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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «ci»

nautoretestoannoconcordanza
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1950
in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi
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un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un
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vuol dire? Un paese ci vuole, non fosse che
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che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
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occhio e quando posso ci scappo da Genova, mi
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nessuno; ai miei tempi ci si veniva di rado
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cosa da aggiustare. Perché ci dev’essere chi non
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Non sai quanti meschini ci sono ancora su queste
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adesso siamo uomini e ci conosciamo; ma prima, ai
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dei sarmenti rotti. ¶ – Tu ci avevi la passione, – gli
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ti piacevano. Sul ballo ci passano tutte. ¶ Nuto ha
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venduta. ¶ Dissi: – Un giorno ci andrò. Sono tornato. ¶ III
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fare i giardinieri, piuttosto. Ci trovai dei piemontesi e
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lampioni di San Francisco. Ci andai, feci un mese
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chiunque. Ritornai sulle colline. ¶ Ci vivevo da un pezzo
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la saliva. Da quando ci eravamo rivisti non mi
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piú male che bene. Ci vorrebbero dei comunisti non
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ho vista dappertutto, – dissi. – Ci sono dei paesi dove
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No, – disse Nuto, – se ci andavo, mi bruciavano la
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aveva detto sua mamma. Ci credevo. Era Nuto. Soltanto
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piace, sa un odore: ci sono dentro anch’io
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io a quest’odore, ci sono dentro tante vendemmie
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anni ma che adesso ci vorrebbe uno scasso, un
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Poi dicono i villani ci rubano, i villani sono
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due rialti erbosi. Adesso ci avevano messo delle pietre
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era morta. ¶ Il ragazzo ci ascoltava appoggiato al muro
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tanto che l’occhio ci spaziava, quella campagna era
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la donna nera che ci osservava dall’aia. Mi
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lontane, gli raccontai chi ci stava una volta, quali
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una volta – adesso non ci sono piú – da Gaminella
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voleva Cinto, malediceva Cinto, ci fece sorridere. Si sente
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chiesi – anche in casa ci avevano lavorato? Quando ci
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ci avevano lavorato? Quando ci stavo io, c’era
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stavano le donne. Loro, ci devono pensare. Guardò su
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campagne, per farla fruttare ci sarebbero volute delle braccia
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me. Io e Cinto ci guardammo ridendo, senza parlare
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allora nella riva e ci sembrava piú buona delle
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dopo che la capra ci aveva portati in giro
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Cinto mi disse che ci andava. Allora m’incamminai
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fuori mano. Io invece ci passavo sovente e capitava
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di là dalle colline ci fosse un paese piú
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di una parola e ci allontanammo per la piazza
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se permette, quegli alberi… ¶ Ci andai subito, per levargli
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averne, un morto che ci si rassegna, che ci
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ci si rassegna, che ci si pensa con fiducia
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le campagne, – gli dissi, – ci vorrebbe un pezzo di
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canneto del ponte. Qui ci avevo giocato anch’io
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dice che una volta ci bruciavano delle fascine. ¶ Il
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ha fatto il falò? Ci sarebbe bisogno di pioggia
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per creanza o perché ci stesse volentieri. Certo, quando
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come lui. E dentro ci sono i banchi per
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e che per lui ci sarebbe voluta una cascina
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bambino, ma poi cresce. Ci saranno le ragazze… Vuoi
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Ma, Nuto, – dissi, – non ci crede neanche Cinto. ¶ Eppure
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le strade di Genova – ci camminavo nel mezzo e
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stradone e nelle cascine ci stavo meglio, ma neanche
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e le rive che ci sbucavano. Mi piaceva perché
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lucertole velenose e millepiedi; ci regnava il serpente. Cominciarono
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era facile capacitarsi che ci fosse stata un’epoca
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tutto il lavoro che ci avevano messo. Lasciare la
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stazione 37 quella sera non ci arrivavano certo. ¶ Anche questi
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s’intendevano. Bisogna che ci vada nel Messico, dicevo
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quel segretario di Canelli. Ci fu uno che disse
