lietto con le lenzuola
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in faccia fanno avota’ lo stommaco. Mammà ’nce mette
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ogni tanto dint’a lo vascio mio?» piagnucolò la
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gli occhi lucidi. Deglutì. ¶ «Lo vedrete voi stessa. Domani
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Pubblicava versi su versi. Lo attorniavano giovanotti in cerca
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dove si mangia meglio?» ¶ «Lo credo. È così piena
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non farlo, se me lo chiedi così?» ¶ «Allora sta
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l’ommo chesto vo’. Lo fanno tutte quante: tu
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tu, signo’, veramente non lo sai?» ¶ «Io sono stata
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è morto» mormorò. ¶ «Allora lo sai pure tu. Che
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pure tu. Che me lo spie a fa’?» ¶ Di
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L’aggio arrobbata a lo Spino. Se me ne
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perché non ti aggarbi lo rosso? Perché non ti
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Perché non ti tieni lo frangese? Perché fai veni
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se vestono da puttana?». ¶ “Lo rosso” è Cesare Marra
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re contemplava nella mente lo stupendo paesaggio. ¶ In verità
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Maru’: ¶ Quanto è bello lo cacare, ¶ meglio assai de
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cacare, ¶ meglio assai de lo mangiare. ¶ A mangia’ se
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la vide tu e lo culo. ¶ Scoppiò a ridere
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Giova’, l’hai trovato lo figlio mio?». ¶ Il pubblico
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gghiuto da llà. Pe’ lo vico de le Nocelle
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della folla, tornò indietro, lo incastrò nello slargo. ¶ «Ah
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per dolore e sforzo. Lo seguivano Madonne e Maddalene
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non più onnipotente. Confortava lo stesso, perché sapevi che
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tirannia, la morte? ¶ «Non lo so. Non lo so
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Non lo so. Non lo so» concluse triste, vuota
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occhi e pensiero. Seguì lo sguardo, giunse a Primicerio
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lungo? Scrollò la testa. Lo seguì, obbediente, sulla vettura
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niente da dire» mormorò. Lo vide tendere i muscoli
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la vettura andava per lo Spirito Santo, ripensò all
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e grande nel buio. Lo reggeva nelle palme aperte
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calze di seta, seguì lo sciogliersi affannoso dei cordoni
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Deixe-me, lasciami!» ansò. Lo spinse, serrò più che
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Sì, sì. Era vero, lo pensava lei pure. Ma
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dell’Inferno? Parliamone.» ¶ «Non lo so. Se mi vuoi
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stringendosi nelle spalle dubbiose. ¶ «Lo sai che non si
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amici pittori, poeti, che lo prendevano in giro con
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oro, mobili di valore. Lo studio bianco, zeppo di
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alla procidana. Vi porto lo perettiello annevato?» ¶ «No, Vosti
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gli occhi. Si rassettò lo scollo, abbozzò chiacchiere diversive
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massacrato i coloni?» ¶ «Non lo so. Chi te l
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era una cosa seria.» ¶ «Lo è stata, e come
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suo orrendo accento. Chiara lo guardò appena. ¶ «I problemi
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liberi fratelli muratori.» ¶ Chiara lo guardò con alterigia. ¶ «Io
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egli ha creato». Ma lo pensavano anche Gassendi, Locke
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trasformava in merce per lo scambio. E se doveva
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soltanto chiedere in prestito lo scialle spagnolo di vovó
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aggiunse, mentre tia Michaela lo traeva dal canterano con
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rossa di Palazzo contro lo sfondo azzurro del Vesuvio
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si sentiva colpevole. Non lo aveva visto bene, negli
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ho letta in Giovenale. Lo diceva di Messalina. “Ausa
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progettato a Vienna, ve lo dico io.» ¶ «E proprio
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col braccio: «Siete pazzo? Lo re l’ha da
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l’indifferenza con cui lo pensava. ¶ Primicerio aveva fatto
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ho potuto far nulla». ¶ «Lo credo» disse beffarda. «I
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cento volte più grande, lo mettevano su gli scenografi
