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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «della»

nautoretestoannoconcordanza
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1950
bue, e nel freddo della sera sentii l’odore
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stato servitore alla cascina della Mora nella grassa piana
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verso Canelli, nel senso della ferrata, del fischio del
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quando, ragazzo, al cancello della Mora mi appoggiavo al
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il va e vieni della gente forestiera, la confusione
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confusione e il baccano della piazza, avrebbero mimetizzato anche
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su tutti i balli della vallata. Per lui il
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che, nei primi tempi della Mora, a me che
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mondo: era l’odore della strada, dei musicanti, delle
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ma prima, ai tempi della Mora, del lavoro in
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a vegliare con noi della cascina. ¶ E adesso mi
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E adesso mi raccontava della sua vita di musicante
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di rientrare nella cucina della Mora, di rivedere le
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i piedi, e metà della roba era venduta. ¶ Dissi
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tanto mondo, per vedere della gente come me, che
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sera, traverso il mare della baia, si vedevano i
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al cinema. Appena fuori della luce del locale, si
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gli facevano il pieno della benzina, lui mi chiese
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suonare… ¶ E mi raccontò della gara di Nizza l
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il fresco sul poggiolo della mia stanza. Il poggiolo
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tocca. Vedi dei ragazzi, della gente che non è
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la ride l’indomani della festa? Dannati, si rompono
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uno scalpello, – disse Nuto. ¶ – Della miseria ne ho vista
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soltanto che la terra della riva era magra e
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ha comprato la madama della Villa e viene a
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di rosmarino sull’angolo della casa. E l’odore
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l’odore, l’odore della casa, della riva, di
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l’odore della casa, della riva, di mele marce
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vergognai del mio vestito, della camicia, delle scarpe. Da
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disse che la madama della Villa era venuta solo
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erba, la conca fresca della capra, e la collina
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le donne del paese, della Stazione, portavano il parasole
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dalle formiche. ¶ Un urlo della donna dall’aia, che
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erano piú. ¶ Allora parlammo della guerra e dei morti
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strada, sotto il muretto della riva, in mezzo alle
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osteria, sotto il quadro della Madonna e il ramulivo
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albere dall’altra parte della strada c’era il
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le rive. I sassolini della strada erano ancora gli
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senza uscire dal giro della casa, della vendemmia, delle
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dal giro della casa, della vendemmia, delle fiere. Ma
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maneggiavo dei soldi, mantenevo della gente. Forse fra un
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loro nome. Le persiane della villa erano sempre chiuse
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po’ come quel giardino della villa, pieno di palme
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un tinello coi contadini della sua ultima vigna, era
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Eravamo arrivati al gomito della strada, sotto le canne
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ch’era la punta della collina e tutto finiva
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bisognava scendere nel cortile della casa e dargli quel
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la domenica, sugli scalini della chiesa c’è sempre
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ero già accorto che della Mora non parlava volentieri
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fanno ai primi giorni della luna, non attaccano. ¶ Allora
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ancora in quella vigna della Mora, sotto la vendemmia
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giuste e quell’odore della terra cotta dal sole
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erano? Anche la storia della luna e dei falò
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che non sappia niente della luna e dei falò
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anche del Valino e della cognata. Che il Valino
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che stavano alla Madonna della Rovere, in una cascina
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paglie, l’anno prima della guerra. Era morto finalmente
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strada che ai tempi della Mora avevo fatto tante
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colline, e i pali della ferrata. Pasticciai intorno al
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studiare tutti i sassi della massicciata, le traversine, i
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la strada. I sassi della massicciata avevano quel colore
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avevo ascoltato il ronzío della corrente come si fa
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restarci. Quel filo sottile della ferrata e della strada
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sottile della ferrata e della strada era tutto il
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come fossi sull’angolo della strada Bellavista. Adesso rimuginavo
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autonomi, – strillò il figlio della madama della Villa, – non
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il figlio della madama della Villa, – non vuol dire
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ancora digerita l’inaugurazione della lapide ai partigiani impiccati
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il discorso sui gradini della chiesa. Cose grosse. Disse
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quel sole, sugli scalini della chiesa, da quanto tempo
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dove finiva il cortile della casa dello Spirita. Ci
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per voi, dei deputati, della gente apposta? Parlate, trovatevi
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non tornava. Dal giorno della liberazione – quel sospirato 25 aprile
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il mondo, nell’anno della guerra era venuto il
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sempre meno – disse Nuto – della gente che i prepotenti
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salvate, fa la difesa della repubblica e di due
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e di due spie della repubblica. Se anche fossero
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tigli, il cortile basso della Mora, quelle campagne – tutto
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di loro due e della madre insieme. ¶ – Ma come
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una piazza l’indomani della fiera, una vigna dopo
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e tutti i beni della piana e del Salto
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già scuro, alla luce della lampada a petrolio, tutti