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uno di questi ragazzi ci sia stato e possa
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ragazzo quando la Virgilia ci portava a messa, credevo
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avevo abbastanza, che cosa ci trovavo in questi paesacci
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Andiamocene fuori dai piedi. ¶ Ci arrampicammo per il Salto
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della casa dello Spirita. Ci venivamo in novembre a
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alle Ca’ Nere non ci torna?… ¶ Ci sedemmo all
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Nere non ci torna?… ¶ Ci sedemmo all’ombra di
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hai fatto il partigiano? ci sei stato? ¶ Nuto trangugiò
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E le ragazze? Quando ci penso, mi gira il
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quel cortile cosí grande – ci si stava in tanti
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Perfino la grandine, che ci aveva pelato la vigna
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in qualche posto andremo. – Ci fosse ancora tua mamma
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fiera e il massaro ci guadagnava i suoi marenghi
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con le donne non ci stava molto; era quasi
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nemmeno in paese lui ci andava volentieri, preferiva ascoltare
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e quei gerani che ci sono ancora adesso. Qui
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un peperone e sopra ci beveva il vino buono
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quel campo, quanto concime ci voleva per quel prato
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che serviva il caffè ci diceva che il sor
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per un pezzo non ci salii, mi faceva troppa
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ai miei soci e ci trovavamo sulle rive dell
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l’invidia disse che ci avrebbe fatto la spia
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inverno stava in Alba. Ci prendevamo a sassate, ma
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donne lavorando nei campi ci vedevano, e allora cosí
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e a noi non ci toccava spartire. ¶ Il Valino
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drogano e si sparano? Ci sono dei vizi che
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sto cane – e non ci tenne in cortile neanche
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saccone contro il muro, ci stava rannicchiata di fianco
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Con gli occhi fermi ci guardò sulla porta, e
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Mi guardò per traverso. – Ci tocca a tutte, – disse
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col fagotto d’erba. Ci veniva incontro arrancando e
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poteva farne? Ma stavolta ci fermammo e fu Nuto
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al Salto? Ti piacerebbe. Ci sono i banchi, le
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mondo storpiato cosí… Che ci sta a fare? ¶ XVII
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volta fosse quando non ci stavo ancora, l’autunno
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va questo mondo. Non ci avevo mai pensato prima
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ma la volta che ci trovai Nuto fu come
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studiavo quante biglie colorate ci stanno in due soldi
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la portavamo sul Salto, ci mettevamo tra le canne
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asciugandosi la bocca, – ma ci sono altri sei giorni
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cosa che l’Emilia ci aveva detto di Silvia
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traino… ¶ – Ha detto che ci pensa il massaro. ¶ Il
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compravo l’ocarina. – Non ci riesco a imparare a
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due dentro. Ma adesso ci aveva pensato il governo
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gare del pallone non ci metteva mai becco, fatto
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suo piede era impossibile, ci sarebbe voluta una moto
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dirgli «E tu non ci vai?» ma sulla porta
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stato il gatto, e ci versai un po’ d
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Emilia, con tutti, come ci fossi stato. A cena
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fossi stato. A cena ci fu ancora da bere
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era bello che adesso ci fossimo tutti. L’indomani
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fossimo tutti. L’indomani ci saremmo svegliati, saremmo usciti
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piccionaia, una soffitta che ci si saliva per la
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che le donne non ci fan caso neanche loro
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la musica d’Irene ci stava, era fatta per
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il fagotto. ¶ – Io non ci torno al paese, – dissi
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sul serio. «Perché qui ci sei tu», potevo dirle
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era stato anche Nuto, ci venivano tutti – di Genova
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fermano a Genova volentieri, ci vengono apposta. Io un
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nessuno del mio paese ci sia mai stato». ¶ Teresa
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Io a queste cose ci pensavo soltanto quando avevo
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tempo clandestino, per chi ci avesse ancora gusto – e
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ginocchia, corrugando la fronte. ¶ – Ci ho pensato, – disse, con
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brune – le ho cercate, ci ho speso dietro molti
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uomo e una casa. Ci sono molte contadine in
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non ancora vere signore. Ci stavan male, poverette – ci
