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Vittorio Alfieri, Bruto primo, 1787

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
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1787
lodi a voi debite, che tutte oramai nel sol
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1787
abbiamo comune fra noi, che l'amor della gloria
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della gloria. ¶ Felice voi, che alla tanta vostra avete
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non per altra cagione, che per potere altamente scrivere
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rendi ¶ quel mio pugnal, che dell'amato sangue ¶ gronda
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foro, è d'uopo ¶ che intero scoppi e il
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mi presta un Dio, ¶ che in cor mi grida
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di Lucrezia il ferro, che ancor stringo. ¶ Pel gran
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muta ¶ doglia tua, più che il mio infiammato dire
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Oh Bruto! il Dio ¶ che parla in te, già
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men forte ¶ al vendicarla, che all'uccidersi ella? ¶ Nel
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fia pur ver, quel che si udì?... ¶ Bruto ¶ Mirate
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vendetta ¶ vive soltanto, infin che a brani ei vegga
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fino al dì soltanto, ¶ che dei Tarquini tutti appien
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libertade ardenti ¶ favilla alcuna, che di lei v'infiammi
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Bruto son io; quei, che gran tempo ¶ stolto credeste
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giunta. ¶ Già di servi (che il foste) uomini farvi
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in Roma. ¶ Popolo ¶ Oh! che udiam noi? Qual maestà
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armati?... ¶ Bruto ¶ Inermi voi? che dite? E che? voi
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voi? che dite? E che? voi dunque ¶ sì mal
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qual fia il Roman, che pria morir non voglia
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morir non voglia, ¶ pria che in Roma o nel
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i nostri petti! — E che temiam, se tutti ¶ vogliam
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Io, nulla dirvi ¶ posso,... che il pianto... la voce
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suo corpo stesso. — Infin che spada io cingo, ¶ finché
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ne avvenga a noi, che a Collatin, se siamo
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ora, è d'uopo, ¶ che chiuder lor della città
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re. Ma, è giusto, ¶ che d'ogni cosa a
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Popolo ¶ Il primo dì che vivrem noi, fia questo
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giurai per essa: io che finora ¶ vil servo fui
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virtude ¶ saranvi omai, più che il servir mio prisco
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la patria quel dì che in Roma io lascio
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all'alto tuo cor, che a noi pur sempre
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d'uopo ¶ di quel che immenso la fortuna or
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e non tremai... ¶ Tito ¶ Che fu? ¶ Bruto ¶ Dove?... ¶ Tiberio
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narrartela vengo. ¶ Bruto ¶ Ancor che lieve, ¶ esser de' pur
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io parte ¶ voluto avrei; che nulla al pari io
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al pari io bramo, ¶ che di star loro a
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loro a fronte. Oh! che non posso ¶ e in
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dirti mi resta. Allor che in fuga ¶ ebbi posti
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tergo udiva ¶ di destrier che correa su l'orme
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Bruto ¶ Al popol, dici: ¶ che, o nulla è Bruto
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porta; ¶ quindi a saper che far sen debba io
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ai senatori incontro; ¶ fa che nel foro il più
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POPOLO, Senatori, e Patrizi, che si van collocando nel
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ascosi umani affetti; ¶ tu che il mio cor vedi
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egli è pur ver, che me stromento hai scelto
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in securtà raccorre ¶ quei che a ragion diserte han
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Roma ogni uom romano, ¶ che nulla escluder dal consesso
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ogni reo, noi stessi; ¶ che più? sforzati, oltre il
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oggi a noi dunque, che alla nobil plebe ¶ riunir
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di soverchiarla in altro, ¶ che nell'odio dei re
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accettiam di virtù. Non che gl'iniqui ¶ espulsi re
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havvi ¶ patto fra noi, che il morir loro, o
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Bruto ¶ Vi piaccia, ¶ quai che sian i suoi detti
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Tarquinio, al primo udir che Roma ¶ tumultuava; e inerme
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Tarquinio stesso, ¶ più re che padre, il suo figliuol
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e ad erger sassi, ¶ che rimarranno monumento eterno ¶ del
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morti cadrem tutti, ¶ pria che in Roma Tarquinio empio
