Domenico di Giovanni, [Sonetti], 1449?

pagonazza, ¶ E gli artigli col becco d'un grifalco

degli struzzoli, ¶ Fagli pestar col sugo del Marrobbio, ¶ E

appuntato ¶ Da un Notaio, col fucile a lato, ¶ Che

molto del sicuro, ¶ Perchè col piè puntellan prima il

A pigliar le farfalle col balestro, ¶ S'ei non

legge Imperiale, ¶ Dormendo fuor col capo sul primaccio; ¶ Dicono

se 'l pan fresco col caldo si cuoce, ¶ Perc

non ci sono; ¶ Vonne col forzeretto un quarto, o

tal tesoro, ¶ Che lordarlo col Miccio non si suole

Smeria in conclavi è col prete, ¶ E 'l caso

agrume, ¶ Nè sparpagli freddò col cul di Gallo ¶ In

vidde in tal travaglio, ¶ Col tavolin del fico mi

villa; ¶ E la gatta col topo si tranquilla, ¶ O

Licch, ¶ Parlar gran pezzo col Repole in greco, ¶ Perchè

una pelle di spinoso, ¶ Col pelo in verso te

chiavistelli ¶ Andando a procession col capo basso, ¶ Per non

partir dalla marra, ¶ Qual col falcion, qual colla scimitarra

qual colla scimitarra, ¶ Qual col targon pareva una testuggine

A consigliar s'andaron col tre piè. ¶ Poi molti

molto afflitto, ¶ Che faceva col capo, billi, billi, ¶ Tutto

CXXXII ¶ La Poesìa combatte col Rasojo, ¶ E spesso hanno

quel viaggio, ¶ Sempre parlò col cul d'ogni linguaggio

condito i dì neri ¶ Col cuffion del Notajo del

Nol trarresti de' fessi col coltello. ¶ Torniamo al Giubberello

Mangiando fave senza pan col guscio. ¶ E ne facevan

ne facevan dispietato isguscio, ¶ Col mento, petto, e ugne

Valdinera, ¶ Io ti farei col cavolo stasera. ¶ CXLVIII ¶ Ficcami

inchiostro un fiaschettino; ¶ Mandamel col mangiar, che paja vino

sfacciate, ¶ Che n'andate col collo discoperto; ¶ Quando v

è tornati, ¶ E van col capo chino, e colle

a Barbialla, ¶ E tutti col Buezio in su la

Che l'apparò insieme col Vannino ¶ In Atene, ove

se te ne cale ¶ Col lume in mano, e

aggrinzando il volticel vecchile, ¶ Col borbottar mi partì lagrimando

uscio ¶ Cacando fave riconcie col guscio. ¶ CLXXXI ¶ Io non

ch'io son quassù col Mica Amieri, ¶ Dico nel

i panni alzati, e col brigante addosso, ¶ Tu non

Berebbe una vendemmia sol col fiuto: ¶ Egli è di

afflitto, spento, e sfigurato ¶ Col capo grullo, e scoppiate

fanciulli il chiaman già col corno: ¶ Fa' di darci

Quivi in un magazzin, col gran Cornacchio, ¶ Le cui

Che ti fece azzuffar col pecorino, ¶ Per la quistion

bastardo, che ti prese ¶ Col tuo Cognato, là in

che par delle librettine, ¶ Col collo torto strabuzzando gli

fu detto: cala, cala ¶ Col tuo buffon da feccia

Arezzo; e bolli insieme col vin bianco. ¶ E fà

dei capponi ordina sì col cuoco, ¶ Che non sien

di tre raginioli ¶ Cotti col rezzo in su d

torrai di ragnateli ¶ Cotti col foco di tre fusajoli

torrai de' chiavistelli, ¶ E col fumo gli fà bollir

di sermenti; ¶ E stemperaila col fumo d'un miccio

sugo di pale, ¶ Cotte col bujo, e col lume

Cotte col bujo, e col lume di luna, ¶ E

sotto a vil matricola ¶ Col viso vò per ischivar

Ciascun tuo bene, e col ben dire sprona ¶ Il

intanto Brun ti gitterà col macco: ¶ Ma pure un

divenuto, ¶ E Belletri scrignuto ¶ Col Porcellan che predica il

ci è chi presta col pegno a mancina ¶ A

piumaccio me ne stò col manco ¶ Braccio, per non

per non potervi star col ritto, ¶ E della pancia

Zanze conzon, e non col sacro Danti. ¶ CCCXXVIII ¶ Sappi

i terracriepi in erba ¶ Col succhio del mellone in