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Ci stavan male, poverette – ci sono morte. ¶ Io capii
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venne vendemmia e non ci pensai piú. Ma bastò
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cattiva, s’offendevano e ci soffrivano, desideravano delle cose
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Soltanto, essendo tra donne, ci soffrivano. E poi loro
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nemmeno dietro alla Santina ci stavano volentieri. Si capisce
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il mantello sulla faccia, ci disse di stare attenti
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punto i due sigari ci cadevano ai piedi, nella
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tra i denti. ¶ Sempre ci pensavo, e chiedevo anche
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era possibile, perché Arturo ci stava attento e comandava
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io solo alla Mora. Ci fu un mese – c
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mettessimo sul cavallo e ci dava calci, noi dicevamo
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noialtri, poi, guardandoci mentre ci parlava, guardandoci negli occhi
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Irene. E Nuto non ci pensava perché ormai suonava
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Nido s’era riaperto, ci fu una cena a
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fare una passeggiata. Irene ci andava. ¶ Io dai fagioli
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su con le ragazze, ci rubavamo la polenta, dormivamo
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e il municipio non ci pagava piú lo scudo
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Cosa vuoi? la contessa ci tiene molto… Non può
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in festa alla Stazione… Ci troverebbe i suoi servitori
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dice, la verità. Se ci pensi alla verità, vieni
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garzone, – diceva Silvia. ¶ Ma ci fu la volta che
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voglio andarmene, scappare… Non ci credo, non ci credo
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Non ci credo, non ci credo, non ci credo
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non ci credo, non ci credo… ¶ Quel maledetto ferro
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se davvero quell’Arturo ci aveva fatto l’amore
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Io sono nato cosí». ¶ Ci soffriva anche Irene. Lei
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che al Nido non ci fossero pianoforti, che la
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detto: – State attente, ragazze. Ci sono dei vecchi che
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anche con me. ¶ Irene ci soffriva, anche. Quel contino
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poteva arrivare, ma loro ci andavano a piedi e
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Matteo. Quel settembre quando ci mettemmo a vendemmiare, vennero
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aveva il tifo e ci moriva. Mandarono Santina in
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non lo sanno, non ci pensano. Magari c’è
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meraviglia dell’altro e ci versava da bere a
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a Genova quell’inverno ci avevo creduto e quante
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un ragazzo: zoppicava e ci correva incontro. Mentre capivo
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nella vigna, – gli dissi. – Ci fermiamo sulla strada, e
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in cucina, le donne ci offrirono da bere; gli
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insonnolito. ¶ Il giorno dopo ci fu da farsi brutto
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trifoglio. Il prete non ci venne perché – ripensandoci – anche
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per quanto tutti dicessero, ci soffrí meno. Silvia era
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di Santo Stefano, e ci passava le notti. Silvia
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e un altr’anno ci sarebbe andata anche lei
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villa di conoscenti e ci facevano le merende. Quella
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le merende. Quella volta ci fecero cena, e lei
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Fu l’Emilia che ci disse che Silvia era
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Consiglio anche tu? Anguilla ci porta e guarda il
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padroni non li sapevo. Ci voltammo a guardare il
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Il Bizzarro della Stazione ci fermò sulla porta e
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fermò sulla porta e ci disse di fare la
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come un gatto. – Silenzio, – ci dissero, – vedrai che la
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madonna usciva allora. Nuto ci strizzò l'occhio, sputò
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sciarpe, il cestino. ¶ Poi ci fu la corsa, e
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ricordai del Buon Consiglio. ¶ – Ci sono andato una volta
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dice tante. Alla Mora ci stava già Nicoletto, e
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brigate nere. ¶ XXXII. ¶ Non ci aveva creduto. Fino alla
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Fino alla fine non ci aveva creduto. La vide
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ne aveva bisogno. Quando ci fu il rastrellamento di
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era piccolo, annebbiato, lontano, ci stavano intorno soltanto costoni
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cosí larga? – mi disse. ¶ Ci fermammo in co’ d
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Nuto disse in fretta: – Ci sono stati i partigiani
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ancora gola a troppi. Ci pensò Baracca. Fece tagliare
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fin che bastò. Poi ci versammo la benzina e
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cima, chi sa dove, ci sono altre vigne, altri