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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Guido Da Verona, Colei che non si deve amare, 1910

concordanze di «dell»

nautoretestoannoconcordanza
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1910
affabile su la decadenza dell’arte lirica italiana, ricordando
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1910
di lì il primogenito dell’occhialaio, il piccolo Arrigo
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capitati lì que’ monellacci dell’occhialaio, che strombettavano, spifferavano
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farai un piccolo cicisbeo, dell’altro e delle due
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bottiglierie. ¶ Allora in casa dell’occhialaio la guerra incominciò
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che venne in bottega dell’occhialaio un’ora più
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e sgambettava. A proposito dell’Eugenia, avrei quasi una
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sua figlia col primogenito dell’occhialaio: nulla poteva ormai
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Mercedes o il calor dell’estate, gli cominciò a
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1910
luce per le connessure dell’ uscio e intese lo
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rugiada, il profumo intenso dell’erbe aromatiche. In quel
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1910
febbre nei torbidi sogni dell’adolescenza, e il giardino
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tintinno, sopra il riflesso dell’acqua insidiosa... ¶ Di là
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uscio, intese il rumore dell’acqua versata in un
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nel volto il piacere dell’acqua fresca sul calore
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e voltasi al letto dell’amica la buttò di
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ignudo toccò il braccio dell’altra, che le stava
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temerità. ¶ Seppero l’odore dell’erba calda, dietro i
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Allora ella gli parlò dell’ avvenire, d’una casa
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un autunno più rosso dell’estate, ma nessuno pensava
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1910
l’abitudine al frasario dell’affittacamere e non se
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E con quella pacatezza dell’uomo solito a lenire
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1910
guardando con la coda dell’occhio il lento volgersi
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Riotti bolliva. Non più dell’onta patita, non più
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1910
del mese, e neanche dell’ anno, perchè dall’oggi
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conti aver ragione anche dell’azzardo capriccioso, contrapponendo alle
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1910
giungere nella modesta casa dell’occhialaio fattorini e commessi
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si aggirava nell’eco dell’ anima come una tormentosa
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ed il profondo malessere dell’amore. Qualche volta gli
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e il gran tumulto dell’anima gli traboccava nel
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strilloni gridavano il libretto dell’opera, gli incettatori offrivan
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digiune ancora, in cerca dell’ invaghito; lavoratori tardivi che
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scena sotto le mani dell’abbigliatrice, con la partitura
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fra l’accuratezza esteriore dell’abito con quello che
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lacerarle il velo trasparente dell’anima od a turbare
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1910
tardi, nella tepidezza lasciva dell’accappatoio, strisciare sui piccoli
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la più ambita donna dell’anno fosse a lei
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dal principio alla fine dell’opera, essi non tralasciavano
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fin oltre il lume dell’alba, od allo cene
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lirico, il conte Aimone dell’Ussero, membro della Commissione
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intorno la stanchezza sorridente dell’occhio cerulo, non più
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il disprezzo, il tormento dell’arte, la lussuria, e
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aveva il dono innato dell’adulazione non servile, di
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della città in cerca dell’usuraio da convincere o
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usuraio da convincere o dell’amico dal quale estorcere
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talvolta negli occhi luminosi dell’amante, né quel segno
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tutte le piccole vibrazioni dell’ anima nascosta, gelosa di
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Un’altra volta, parlando dell’avvenire, disse che dell
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dell’avvenire, disse che dell’avvenire nulla sapeva, nulla
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potenza del blasone e dell’oro, nelle sale un
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anno in casa Aimone dell’Ussero, casa ricca ed
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da una sorgente oscura dell’anima, lo tormentava e
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vasti urli le sirene dell’officine: ai corni di
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1910
scintillanti, nei rossi mesi dell’ozio e della bagnatura
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e tutte le maledizioni dell’anno dettero ai tormentati
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che urtava la gelosia dell’amante; non era inoltre
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inoltre si dava cura dell’ umanità sofferente allestendo con