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siete ’mparata a fa’ lo cafè a la napolitana
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la coda dell’occhio lo guardò in prima fila
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Anche Pascual cantava, sommesso. Lo guardò. Prono, compunto come
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con disprezzo: «Ha fatto lo sforzo, la signora». ¶ Quando
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con vanità e rispetto. ¶ «Lo re sta diventando pirchio
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Esclamò: «Donna Margherita, se lo re e la regina
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vociferava in ogni direzione. Lo sentì rispondere a una
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d’H, facendosi sfilare lo spago tra pollice e
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castello di Sant’Elmo. ¶ «Lo si scorge da ogni
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messo apposta lassù. Chi lo occupa domina Napoli. È
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una grossa lancia azzurra. ¶ «Lo bancone di mezzo, occellenza
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altra la barra. ¶ «Facimmo lo giro fino a Trentaremi
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Anna Carafa di Stigliano. Lo rispedirono in Spagna, perché
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il palazzo restò come lo vedi. Donn’Anna ci
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i Carafa, era vanitosissima. Lo sai Dio come l
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gente che vuol godersi lo spettacolo.» ¶ «Tu hai visto
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C’è pure Corradino lo Svevo.» ¶ Sgusciarono in un
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Tengo la patanella e lo sciore» gridava, ridendo in
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gambe. Soprattutto al seno: lo comprimeva in bustini a
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signore da lei conosciute lo facevano, almeno in apparenza
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progetto tanucciano d’invadere lo Stato pontificio, a punire
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gran fronte brillavano beffardi. ¶ Lo sommersero, anche le dame
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sempre più arcano: «Vedrete. Lo vedrete». ¶ Era stato ad
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bella biondona di Napoli, lo sapete. Il ne faut
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Mon Dieu, non!». ¶ «Non lo so» riprese Mariantonia Popoli
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dell’abate. Sentite. Lei lo sfotte su un passo
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povero deficiente di Palazzo. Lo va a trovare, lo
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Lo va a trovare, lo aiuta in una delle
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Ferdinando è com’è. Lo sapete che il re
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con la firma? Tanucci lo sgrava anche di questo
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ed Austria, per invadere lo Stato pontificio. ¶ «Si fa
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mai aria cupa, Galiani lo sgridò. ¶ «Ma che canchero
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se dice ca pure lo cane deve scodinzolare all
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Morto e buono, io lo dico: Porpora era capace
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Solo lui allevava castrati? Lo sapete che quest’anno
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un canto, Cimarosa se lo studiava, inquieto. Fu Galiani
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La prima volta che lo vedeva. Provò leggero tuffo
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bianco ghiaccio con spilla. ¶ Lo guardò mentre entrava a
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dalla volta in cui lo vide al Largo di
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ancora parlato?» ¶ «Certo che lo farò. Ma non cambiare
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avanti i nostri migliori. Lo pensa anche Genovesi. Ecco
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sonetto, un epitalamio... E lo mandiamo al re. Liscia
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che puoi: il re lo tiene in pugno Tanucci
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te è piaciuta?» ¶ «Non lo so. Tu che sei
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non essere tanto giansenista. Lo so che le nostre
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Cosa avviene ai maschi lo sapeva, non avrebbe potuto
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temperare la punta, sentire lo sfaccettio della tenera cartilagine
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suoi versi può infondere lo spirito, le idee, dei
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tanti vantaggi materiali.» ¶ «Non lo so, amico. Avete detto
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bene. Spesso impallidiva, portandosi lo mani al petto, stanca
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come può esser libero lo spirito se violentato dalla
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Era giovane, pallido, come lo vide sul rispetto d
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cui spiccava, in rilievo, lo stemma d’oro coi
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senza dubbio veruno tutto lo splendore del di lei
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per metterla a disagio! Lo guardò in modo così
