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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Egisto Roggero, L'eredità del genio, 1898

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
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Arturo. ¶ A te, più che fratel mio amico, che
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che fratel mio amico, che tanto hai con me
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il gruppo degli amici che si allontanavano, parlando e
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una delle lunghe vie che mettono capo nella piazza
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Prese una breve viuzza che lo condusse alle nuove
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alla balaustra di marmo che dava sulla ampia distesa
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dava sulla ampia distesa che veniva a baciare la
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difeso l'idealista appassionato che sacrificava al soffio supremo
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memoria. La stessa voce che ora, lì, dinanzi al
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vita oscura e povera, che avea posto al suo
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nel san-gue. Ricorda che è destino che il
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Ricorda che è destino che il figlio prosegua quello
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il figlio prosegua quello che il padre ha cominciato
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l'aman quegli altri che ne sono felici... Tu
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la figlia della donna che tanto ha fatto dolorare
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marmo, davanti al mare che venia a baciare dolcemente
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No, la fatal legge che per lui sgomentava suo
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ne l'ombra discreta che lo proteggeva. Il breve
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voce della piccola fonte che tra gli arbusti sola
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un momento alla cancellata. Che faceva la dolce amica
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e della cara visione,... Che silenzio, intorno, che pace
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visione,... Che silenzio, intorno, che pace, che quiete!.... Poi
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silenzio, intorno, che pace, che quiete!.... Poi scosse la
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fuori: e la luce che giallastra filtrava tra i
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nervose dita di Marino che ne lacerasse l'involucro
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ne lacerasse l'involucro che tenea celato il foglio
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momenti, e la gaiezza che venia da gli occhi
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in volto e accigliato che mai. ¶ Di fuori il
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quadro del padre: più che un quadro era un
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paese lontano? dello scopo che lo teneva là, così
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l'abbandono della donna che aveva amato, dopo la
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compagnia con il padre che gli parlava come ad
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entusiasmo, il sacro fuoco che spinge innanzi, ardentemente, il
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con lo stesso scoramento che il vecchio artista padre
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ricordo del nome glorioso che portava in arte. Qualche
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da lui l'opera, che lo affermasse. ¶ Ma l
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egli sentiva più vivo che mai quel sentimento di
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quel sentimento di vuoto che da' primi suoi anni
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angosciosa dalla madre sua, che non paga di essere
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suo letto di morte che questo non sarebbe avvenuto
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dottor Fausti. ¶ E prima che Marino avesse avuto il
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deciso di seguire ciò che io ti ho prescritto
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finchè sei in tempo. Chè, se ritardi.... io non
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grigiore ed il tedio che sin'allora avea oppresso
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Ah, è di Caròla che ti chiama per questa
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grande fascio di luce, che mettea bagliori di rame
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il raggio di sole che veniva dall'aperto balcone
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Marino si guardò intorno. ¶ Che freddo, che vuoto, in
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guardò intorno. ¶ Che freddo, che vuoto, in ogni angolo
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tutto quanto lo circondava! ¶ Che triste resultato avea avuto
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lasciò cadere i fiori che le si sparsero ai
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pallida. ¶ - Mi hanno detto che partite. È vero? ¶ - Si
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Lo sapevo.... e temendo che questa sera non veniste
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La strada sul mare - che il mare bacia con
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tenerezza quando è lieto, che flagella furiosamente quando è
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allora, in quei giorni che il cuore ora piangeva
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frasi ironiche e cattive che la dovevano ferire, che
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che la dovevano ferire, che l'avrebbero fatta soffrire
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l'avrebbero fatta soffrire, che non avrebbe dovuto mai
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tanto! - ella non aveva che timore.... e di qualcuno
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volto: constretta dal vento che ne scompigliava le succinte
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iscorsi, in quell'istante, che errare il sorriso, il
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seppe dirmi. Perchè parlare? Che cosa dire? Non sapevano
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attimo doloroso e ineffabile. Che cosa dissi? Non so
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A un tratto ella, che smarrita e tremante aveva
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guardò paurosa, indietro. Compresi che l'attimo ineffabile stava
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aprì le pallide labbra. Che cosa disse? Fra il
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sotto le folte pelliccie che la celavano pietosamente. Ella
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sapeva. Io non ricordava che lo schianto enorme alla
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presto.... Alberto, io vorrei che mia figlia non mi
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fanciulla venne. Fui io che andai ad attenderla alla
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giorni. Era lei, quella che tanto avea amato, lei
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nel sole; ed io, che subito la riconobbi, me
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dissi inchinandomi - sono io che debbo condurla dalla sua
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A fianco della inferma che se ne moriva lentamente
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a godere del sole che empieva di calda luminosità
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pallidi figli del nord che imploravan dalla vivida brezza
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cieca poesia della giovinetta che ama per la prima
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io il primo uomo che avea fatto vibrare la
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non aveva più altri che me. ¶ * ¶ * * ¶ E fu, quella
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quella sera - appena morta - che il pensiero orrendo mi
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ella non era stata che mia! Ripensando, calcolando, sentii
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la fede di nascita che mi confermò terribilmente nel
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mio?.... Il sangue ardente che le correa nelle vene
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sapeva ella? Oppure ella che tutto sapeva per un
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grande voce della Natura che sin dal primo giorno
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sin dal primo giorno che io avea veduto quella
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Aveva dunque ella voluto che la fine di quell
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confessare tutto alla giovinetta, che pura e ignara mi
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il suo amore - quello che a venti anni avea
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avea sì dolorosamente perduto - che sempre era rimasto, latente
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il mio essere - e che ora avea sognato rinovellato
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misfatto?.... ¶ E fu così che finì per sempre, ineluttabilmente
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lui. ¶ Egli avea voluto che la vedessi, che le
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voluto che la vedessi, che le parlassi, che le
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vedessi, che le parlassi, che le dicessi di lui
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forma e del senso - che con l'ebbrezza del
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male, il terribile male che lo tenea ora inchiodato
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rievocazione dell'infelice amico, che pur avea avuto lampi
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fermare. ¶ Era più fulgente che mai nella nera, elegantissima
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nella nera, elegantissima acconciatura che ne modellava il corpo
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meritato il superbo nome che le avevan dato di
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tutto.... Eppur non ha che uni lamento.... non ha
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uni lamento.... non ha che un desiderio.... ¶ La bellissima
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non vuole, non desidera che voi. ¶ Ella mormorò. ¶ - È
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ancora la testa. ¶ - Pensate che vi ha amato.... che
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che vi ha amato.... che vi ha dato l
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nel suo lettuccio miserabile, che la chiamava piangente, come
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il fascino del fiore che passa, la voluttà dell
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sul fiocco di neve che lasciò nudo il collo
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una le candide trine che ne celavano il corpo
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sala non era più che una immensa ondata di
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appariva più oltre involta che da un leggero velo