Ada Negri, Il dono, 1936

Luca, ¶ e, piú lungi, dal Carmine. Se schiudo, ¶ torpida

il risorgere di Lazzaro ¶ dal sepolcro di pietra. Ecco

laggiú negli acquitrini. ¶ Sgorga dal cuore della terra: terra

anima ¶ a pena sciolta dal suo vel di carne

nube parea, calata giú dal cielo ¶ per gioco, e

alto ¶ chiosco che mira, dal giardino, i campi ¶ via

incanto, ¶ scuotere non potrò dal grembo i fiori, ¶ inerte

d'un solco che dal vomere scoperto ¶ sia questa

Il suo linguaggio ¶ sale dal fondo ove la via

dell'ali vere. ¶ Traggon dal nulla, scrivono col nulla

sordo schianto mi strappò dal sogno, ¶ percotendomi il petto

sole. ¶ Pur ti ravviso dal tuo riso d'oro

Sorge la luna tonda ¶ dal monte: un'altra luna

maschietti a me nati dal giovine amore. ¶ Ma io

nascesti, come ognun nasce, dal sangue. ¶ Fosti bimba, e

e fanciulla. E fu dal sangue ¶ che t'avvedesti

ultimo sogno a scomparir dal cuore. ¶ Eppur, lo sai

giusto. ¶ Nel caro aspetto, dal fiorito aprile ¶ poco mutasti

O ricco sangue, uscito ¶ dal mio, non sei che

dolce uscire ¶ della voce dal labbro: melodia ¶ che chi

invoca. ¶ Vivente è Delia. Dal morir, la vera ¶ sua

lontano ¶ mai non fu dal tuo cuore) t'appariva

volto di morta; ¶ e dal letto ove l'ossa

sgorga, lontana e tremula, dal cielo, ¶ chi potrà dirlo

dell'azzurro che bevve dal mattino ¶ alle fonti del

blocchi di cemento, pronti ¶ dal suolo a divenire arco

bracci delle gru: mentre dal sommo ¶ dei ponti all

inquïete onde nel sangue, ¶ dal cuore al capo, dal

dal cuore al capo, dal cervello al cuore, ¶ come

agonia t'avrà disciolta ¶ dal corpo inerte? Esiterai, smarrita

terrena, o i nati dal mio saldo ceppo, ¶ o

piante, i frutti che dal sole ¶ hanno sostanza, nutrimento