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per distanza e clamore. Lo vide alzare una manona
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di Roma di lasciare lo Stato della Chiesa. Per
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al posto mio!» ¶ Vovó lo guardò con aria maliziosa
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bambina abbastanza forte, dignitosa, lo dicevano pure, con orgoglio
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sebbene il Portogallo non lo conoscesse che dalle canzoncine
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sull’acqua del Tago, lo scintillìo nel sole della
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chissà che faccia aveva. Lo figurò col viso gonfio
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l’avvivò. Le piacquero lo zoccolare cadenzato e tondo
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contro il cielo azzurissimo, lo sfilare dei grandi pini
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Era possibilissimo, anzi vero. Lo sentiva. Lì avvenne lo
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Lo sentiva. Lì avvenne lo scontro dei guerrieri. Si
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salato, mentre a Roma lo facevano friabile, sciapo. Ne
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da cancelli. Sulla facciata lo stendardo bianco a gigli
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Che? Tata?». ¶ «Tata è... lo pate. Il padre. In
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padre. In una famiglia lo pate comanda e provvede
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per tutte ll’uommene. Lo re comanda e provvede
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Dio e comme a lo pate.» ¶ «Ah.» ¶ «Però, monzù
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parole profane, assonanti. ¶ «Mannaggia lo Padreturco. Sangue de la
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vetturino, recitante con frenesia: «Lo San Carlo. Lo Palazzo
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frenesia: «Lo San Carlo. Lo Palazzo reale. Santa Lucia
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Palazzo reale. Santa Lucia. Lo Gigante. Lo San Carlo
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Santa Lucia. Lo Gigante. Lo San Carlo...». ¶ Infine, come
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attimo temé le ruote lo travolgessero. Si passava davanti
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al sonno. ¶ «Qua finisce lo vico de lo Sargento
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finisce lo vico de lo Sargento Maggiore» comunicò il
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mezzo accostata del basso. Lo caricavano con pentole di
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oggi come ti senti? Lo culo comme va? L
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d’emorroidi. ¶ «Eccellenza, guardateve lo culo vostro» rispondeva Minichiello
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che partiva in uno lo scudo sannita, inquartando una
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resisteva almeno qualche settimana. Lo raccoglieva in un quaderno
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ebbe coraggio di fermare lo sguardo su di lui
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occhi perché capisse che lo valutava, ci riuscì soltanto
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o no? Non è lo stesso che Dio? È
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una regina. Gli altri lo circondarono, qualcuno chiese nuovamente
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Ma Napoli fa schifo lo stesso» strillò Giordano. «Non
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Com’è stato trattato lo stesso Genovesi?» ¶ «È roba
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perché uno, soltanto se lo vedi, ti fa scorrere
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stima, manchevolezze, interessi. ¶ «Conforti lo rispetto perché onesto» spiegò
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Come vedete, un pregio lo possiedo: quello d’essere
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andrà, allora?». ¶ «Ah, non lo so» sorrise Sanges. «Non
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so» sorrise Sanges. «Non lo sa lei, non lo
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lo sa lei, non lo sa nessuno. Questo è
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l’ha raggiunto se lo tiene caro. La torta
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anch’esse produrre. Per lo scambio. Sapete che a
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pensiamo ancora alla chinea!» ¶ «Lo so cos’è» disse
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nello studio dell’economia. Lo desidero tanto.» ¶ «Non è
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guglie, tante chiese... ¶ «Per lo meno Tanucci cerca di
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muoverò più di qui, lo sento: in questa città
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o no? Aggia chiama’ lo gendarme?» ¶ Continua a scuoterla
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che ’nce potimmo fa’? Lo dico a Sua Eccellenza
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con aria maligna: «Non lo sai? ’Nce sta una
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vecchio a Graziella. Questa lo fissò con gli occhi
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piglia una coperta da lo lietto, fa’ ’na bella
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non potimmo fa’ niente. Lo riesto de niente.» ¶ «Ma
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hai fatto niente! Ve lo giuro io, ca sto