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con franchezza. Mi chiesero della Virgilia, dell’Angiolina, di
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facile perché le terre della Mora andavano dalla piana
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massaro diceva i lavori della giornata, di sopra cominciavano
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una volta, di politica, della musica e dei matti
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avevano avuto la mania della roba e messo insieme
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stendono fino ai coltivi della Mora. Certi giorni di
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figlio di una zia della signora, e nell’inverno
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volavano, e la crepa della pietra sul camino. Adesso
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ancora, l’autunno prima della grossa grandine, alla sfogliatura
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seduti sul lungo mucchio della meliga, e sfogliavamo, in
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era giorno, sulla proda della vigna se c’era
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e due figuravano piú della matrigna. Avevano almeno vent
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dovevo andarmene. La vetrata della sala luccicava, e guardando
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le conduceva un giovanotto della Stazione. – Mi portate a
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sullo stradone, i giorni della vendemmia, portando il carro
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voluto ritrovarmi nel cortile della Mora, quel pomeriggio d
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Era il prim’anno della Mora e non osavo
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dovevano far l’albero della cuccagna e la corsa
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era attaccato sul palo della cuccagna, se la corsa
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come fosse il palo della cuccagna, e sentii Cirino
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parlato e sentito parlare della festa. ¶ XX. ¶ Il bello
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voleva dire nella torretta della piccionaia, una soffitta che
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fogli color ruggine, quaderni della spesa, quadri rotti. Lui
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libri. ¶ Passando sul ripiano della scala si sentiva Irene
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tenute e alle fabbriche della frutta, le sere d
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anche i carri allegorici della festa dell’uva. ¶ Nei
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quel passo dal cancello della scuola, ch’era una
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concluse niente. Certe domeniche della bella stagione andavamo alla
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grande – avevano la bellezza della dalia, della rosa di
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la bellezza della dalia, della rosa di spagna, di
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sotto i platani – e della Mora, di loro due
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Mora, di loro due, della signora Elvira, si era
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perché tutto quel fianco della collina era cintato e
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piú belli dei vetri della chiesa e dei paramenti
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d’incontrare la carrozza della vecchia sulla strada di
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nuore e i nipoti della contessa, le faceva addirittura
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il figlio del medico della Stazione, quello che al
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ridevano. ¶ Da quella volta della gita a Agliano, il
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portarsi dietro un impiegato della stazione, un suo amico
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biroccio fino alla svolta della salita e sentii che
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dissi che il biroccio della Mora era pronto. ¶ S
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sera sentivamo il fracasso della moto, si fermava, ripartiva
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con cattiveria il nome della vecchia, e a tutto
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asciutta, puliva il mento della Santina, accennava maligna all
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con un fracasso peggio della battitrice, e chi dava
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il sobbalzo, lo scatto della testa – la conoscevo tutta
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da Canelli, venne quello della Stazione – Irene aveva il
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XXVI. ¶ Di tutto quanto, della Mora, di quella vita
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Nuto non parla volentieri della Mora, ma mi chiese
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avevamo passato nella serra della villa a discutere con
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se non la nebbia della luna. ¶ Nuto, senza parlare
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albero, e nel fresco della notte una nuvola di
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dal sentiero, nella luce della luna, vidi il vuoto
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Era venuta la madama della Villa con suo figlio
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si sentiva il rumore della fiamma come un forno
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era il solo vivo della famiglia, pretendeva che Cinto
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sarebbe andata anche lei. Della giornata di Silvia non
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far banda con quelli della mia leva – si beveva
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accorti tutti. La conclusione della sfuriata fu che Irene
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di Genova, dei soldati, della musica e di Bianchetta
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si chiamavano la storia della Bella dai capelli d
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dicevano che le ragazze della Mora erano state puttane
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figlio di Padrino e della Virgilia voleva dire non
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noccioli o dall’orecchio della nostra capra come le
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inverno, mostrava il nudo della terra e dei tronchi
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m’importava piú molto della Mora. Arturo tornò e
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Genova, la dote – metà della Mora – era già liquidata
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starci. Scesero col cestino della merenda, coi parasoli, con
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la funzione sulla porta della chiesa. Dissi a Nuto
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dell’osteria. Il Bizzarro della Stazione ci fermò sulla
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suonare per la funzione della madonna. Si misero in
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del torrone, del tirasegno, della giostra, tutti stavano a
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e poi nel buio della strada in discesa andai
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sciarpa, Silvia parlava parlava della gente, dei ballerini, dell
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e neanche il buco della cantina si trovava – la
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quel sapore. ¶ – La madama della Villa, – dissi, – sarebbe capace
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dicevano di un ufficiale della milizia, dicevano di un
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mi credi. C’è della gente cattiva a Canelli
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molte notizie sui movimenti della truppa, sulle circolari del
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mi vedono. Sono quella della Casa del fascio. ¶ Allora
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rispettare. Non fosse stato della mamma vecchia e della
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della mamma vecchia e della casa che potevano bruciargli
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il muro rotto, nero, della cascina, guardai in giro