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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Lorenzo Viani, Ritorno alla patria, 1930

concordanze di «degli»

nautoretestoannoconcordanza
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ricalcato fino alle ciocche degli orecchi sembrava un monatto
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largo. ¶ Dirimpetto alle celle degli uomini c’erano quelle
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benedizione matutina col canto degli uccelli, eran ridotte guardine
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aombravano il capo sotto degli stracci: il più grande
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naso e le battole degli orecchi infiammati. ¶ Quando s
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erano vuote. Sul ponte degli zigomi c’era la
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era popolata di orrori. Degli uomini conosceva le mani
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un silenzio sepolcrale e degli spettri son ivi confinati
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il cielo nel vuoto degli occhi, m’imbratterò gli
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si levavano dalle ceppe degli ontanelli e foravano la
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mazzuoli né lo strepito degli argani, si sedevano sulla
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la morte. ¶ Sul fresco degli alberi, il Cieco gli
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vuoto, al di sopra degli occhiali, e mormorava: — Il
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panni sulle spalle, quello degli arnesi a tracolla, poggiò
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senza rimpianto il nome degli sconosciuti. Poi si raccoglievano
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e sinistri come capestri, degli H patibolari, degli Y
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capestri, degli H patibolari, degli Y rigidi come forche
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sopra il capo rintronato degli emigranti, il bestiame della
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neve, c’erano sdraiati degli uomini uno sull’altro
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diaspri, il ritmo possente degli argani, il cigolìo delle
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sirene, il vociare intrepido degli uomini, un largo suono
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largo suono di campane, degli spari di cannone e
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vinaccia, e dai tormenti degli invitati non le riusciva
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infiorato, portava in dono degli amuleti e dei feticci
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un mare di smeraldi. Degli indiani scarniti, rivestiti sullo
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che ogni tanto dava degli scossoni e vaneggiava. ¶ Tutti
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tremula, con il languore degli occhi, con le increspature
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a quell’orbita vuota. Degli strosci come di una
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cielo, tra il fiorire degli astri, sulla via nebulosa
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sul mare. La pioggia degli astri scuoteva alberi in
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moto del cielo e degli astri, le profondità del
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del mare, il volere degli Dei. ¶ Un tremito subitaneo
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gelato, coi segni rossi degli strappi dei pruni, sembrano
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ossa. ¶ Qui le ossa degli umili esulteranno: l’Oceano
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saponata rappresa dei frontespizi, degli insetti stroncolati nelle vertebre
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la rupe del capo. Degli studiosi maschi e femmine
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movimenti delle loro teste. Degli striscioni simili ad avvisi
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smunto e le vesciche degli occhi ripiene giù nelle
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di lui, le trombe degli automobili nel torpore gli
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palmizi celesti notturni mettevano degli strosci d’acqua nel
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sempre davanti gli occhi. Degli infermi accattoni scrutava malfidato
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gocciolava argento; si vestì degli abiti e scomparve fuggendo
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colonne ritorte. ¶ Sul ginepraio degli aghi, dei tronchi, sull
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s’attristava nell’aria, degli insetti spolveravano oro sulla
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occhi prendevano la fissità degli uccelli atti ad avventurarsi
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vi era la tetraggine degli spaesati, sull’ossature delle
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è l’albero sacro degli esploratori. In tutte le
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loro bramiti al fremito degli alberi; gli avvallamenti si
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torbati violacei sulla chioma degli alberi, grandi arcobaleni che
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urla e le lamentazioni degli indiani annegati nel Rio
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foresta nascondendosi dietro a degli enormi fusti; da questi
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disparvero, con la rapidità degli scoiattoli, tra i gineprai
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che vegetavano sulle ceppaie degli alberi che biaccavano le
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con cui avrebbe decapitato degli nomini. Le noci della
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di essi camminava uno degli uomini della carovana col
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piatto e il ponte degli zigomi prominente, il naso
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foresta dove furono avvistati degli uomini simili a bestioni
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viottola riapparvero gli stampi degli zoccoli del cavallo di
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vedendo che la decisione degli uomini era risoluta, fu
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il cavallo. ¶ — Fu spogliato degli abiti? ¶ — Sì. ¶ — Fu sepolto
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sganasciata da cui uscivano degli indumenti sgualciti. Sul dorso
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davanti gli occhi. ¶ — Sono degli anni — esplicò Cesare — che
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Profeta — passeremo sugli orli degli abissi come i sonnamboli
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insetti, esalava il tanfo degli uomini, il bestino della
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biliari, le acredini saline degli spurghi, le orine sbollentate
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denti avorio trampolavano su degli zoccoli rinceppati d’ontano
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dei bordati, il senapismo degli incerati. ¶ Il Tarmito fu
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nella camerata si spogliò degli abiti civili e vestì
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soldati portarono la cassa degli elmetti, qualcuno ebbe la
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sul petto. I soldati degli altri battaglioni dai davanzali
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risata nera nella notte. Degli uomini e delle donne
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proiettate dalle parole deliranti degli antesignani. Il Tarmito le
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i nostri figli a degli uomini di pena. ¶ L
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inselvatichiti e stanchi come degli esseri abbandonati. Una fabbrica
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giubba appesa alle ceppate degli alberi. ¶ Morettina un ballo
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cui erano come infilzati degli uccelli roventirono, e gli
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badile; udivano il cigolìo degli aratri, un muggito di
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sparpagliata sugli oggetti personali degli sconosciuti. ¶ Il Tarmito camminò
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piena d’Arno. ¶ — Sono degli scorticapane, degli inguviatori, dei
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Arno. ¶ — Sono degli scorticapane, degli inguviatori, dei troioni, budelloni
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a delle nuvole rosa, degli areoplani mettevano sfrullazzore d
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i soldati. ¶ — Loro sono degli stoici? ¶ — Siamo tutte e
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in argento dagli strilli degli uccelli, le coccole fiorivano
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canto, l’inno comincia degli imperituri quando il divino
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fuggenti, sulla sassaia. ¶ Sotto degli scheggioni i soldati si
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i fossati. Sulle croci degli Sconosciuti le acacie esili
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rifoderavano con la pelle degli scarponi abbiacchiti. L’unghie
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sassaia. La pioggia fa degli eterni lavaggi. ¶ Notti di
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dal cielo. Gli orli degli elmi gocciolavano come la
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diacciato gorgogliava nelle fauci degli assetati che si ciucciavano
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era seduto sulla ceppa degli alberi schiantati e si
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il capo intuonato, invidi degli uccelli che strisciavano e
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zampe cuocevano negli stampi degli stivali coperti di mota
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fiatava fumo. Sui ponti degli zigomi gli occhiali rotondi
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vetro, schizzavano il nero degli occhi sulle pagine pisigne
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uova corrotte. ¶ Nello sguardo degli allupati risaliva dalla tenebra
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schietta gemeva dalle bocche degli scannati. ¶ I tiri d
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del felino. ¶ Ai calci degli alberi occhieggiavano sinistri gli
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mortale gravava sul capo degli uomini e delle bestie
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e i tubolari verdi degli intestini pulsavano e sbisciavano
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era posto il bidone degli anaci fra le gambe
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l’ombra, l’acqua degli stagni di Doberdò e
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turbini di vento, apparvero degli spettri laceri e terrificanti