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pigliate?». ¶ «È ordine de lo re. Perciò statti zitta
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un soldato. ¶ «E allora lo re è ’no strunzo
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a chesta! Vo’ rimmane’ lo rre de li fetiente
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tanto tempo fa, perché lo recensisse. Erano i giorni
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possono tenere» rispondeva stupidamente lo sconfitto. ¶ «Allora quali sono
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tenere?» incalzava lei. ¶ «Non lo so. Non è roba
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la capa de morta. ¶ Lo vino è bbuono, ¶ po
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Poi...» sorrise, esitando. «È lo marito vostro? Io scrivesse
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morta” significa bere vino. «Lo marito vostro» la lasciò
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messaggio. Voi risponderete con lo stesso mezzo.» ¶ «Ma si
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si può fare?» ¶ «Se lo permetto io sì.» ¶ Donna
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Napoli tutto è quieto. Lo re sta sempre a
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cchiù cafè. ’Nce vo’ lo zuco de limone.» ¶ Resta
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invece, che ne emette, lo sa, lo sente. Sempre
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ne emette, lo sa, lo sente. Sempre per colpa
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si preparano li guai. Lo re è fujuto a
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Aràpe!» ¶ «Brigadie’, famme vede’ lo coraggio addo’ lo tieni
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vede’ lo coraggio addo’ lo tieni! È gruosso?» ¶ Bestemmie
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no vai dinto a lo Criminale.» ¶ «Fetente! La vuo
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Te mando abbascio a lo Panaro.» ¶ Raggomitolata nell’angolo
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d’un ragazzo: «Co’ lo cazzo! Ccà ’nce fanno
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acutissimi di femmine trapanano lo strepito generale. ¶ «’Ntrucculi’, sto
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Ccà non se capisce lo riesto de niente.» ¶ «Stesse
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de niente.» ¶ «Stesse a lo trapasso de vascio? Jammo
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un tremito. ¶ «’Ncoppa a lo Sannito, capita’. Hanno appicciato
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santa famme.» ¶ «Marena’, tu lo sai che stanno arrivando
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chi è ca non lo sape?» ¶ «Nuie l’avimma
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l’avimma ferma’. A lo ponte de la Maddalena
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un altro marinaio de lo Sannito?» ¶ «Gnorsì. È venuto
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de Ddio, abbandunate! Aspettano lo patre e la matre
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Pe’ veni’ a difendere lo Regno.» ¶ È il lazzaro
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a quelli stessi che lo producono. ¶ Se ne sfogano
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la Santa Fede. Viva lo re.» ¶ Le chiese spalancate
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parroco, cotta ricamata, ostensorio. Lo agita. Un gruppo di
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la situazione è tranquilla. Lo schiamazzo, il disordine, sono
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risorse per far vivere lo Stato repubblicano! Cittadini, per
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Deus? C’è chi lo sa cosa bisogna fare
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Cicerone, mi dici chi lo capirebbe?» ¶ Cuoco s’agita
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entusiasmo, fiducia. Ma chi lo leggerà, il «Monitore»? ¶ Sistema
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sulla fronte, legata con lo spago, un’immagine di
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son battuti da leoni. Lo stesso cittadino generale Championnet
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uno che ha combattuto lo fucilano.» ¶ «Questo non è
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Un lettino d’ottone lo prese da uno zagrellaro
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di patrioti pittori per lo stemma della Repubblica. ¶ Apre
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Fecero Toledo, la Pignasecca, lo Spirito Santo, la Cavallerizza
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morire». ¶ «Chi sono?» ¶ «Non lo so» rispose Gennaro. «Qui
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che aveva preso Castelnuovo! Lo guardò con timido rispetto
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ogni sesso. Guardavano incantati. Lo spettacolo pareva di loro
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alcuni tra voi non lo hanno compreso e ci
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I lazzari avevano ammirato lo spettacolo. Donne in prima
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sosteneva che Sciamponé, come lo chiamano, è assai più
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no viecchio muollo muollo. Lo frangese hai visto che
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vanno. E quando torna lo re, che le dicimmo
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da chi: ¶ È arrivato lo Frangese, ¶ co’ ’no mazzo