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rieda. ¶ Bruto ¶ — Mamilio, e che? muto, e confuso stai
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ragion non havvi, altra che l'armi. In trono
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In parte è ver, che i loro avi stranieri
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Roma arrecar tesori infami, ¶ che, sparsi ad arte, ammorbatori
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or mandommi un messo, ¶ che ciò m'impone: al
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ardisce ¶ ei rivocar ciò che con Roma intera ¶ mi
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accordati tesori. Andiam... ¶ Mamilio ¶ Che deggio ¶ dunque recare all
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te, puoi molto. ¶ Tiberio ¶ Che dir vuoi tu? ¶ Mamilio
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dir vuoi tu? ¶ Mamilio ¶ Che, se pietade ancora ¶ l
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de' tuoi, sentirla. ¶ Tiberio ¶ Che parli? ¶ Mamilio ¶ A te
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e in breve) più che a lui la tua
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puoi ¶ creder tu forse, che a sussister abbia ¶ questo
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ideale popolar governo? ¶ Tiberio ¶ Che libertade a te impossibil
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io te compiango; ¶ te, che col padre al precipizio
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io riedo. ¶ Tito ¶ E che vuol dir costui? ¶ Mamilio
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da te... ¶ Mamilio ¶ Più che non sai, dirotti. ¶ Tutto
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tu muovi... ¶ Tito ¶ E che sta in te? ¶ Mamilio
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e Roma. ¶ Tiberio ¶ Folle, che parli? ¶ Tito ¶ Io so
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parli? ¶ Tito ¶ Io so che la iniqua speme... ¶ Mamilio
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istessa... ¶ Tiberio ¶ Oh ciel! che ascolto?... ¶ Tito ¶ È ver
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figli di Bruto, ciò che dirvi io voglio. — ¶ S
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l'onor di cosa che arte nulla, ¶ né fatica
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contr'esso è più, che nol sia Roma; e
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la cosa è omai, che, per nessun mio danno
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è la congiura assai, ¶ che nol pensate or voi
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sono il sol nerbo che al ribelle ardire ¶ omai
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ivi securo, ¶ più assai che tu, fra lor starommi
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della madre vostra; ¶ essi, che a Bruto di amistade
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vista! ¶ Tito ¶ Oh cielo! ¶ che mai sarà del padre
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foglio arrechi, ¶ crediate voi che al mio partir sia
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foglio ¶ null'altro importa, che in favor dei nomi
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scabro ¶ passo siam noi. Che far si dee? deh
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Roma... ¶ Mamilio ¶ Or via, che vale ¶ il favellar segreto
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voi. ¶ Tito ¶ Come?... ¶ Tiberio ¶ Che speri?... ¶ Mamilio ¶ Aggiunti ¶ di
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i tutelari Numi, ¶ allor che al re legittimo vi
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per voi raccolto: ¶ or che svanita è affatto, (ancor
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nomi il nostro, ¶ a che ci mena? a che
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che ci mena? a che s'impegnan gli altri
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Tarquinio e Bruto; ¶ nodo, che sol porre or può
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Roma ¶ tosto farete, affin che tosto in Roma ¶ rieda
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mio puro; ei sa, che a ciò mi sforza
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tutti. ¶ Tiberio ¶ Oh ciel! Che fai?... ¶ Tito ¶ Ecco il
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TITO, MAMILIO, TIBERIO ¶ Collatino ¶ Che veggo? ¶ Ancor Mamilio in
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inviolato, ¶ sotto pubblica fé, che pur non merti, ¶ ne
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orribili sventure?... — ¶ Ma, pria che giunga Bruto, a tutto
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ad un regal drappello, ¶ che, al primo aspetto, di
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cacciati gli altri, anzi che il sol cadesse. ¶ Dal
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il foro ¶ ci rivedrà; che d'alte cose a
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il cercheresti indarno. ¶ Bruto ¶ Che mai mi annunzi?... Oh
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marito udirti narrar cosa, ¶ che punta mortalissima nel petto
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ma a tal costo, che quasi... Oh giorno!... Io
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oh cielo!... ¶ forza è che Bruto a Roma tutta
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Collatino ¶ Misero Bruto!... Or che sarà, quand'io ¶ ti
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figli?... ¶ Bruto ¶ Oh ciel! Che ascolto? ¶ Mi agghiacci il
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Il cor mi trema. ¶ Che miro io qui? di
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Roma ¶ consol non men che cittadin, tu sei. — ¶ Littori
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meglio era, o Bruto, che morir me solo ¶ lasciassi
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certo ¶ di Giove, somma, che scoperto volle ¶ un sì
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ma forza è pur, che te lo sveli io