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barlume quella enorme crudeltà dell’estate, quel vertiginoso balenio
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uomo e la maschilità dell’uomo in un modo
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disparte, nel grande atrio dell’albergo, talvolta nel giardino
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tutto per le spese dell’ appartamento che a lei
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al Circolo l’amico dell’amico Totò. ¶ E l
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cadevano davanti al passo dell’avventuriero; sopra il suo
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maturità contro le diffidenze dell’uomo giovine. Ed anche
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indovinava talora la febbre dell’anima irrequieta; ma una
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nel soffocare le ribellioni dell’istinto. Di sé medesimo
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si fletteva nello sforzo dell’ adulazione; qualche volta era
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occupavano lo spazio interiore dell’essere, prostrandolo in una
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perfetta sincerità, la commedia dell’amore. ¶ Allora il barone
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promessa; il conte Aimone dell’Ussero le faceva proposte
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risero. La causa vera dell’incidente soverchiò e nascose
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difetti possiedono pure quello dell’infallibilità. ¶ Lo diede infatti
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irritano lungamente la pazienza dell’uomo prima d’uscire
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paura; talvolta il respiro dell’uomo curvo le passava
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due candelabri, nel riflesso dell’ebano, pur senza volgersi
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ritirandosi nelle stanze interne dell’appartamento e piantandolo in
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gli si rimescolava ¶ dentro dell’antica origine, un sentimento
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ad essere il figlio dell’occhialaio, il fratello di
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l’uomo plebeo narra dell’aristocratico, e per un
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riempivano tutto il vuoto dell’ala con un bel
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molto bene la commedia dell’amore; è uno sciocco
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ancora, perchè in casa dell’occhialaio si cenava di
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1910
nei più nascosti rifugi dell’anima sua. Nei giorni
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spiava con la coda dell’occhio. — Adesso mi sembra
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ove brillavano i nascondigli dell’amore, e quel fantastico
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e cinico nelle scaltrezze dell’amore, aveva dato certe
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buona fede; queste parole dell’amica lo impensierirono, quasi
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le alternative del dolore, dell’impazienza e della collera
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così bruscamente la dolcezza dell’ amore che ho per
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In quella vaporosa pigrizia dell’aria i vasti romori
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e rassegnato nelle intemperie dell’inverno come nelle canicole
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inverno come nelle canicole dell’estate, zoppicava sul sasso
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1910
soffrivano entrambi il dolore dell’amore. Si erano sentiti
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ed uno sconcio dimenio dell’anche, ogni tratto scoppiando
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ancor ingombre il sale dell’aneddoto, il pepe della
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da qual remota lontananza dell’essere, quasi risorgesse di
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sotto lo sguardo vigile dell’amante, e non seppe
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amanti, nella prima inquietudine dell’esser soli, e tacquero
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attendeva la maggior prova dell’anno. Il prato, invaso
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intonato con il colore dell’abito. Da quella seta
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scoperto per la rovesciatura dell’ala, e così parevano
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ghiaia con la punta dell’ombrellino ed ascoltava i
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d’ovatta. Gli alberi dell’ippodromo cominciavano a scapigliarsi
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bocca un po’ sciupata dell’altro, con i suoi
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signorilità, che il figlio dell’occhialaio aveva malamente potuto
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camminava guardingo, in attesa dell’ultimo assalto, pronto a
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non ho paura, io, dell’amore... ¶ Moriva il sole
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che la figlia ultima dell’occhialaio stava per divenire
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visto che una ragazza dell’età sua non poteva
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dunque un’idea approssimativa dell’assiduità che occorre per
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1910
Anna Laura, gli occhi dell’amante non avevan osato
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di lampi. Nella casa dell’amante aveva scoperta qualche
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talvolta una semplice paura dell’opinione altrui. ¶ Scendevano verso
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saliva dietro la montagna dell’altra sponda una mezzaluna
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che ardon nell’essenza dell’amore. ¶ Il turacciolo saltò
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di rose; il muoversi dell’onda luminosa li addormentava