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un moto di sorpresa. Lo si vide sorridere, levar
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andata eccitando man mano lo scriveva, fino a diventare
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una tazza, mentre lei lo assale: «Allora? Altre notizie
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il “Monitore” raggiungerà egualmente lo scopo.» ¶ Astore va al
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altri chiamato Vincenzo Altieri, lo ha imitato, ribassando il
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il vostro, visto che lo fate da sola: è
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questo,» fa, incredula, irritata «lo denunzierei senza pietà. Ma
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denunzierei senza pietà. Ma lo sai che Championnet ha
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sono maggioranza debbano dirigere lo Stato.» ¶ «Staremmo freschi!» strilla
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a dei popolani. “Tu, lo sai che mese è
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è pommodoro: perché è lo tiempo de li ppommarole
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l’altro la Sanfelice lo fa impazzire a vuoto
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de l’ancien régime. Lo si minaccia di denunziarlo
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pigro, inquieto, si toccava lo stomaco, parlando col dottor
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Vincenzo, il grande Pulcinella. Lo accoglie con rispetto: è
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il giovane Cammarano. «Io lo farei pure, ma mi
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pelle nelle disgrazie che lo zeffonnano. Perciò è arraggioso
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è un eroe. Voi lo vedete ca se mette
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Repubroca... La prubbeca... Mannaggia lo cascione, comme canchero se
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fa’ chello, de cagna’ lo munno, ma non è
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da ì. Comme vo’ lo Padrone. Lo munno non
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Comme vo’ lo Padrone. Lo munno non po’ gira
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a la mano smerza. Lo sole sponta tutte li
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è de mano de lo Padrone: di Dio. Pulcinella
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a fare il giacobino? Lo po’ pure fa’, ma
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venuto a morire qui. Lo sa bene anche lui
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Logoteta a Palazzo, dove lo Stato Maggiore della Gran
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si farà a ripararli? Lo specchio marmoreo dei pavimenti
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prova stizza tale che lo picchierebbe. ¶ «Elle,» prosegue Ciaia
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Sono gl’Inglesi che lo controllano a dovere. Il
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sorride a Logoteta che lo fissa con occhio severo
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L’amore... Beh.» ¶ Lei lo guarda con curiosità, lui
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m’offre un’occasione lo stesso. Il mio nome
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biondino roseo, sui venticinque: lo sguardo pare addormentato, ma
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poeta?» ¶ A Sanges piace, lo ospita persino, nella sua
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Cirillo? Glielo chiederò, se lo vedo.» ¶ Ma chi si
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pergamena piegato in quattro, lo spiega: al centro v
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ripulita.» ¶ «E voi come lo sapete?» ¶ Esita, tace, si
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salvacondotto». ¶ «E come mai lo possedete voi?» ¶ Cuoco soffre
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disperati. ¶ «La signora Sanfelice lo ha dato al magistrato
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assunto io l’incarico». ¶ Lo considera, attentissima. Lui continua
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di sapere cosa veramente lo muove. Il «Monitore» dovrà
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Il male ricevuto Cuoco lo vendica così. ¶ È vero
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vero? È vero, Cuoco? Lo fissa, lui continua a
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salvacondotto. Infine leva lentamente lo sguardo: infelice, malato. È
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cambiato, tanto cambiato! Ma lo riconosce immediatamente: Luigi. Luigi
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Vuoi caffè?» ¶ «Sì, grazie.» ¶ Lo serve, cercando di star
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perché soltanto adesso? ¶ «Non lo so» gli risponde, con
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andato tutto, dopo? Chi lo sa, chi può sapere
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proprio l’ultimo. Non lo leggerà nessuno. ¶ Con la
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pacchi. Se vuoi, te lo puoi leggere e rileggere
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Dal comò saltano ricordi: lo scialle di vovó, una
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Per farsi ammazzare: chi lo ferma più, quel Ruffo
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l’abbia tolto, se lo sia ripreso. Neppure adesso
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grigi son tutti scompigliati. Lo contempla nel nudo corpo