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lo sveli io pria, ¶ che in tua magion tu
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vita a Roma, anzi che a Bruto morte. ¶ Collatino
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Un foglio è questo, ¶ che ai proscritti Tarquini riportava
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avea sì ben Mamilio, che noi presi ¶ dall'arti
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pena: ma la sola ¶ che noi temiamo, e che
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che noi temiamo, e che insoffribil fora, ¶ (l'odio
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ne attesto, e giuro, ¶ che niun di noi la
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giudice severo, ¶ attesta almen, che noi del tutto indegni
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Oh figli! oh figli!... ¶ — Che dico io figli? il
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con voi servo, ¶ allor che stava in vostra man
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stolti voi! più ancor che iniqui, stolti! ¶ creder poteste
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stolti! ¶ creder poteste mai, che in cor d'espulso
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tiranno, altro allignar potesse, ¶ che fera sete di vendetta
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in cuore ¶ nasceami speme, che per noi sottratto ¶ dalla
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noi ciò promettea. ¶ Bruto ¶ Che festi? ¶ Che festi? oh
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promettea. ¶ Bruto ¶ Che festi? ¶ Che festi? oh cielo! — Ah
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noi fu il padre, che la patria nostra: ¶ sì
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di Bruto foste, ¶ più che di Roma, figli! In
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il mio ¶ stesso tremar, che a tremare insegnovvi. ¶ Ah
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oh ciel! perché scordarvi, ¶ che a sottrar Bruto dall
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espressamente or forse ¶ volea, che base a libertà perenne
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troppo! io sono, ¶ più che console, padre... Entro ogni
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Numi ¶ di pria morir che mai tornarne al vile
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Tarquini, ¶ ma ogni uom, che farsi delle leggi osasse
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possenti e chiari ¶ cittadini; che infami, empi, spergiuri, ¶ han
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Più la clemenza assai, che la severa ¶ giustizia vostra
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suo fiele. ¶ Popolo ¶ Quai che pur sien, son traditor
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città novella, ¶ vuol libertà che tronchi sieno i primi
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convinti ¶ pur troppo omai, che alla patrizia gente ¶ questo
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men dolenti d'esserlo, che voi; ¶ noi quindi al
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Ah! voglia ¶ il ciel, che i pochi dal servir
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ov'è? ¶ Collatino ¶ Pria che sorgesser l'ombre, ¶ fuor
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io trarre il fea: che salvo ¶ il sacro dritto
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darem noi loro, affin che a danno espresso ¶ se
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dei tiranni in mano, ¶ che non il ferro. ¶ Popolo
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nostro perciò l'altrui? che cal dell'oro ¶ a
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dell'oro ¶ a noi, che al fianco brando, e
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Di pianto pregni ¶ par che abbia gli occhi; ancor
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abbia gli occhi; ancor che asciutto e fero ¶ lo
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Oh cielo!... ¶ Valerio ¶ Ma che fia mai? Liberator di
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udrete, il dolor stesso ¶ che il cuor mi squarcia
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confessava il perfido, atterrito, ¶ che avean giurato i cittadin
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posso ¶ questi nomi. ¶ Valerio ¶ Che veggio?... Oh fera lista
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davante, or ora... ¶ Valerio ¶ Che val, ch'io dunque
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non conosce in Roma, ¶ che i cittadini; e più
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Silenzio universale ¶ Bruto ¶ — Ma che? d'orror veggio agghiacciata
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affetti, ¶ ed il pianto, (che uscir da roman ciglio
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per Roma. — O voi, che, nata appena ¶ la patria
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grido, ¶ il popol re. Che più s'indugia? ¶ Silenzio
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popolo si vuole. ¶ Popol che solo alle tremende e
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altro ¶ mai si preval, che della ignuda legge. ¶ Collatino
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Ei lor fea credere, che il tutto ¶ dei Tarquini
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duo soli... ¶ Bruto ¶ Oimè! che ascolto?... ah! voce ¶ di
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giusti, liberi, forti, e che? per base ¶ una ingiustizia
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il pare. ¶ Più assai che giusto, or Collatin pietoso
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due discolpò, col dir che il padre ¶ volean salvar
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perder la patria, innanzi ¶ che i lor congiunti, vollero
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l'uom più infelice, che sia nato mai.Cade