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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Paolo Cognetti, Il ragazzo selvatico, 2013

concordanze di «avevo»

nautoretestoannoconcordanza
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origine di quel male. Avevo trent’anni e mi
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ammalato e fuori piove. Avevo dato molto, e dove
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un vuoto che non avevo mai sperimentato. ¶ In quei
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Fino ai venti ci avevo trascorso tutte le mie
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più assoluta di libertà. Avevo imparato a muovermi lassù
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otto o nove anni avevo cominciato a calpestare i
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fondo, ma a trenta avevo quasi dimenticato com’era
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cielo. Quelle cose le avevo fatte ed erano i
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sentivo di avere perduto. ¶ Avevo messo da parte un
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rimessa a nuovo che avevo preso in affitto. Arrivato
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un periodo che non avevo stabilito, perché non sapevo
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e senza luce. Non avevo nessuna intenzione di sottopormi
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il tempo. Ma adesso avevo freddo, dovevo mettermi addosso
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proprie mani. Io non avevo questo privilegio: la baita
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era la stalla, ora avevo il bagno e la
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ai margini della neve. Avevo preso un libro per
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come uno yeti. Non avevo ancora cominciato a parlare
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mi tenevo compagnia così. ¶ Avevo pensato che il senso
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nella mia cantina non avevo latte ma una pompa
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secoli il terreno che avevo intorno, ricco di sorgenti
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tanto questa storia? Perché avevo bisogno di ripetermi una
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e degli orsi non avevo radici lassù, niente da
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da quando ero bambino. Avevo l’impressione che il
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lo scemo del villaggio: avevo così tanti me tra
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e degli uccelli che avevo osservato, provando come un
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miei movimenti; io invece avevo occhi incapaci di vedere
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saltata sul tavolo che avevo nel prato. C’era
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me. ¶ Durante la nevicata avevo sentito uno schianto forte
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dato problemi, e se avevo abbastanza legna per scaldarmi
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nostro unico incontro gli avevo raccontato che scrivevo, e
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il lago di cui avevo sentito parlare. Era coperto
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sulle rive più scoscese. Avevo pensato di raggiungerlo, ma
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da arrostire. Come pane avevo una piadina croccante, di
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la legna piccola che avevo raccolto nel bosco. Restai
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giri di grappa, io avevo quattordici anni e un
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il punto in cui avevo dormito e, vicino al
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proprio mestiere. ¶ Così ora avevo qualcosa da osservare, oltre
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era l’alpeggio che avevo creduto abbandonato, prima che
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dopo pioveva ancora, e avevo deciso di fare le
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a uova e farina. Avevo cominciato a stendere la
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mi avrebbero obbedito, l’avevo solo visto fare: girai
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a fare lassù. Gli avevo detto che non mi
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guardandosi in giro, perché avevo una cucina vera, un
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tanto la famiglia che avevo lasciato in pianura. Lei
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mi era passato e avevo cominciato a godermi le
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temporale in parete (fischiettare). Avevo imparato così bene che
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pascoli alti: alle sette avevo davanti solo pietraie, i
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miei piedi. Di là avevo passato vent’anni, di
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Monte Rosa che adesso avevo davanti agli occhi, a
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loro, in dialetto, che avevo sentito pronunciare a Remigio
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è una barma?, gli avevo chiesto. Una roccia per
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e le scatolette che avevo in cucina, l’accendino
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e ricominciai a salire. ¶ Avevo idea di passare la
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valle, sul paese che avevo lasciato poche ore prima
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il giornale con cui avevo acceso il fuoco, pensando
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aver nevicato, però non avevo mai visto la neve
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dormire, poi la mattina avevo avuto un’idea delle
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tosta di cui disponevo avevo chiesto ai due custodi
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mi piaceva ma non avevo soldi per pagarmi molti
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cucina. Setacciando la dispensa avevo recuperato del riso, legumi
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era tutto quello che avevo per inventarmi i pasti
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e un libro che avevo trovato in rifugio, la
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le cose del rifugio avevo trovato una canna da
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al chiuso del rifugio avevo una gran voglia di
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che da qualche inverno avevo sentito cominciare a invecchiare
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usarle come esche. Pescare, avevo pescato poche volte nella
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lavo. Dentro lo zaino avevo il bottino della battuta
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alpeggio e timo selvatico. Avevo voglia di preparare un
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attirava la cresta che avevo già cominciato a esplorare
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un metro. Quanti ne avevo già scavalcati così? Cinque
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punto. Qualche ora prima avevo cominciato a sentirmi stanco
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così per il ritorno avevo deciso di cambiare strada
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di cercare scorciatoie. Così avevo cominciato ad attraversare una
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via. Sulla mia destra avevo una catena di cime
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simile a quella che avevo appena compiuto. Era la
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più forte di prima. Avevo imparato a spaccare la
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il fieno; ma non avevo imparato a stare da
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scesa a banchettare. Ne avevo trovati diversi, di camosci
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vita. La botta che avevo preso non faceva troppo
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teschio di stambecco che avevo trovato in giugno, e
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lo zaino nella lavatrice: avevo messo e rimesso gli
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io, liceale di città, avevo finito per rifiutare gli
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Gabriele. No, non l’avevo visto. Era sparito da
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vedevo legato e scalpitante, avevo il permesso di liberarlo
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lo volevo, non l’avevo mai voluto. Uno, mi
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qualcosa di più. Non avevo ancora posato la penna
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aria gelida che tirava avevo la sensazione che non
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torrente che in giugno avevo dovuto guadare togliendomi calze
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ospitalità e d’orgoglio, avevo dovuto sorbirmi anch’io
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eravamo riempiti il muso avevo impiegato due giorni a
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e Lampo al galoppo, avevo perfino imparato a riconoscerli
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a tracolla. Non ci avevo mai pensato, che un
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La lepre di cui avevo avvistato le impronte in
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un tranello che le avevo teso: come poteva distinguere
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lontano. ¶ Nevicava ancora, e avevo appena messo su la
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sono ricordato che non avevo più gas. Nemmeno la
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esatto in cui l’avevo lasciato prima che cominciasse
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eliminarlo. Il bastone l’avevo rotto da poco, attraversando
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incastrato tra due massi, avevo fatto leva per estrarlo
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per estrarlo e crac. Avevo deciso di non cercarmi
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sarebbe servito. In compenso avevo conservato i pezzi di
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vino. Molto divertente, ma avevo imparato a riconoscere le
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della Ghisolfa. Prima però avevo un ultimo progetto da
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del buio. “In casa avevo tre sedie”, scriveva Thoreau
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di nuovo come l’avevo trovato il primo giorno