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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giovan Battista Marino, Gerusalemme distrutta, 1633

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
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e i chiusi affetti ¶ che nel centro del cor
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di luce in ciel, che sempre immota ¶ passion mai
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Angioli et alme. ¶ Folle, che tento? e qual mai
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regga l’ale ¶ sì che io non caggia e
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Paradiso; ¶ quel non so che distinto e pure unito
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confuso e non diviso, ¶ che, non mosso e non
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move e cria ¶ quel che fu, quel che è
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quel che fu, quel che è sempre e quel
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è sempre e quel che fia. ¶ L’eternità gli
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e fida ancella, ¶ donna che tutto può, sotto gli
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compagna, anzi gemella, ¶ virtù che tutto ancor vede e
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dispensa, ¶ torrente di piacer che non vien meno. ¶ Mill
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meglio s’adora assai che non s’intende; ¶ sì
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e sì sublime ¶ più che stil roco umil silenzio
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del gigante del Ciel, che tanto salse ¶ quando per
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più segni et indovino ¶ che presso è di Sion
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ove restin sepolti anzi che morti; ¶ e con l
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eterno. ¶ Ma nol farà, che al mostruoso artiglio ¶ vo
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al mostruoso artiglio ¶ vo’ che del mar sian tolti
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lo stuolo ebreo quella che ’l fiede ¶ piaga mortal
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sa, cieco non vede ¶ che de l’alta mia
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e tempo è ben che ’l mar fiero e
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affretti. ¶ Più non convien che ’l popolo indurato ¶ a
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penitenza intempestiva aspetti, ¶ né che scampo al suo mal
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refugio ¶ la profana magion. Che dunque indugio? ¶ Già non
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e sì chiaro folgorò che ’l sole, ¶ il sol
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catalogo gli offerse, ¶ sì che distintamente e in un
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popolo ingrato, incredulo lignaggio, ¶ che de l’Egitto, al
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rigido servaggio. ¶ Mandagli allor che più sen va disperso
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Ciel le palme. ¶ Vede che tutte avea pur queste
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sua crudel malvagità natia ¶ che l’eterna progenie, allor
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l’eterna progenie, allor che prese ¶ spoglia terrestre in
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rivolse il ciglio. ¶ Oh che raggi, oh che lampi
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Oh che raggi, oh che lampi, oh quanta e
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adorar come dea non che divina. ¶ Or colà su
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si volse e «Sosterrai che pèra ¶ da peregrino incendio
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or peccatrice non pentita? ¶ Che non l’impetri almen
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dunque e riverito tempio, ¶ che pur tempio è di
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è di Dio, verrà che caggia? ¶ Quel già del
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sol pregh’io, te che non pur soccorri ¶ ma
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sol di sua fierezza, ¶ che l’avesti bambin sott
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e declini, ¶ né sol che il suo voler voler
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già fisso in Ciel che i tetti indegni ¶ e
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alme rubelle e contumaci ¶ che smarrito or del Ciel
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del Ciel, non aspettar che scenda ¶ l’irreparabil colpo
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ne’ castighi parco, ¶ tu che con gl’occhi santi
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sue di non so che conteste ¶ ha quel ricco
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conteste ¶ ha quel ricco che ’l copre abito santo
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sol, se ’l sol, che dal celeste ¶ Sole ha
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per manto: ¶ riluce sì che la sua luce il
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mi stringe e con che voglie ardenti ¶ per la
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sentenza rapida e veloce, ¶ che la Giudea, ch’or
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dura ¶ selce quel cor che tu non rompi o
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e ’l foco geli, ¶ che nascan nuovi mondi e
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chieder degg’io ciò che da me tu chiedi
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sì soave et odorata, ¶ che di candido cor croce
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Ciel, tu santa anzi che nata, ¶ né prego se
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E dritto è ben che se tu don gli
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procelloso mar meco corresti ¶ che tu sia meco or
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tu sia meco or che nel porto io sono
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in terra. ¶ Pregoti sol che ramentar tu voglia ¶ quando
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uopo non è narrarte, ¶ che meco fosti e de
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or l’eterna spade ¶ che, ben che tardi, è
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eterna spade ¶ che, ben che tardi, è ben dover
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tardi, è ben dover che cada». ¶ Oltre seguir volea
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nacque nel cor pira che nascesse, ¶ «Pace, pace e
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furori il volo; ¶ e che non puote in me
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sospeso. ¶ Non sia però che l’Angel mio rubello
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suo ardimento abbia disteso, ¶ che ’l deluso da lui
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gli ordini canori ¶ spirto che fermo in lui lo
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più vicino al Sol che ’l sole alluma ¶ di
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popolo innumerabile si spande ¶ che di Lui sol si
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seggio suo nove ghirlande, ¶ che non caduco april d
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alcun ve n’ha che de l’umana gregge
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dentro a quei confin che lor natura ¶ prescrisse a
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l’infernal tiranno ¶ frena, che ’l nostro mal sempre
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invia, ¶ e vie più che ’l balen veloci e
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qual fu la vera ¶ che del mostro superbo il
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rote i vanni, ¶ lieti che fren ritrovi a i
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canoro in man ritoglie, ¶ che perni ha di topazio
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ch’Orto non hai, che non conosci Occaso, ¶ te
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l tutto sai. ¶ Quel che far non si può
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l’ali leggiadre, ¶ e che non prenda ad emular
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questo fu il lampo ¶ che con fulmine tratto il
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onnipotente regna ¶ se poter, che n’abbiate, i suoi
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decreti ¶ non fia giamai che circoscriva o vieti? ¶ Voi
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voi le giuste mete ¶ che la legge di Dio
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Austri ancor disciolti avete, ¶ che ’l sommo Re ne
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e genitor de’ fiori, ¶ che rabuffato il crin, orrido
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navi il divin messo ¶ che perduta nel mar non
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a ricettar quel seme, ¶ che copulati insieme ¶ stillar deveanirà
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l proprio oltraggio. ¶ Chi che val non intero e
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mistura viril trastullo obliquo, ¶ che grida foco e chier
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il violato esangue. ¶ Beltà che tosto langue, ¶ fior cui
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v’ha pur tal che a le proterve voglie
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S’egli è ver che d’amor come di
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nasce ¶ quel soave desir che ’n noi si cria
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desia, ¶ qual esser può che sia ¶ dolcezza ove si
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riso? ¶ Ove quel ben che t’innamora e piace
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aborre il guardo umano ¶ che farà quel che da
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umano ¶ che farà quel che da le stelle il
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Forsennato, e non pensi ¶ che ’l tuo custode allor
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puro innocente, occhio gentile, ¶ che cosa immonda e vile
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ira: ¶ dritto ben fia, che pien di giusto zelo
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in cielo, ¶ deh, poi che sì de la licenza
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a volto, ¶ bella donna che t’ami in braccio
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d’amore ¶ amar beltà che a le tue voglie
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de la gioia egual che teco prende ¶ quanto a
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abbraccia. ¶ Ella, come colei che a questo è nata
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di piacerti sol par che le piaccia, ¶ teco lieta
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rinovella, ¶ né temer puoi che qual balen che fugge
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puoi che qual balen che fugge, ¶ o come a
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e fiere ¶ voglie più che infernali, ebbro appetito, ¶ non
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ma furore, e te, che sai ¶ ciò che soffri
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te, che sai ¶ ciò che soffri e che fai
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ciò che soffri e che fai ¶ di mal sì
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ti veda il sole, ¶ che di sì scelerato atto