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del sacerdote, l’ombra dell’interlocutorio, le mistiche nuvole
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1910
interlocutorio, le mistiche nuvole dell’incenso, l’alito caldo
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conosci dunque il valore dell’offerta che mi fai
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aveva detto a piè dell’ascensore, forse perchè temeva
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nella pigrizia, nella delizia dell’imminente riposo, accavallare una
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fulgore, disseminando nella curva dell’infinito una più grande
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dalle radici più vive dell’essere, un male opaco
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gli mancava quella coscienza dell’individuale arbitrio che sola
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prima ed oscura inquietudine dell’amore; il suo grembo
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Allora con la voce dell’anima chiamava il suo
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infinita stanchezza. Si doleva dell’amor perduto, ma insieme
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per le secrete vie dell’amore, condurla piacevolmente verso
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la soglia. ¶ Nel buio dell’anticamera vide un trofeo
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tradivan nella squisita leggiadria dell’arredo quella particolare freddezza
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1910
Spinardi è la padrona dell’ « Institut de Beauté ». Come
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gran conto l’opinione dell’emulo, ed anche per
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Ognuno discuteva i dubbi dell’altro con somma cortesia
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spalle curve sul desco dell’occhialaio, ma nel cuore
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faccende altrui. La famiglia dell’occhialaio era divenuta un
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quanto succedeva in casa dell’occhialaio era colpa di
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meglio guardare nell’ombra dell’anima sua. ¶ E sperava
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e tutte le delusioni dell’amore, averne conosciuti i
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chiese, con la paura dell’errante che tutti respingono
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pur tra la voce dell’organo che talvolta par
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vietata risalirgli dalle radici dell’essere come un piacere
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nero nell’immobile splendore dell’acqua. ¶ — Il lago! Il
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dondolava, e si ricordò dell’uomo ch’era con
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nemico tutte le paure dell’anima, che lo tenevano
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diversamente, la nuda gioia dell’amplesso. Quest’atto barbaro
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piacere inaccessibile, il fuoco dell’inguaribile amore, il filtro
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che aveva il dovere dell’esempio. Sei tu che
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senso inerte e vacuo dell’irreparabilità dilaga nel suo
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se tutta la potenza dell’anima volesse per un
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ancor poco, in paragone dell’altra sciagura. ¶ Quella che
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lui, su l’orlo dell’abisso ineffabile, caduta già
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di lui, di lei, dell’altro; era un bisbiglio
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suo ritorno in cambio dell’amore ond’egli si
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scemava perfino la coscienza dell’enorme dolore che lo
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piacere. Nel suo commiato dell’amore, che in fondo
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quando, in un bacio dell’ultimo amante, s’accorse
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di esprimere il colore dell’anima nostra. Ed allora
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rimorso fuggevole dal fiore dell’anima: ¶ — T’ho fatto
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per la fatica enorme dell’estate. ¶ A quell’ora
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distruzione lenta. Poi sognò dell’autunno, con le sue
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le sue clamorose vendemmie, dell’inverno, con la sua
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la bocca l’un dell’altra, ma d’un
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aveva preso il colore dell’acqua e del vento
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parve suonasse nel rumore dell’infinito, nell’opaco fervore
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quasi una dolcezza ultima dell’amore ch’era stato
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vertigine passò negli occhi dell’uomo che la fissava
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di leggere nel cuore dell’altra. ¶ — Dunque, — egli riprese
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poco fra lo spessore dell’antica muraglia scaturì un
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colpa. ¶ Nella faccia bianca dell’uomo passò, come una
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a sè l’ineluttabile dell’anima femminile, quel vuoto
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voluttà il freddo metallo dell’arma; di nuovo palleggiò
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trascinare al di là dell’ultimo rantolo la sua
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ultima volta nella casa dell’umile occhialaio, questo bianco
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incubo sopraffaceva la coscienza dell’uomo dannato, la follìa
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i fuochi già rossi dell’aurora d’Agosto, un
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fiamma sotto la furia dell’estate. ¶ Ed ecco, nella