Lorenzo Viani, Ritorno alla patria, 1930

i fanali in vetta ai bompressi. ¶ I vagoni-bestiame

celeste un verdone intignato. Ai funerali incappato di nero

scimmione scheletrito gli giungevano ai nodelli, la testa gli

cataletto, con l’acqua ai mozzi, parve un barcone

latravano come cagne annodate ai maschi, gli uomini si

insaponata contrapelata collo sputo. Ai detenuti magri gli metteva

facevano il Sant’Antonio ai prevenuti: una rebbiatura di

tutta nodi che serve ai tappezzieri per sbaruffare la

bugiardo, faceva da madre ai ragazzi. La ciurma sortiva

muro dell’orto: Morte ai frati. Finita l’opra

tutti rattenevano il respiro. Ai crocevia egli s’impietriva

e si era dilatato. Ai piedi del cieco nello

Le vittime s’avvinghieranno ai carnefici e di su

sui gradini delle chiese, ai piedi delle croci. ¶ In

scoscendimenti umani, si sollevò ai vertici delle braccia stecchite

disperazione. Lo sguardo palpebrava ai margini della notte eterna

uomo badava a declamare ai neofiti che s’erano

e avvicinandosi ancor più ai neofiti, disse tremulo ¶ — Guardatemi

passi. Le donne assise ai focolari con la lor

agganciate con le code ai palmizi riarsi, giocare a

e smeraldi, s’attorcigliano ai carrubi nani. ¶ Il presentimento

ingiallano di rammarico, vicino ai campi che aravano i

carrubo davano alito pestifero ai mostri in catena. ¶ Quando

di laggiù ma’ mai ai nostri porti ci fosse

era densa e soffocante. Ai tavoli giuocavano, bevevano, fumavano

ragnatura dei tubi aggrovigliati ai pali di ferro, lasciavano

Il Tarmito si soffermava ai portali pesanti, alle Immagini

i loro volti esposti ai marosi che si frangevano

allo scricchiolìo delle murate, ai rantoli delle acque che

alle Indie, all’Arabia, ai Cafri, al Congo alla

La nave s’ormeggiò ai docks. Si presentò con

di vino, uscì insieme ai compagni dirigendosi, senza intesa

le perle al collo, ai pendenti. I saloni rigurgitavano

stella? ¶ — Leontina, cosa dici? ¶ Ai due imenei erano intervenuti

una piccola barca, attraccarono ai docks, scesero a terra

vegetazioni nere e ferruginose, ai bandoni di latta cifrati

colossali, alla strada ferrata, ai fossati, ai ponti, alle

strada ferrata, ai fossati, ai ponti, alle fumate, c

brulicavano sull’impalpo insieme ai groppi della verminaia. ¶ Cesare

mare. Il globo cernierato ai poli girava nel cavo

davano voce e movimento ai fantocci. I ragazzi venditori

che si soglion fare ai vecchi amici quando si

di aver le catene ai piedi, anche le braccia

abbaglianti e nere chiazzate ai vertici di celesti notturni

carne, ansante s’aggrappò ai vilucchi dell’altra sponda

agli alberi, e pervenute ai rami più alti ricadevano

di buio? — domandava atterrita ai contadini che zappavano le

Mercedes. Fuggì atterrito insieme ai gauchos quando, nell’interno

fuochi appiccando le fiamme ai palmeti che bruciavano con

La bocca s’inseriva ai muscoli pellicciai conciati dal

corna e la coda ai gioghi di bambù rigidi

sopportare gli ardori, palpitare ai venti della primavera, quelli

voce di sgomento, rammemoreranuo ai viventi che nel loro

sul recado, in groppa ai cavalli barbari, il vento

Isaia portatosi in mezzo ai carovanieri consegnò a don

potemmo dare la scalata ai Ciamocochi annidatisi sulle piante

terra; le api rientravano ai loro alveari, le farfalle

che davano i tremiti ai tronchi millenari, fu divorata

e dai calzoni ritenuti ai fianchi da una cordella

altri ricevettero la tendenza ai lavori agricoli. Gli indigeni

destrezza dal cranio insieme ai capelli, la riempivano quindi

combattendo, ispiri il valore ai superstiti, lo divelgevano dalle

acque stagnanti, putride, nauseabonde, ai margini di un canale

Canti funebri s’accordarono ai palpiti della selva. Colpi

sedentari, strozzata la circolazione ai timorati, aveva, finalmente, trovato

che s’eran bianchite ai lavacri che rovesciavan dal

speranza e si precipiteranno ai limiti estremi dei loro

il capo sul libro. Ai piedi dell’ometto c

parole — urlò il Tarmito ai due — questa è l

dalla nave e riandava ai giorni remoti in cui

una immensa pietra elevata ai navigatori abissati nel pelago

pendane delle viti appiccate ai tronchi dei gattici. Nel

che sventolavano in testa ai cortei s’ammassavano tutte

che alita nelle selve ai venti di primavera, aveva

fiume in magra che ai colpi dei passi pesanti

e una cenciaia appinzata ai reticolati. Sopra lo scheletro

della Patria, in testa ai cortei dei deportati era

alle cedrine, alle crocette, ai trifogli facevano riposare ognuno

pettirossi fischiavano in vetta ai pioppi, le allodole esplodevano

infrascata dai falaschi, abbaiò ai soldati che passavano come

monti dette i brividi ai tre che si ravvolsero

fiancheggiassero le strade fino ai limiti estremi della sassaia

il quale disse bonario ai tre: — Cosa ne dicono

dalle altre quote, mischiati ai sassi, osservavano il fantastico

che marceranno in testa ai viventi. ¶ La parabola dei

e marceranno in testa ai viventi. ¶ XXXV. ¶ E venne

i prigionieri si tenevano ai costoni; quelli spirati ruzzolavano

davano la peste, commiste ai sudori espandevano nella dolina

pampine grandi festoni intralciati ai pioppi d’eterna alba

campi, poggiate le spalle ai tronchi dei pioppi, seguivano

l’alabastro e rendeva ai capezzoli seccaricci la morbidezza

caldo come le coltri ai risvegli mattutini: il capo

la potenza del felino. ¶ Ai calci degli alberi occhieggiavano

I soldati si aggranfiavano ai ferri del cancello e

pittura — disse il territoriale ai soldati. ¶ — O l’accoccatura