Alberto Moravia, Due Tedeschi, 1945

alto, magro, aitante, stretto di fianchi, snello di vita

stretto di fianchi, snello di vita, con le gambe

natiche. Era biondo, ma di un biondo brutto e

al suo sguardo nudo di ciglia un’aria torva

a due staffilate: ferite di guerra e di duello

ferite di guerra e di duello. Penzolante sulla coscia

pistola nella sua guaina di cuoio. ¶ Il soldato aveva

soldato aveva certo più di quarant’anni. Era di

di quarant’anni. Era di media statura, ma la

pantaloni sposavano le forme di quel suo corpaccio. Ingobbito

bonario, ispirava un senso di ferocia professionale, di uomo

senso di ferocia professionale, di uomo che uccidesse e

nel pugno una manciata di mandorle che schiacciava ad

eravamo una decina, coperti di stracci, con le scarpe

Poiché sapevo un po’di tedesco, i profughi spaventati

Berlino?" ¶ "Sì." ¶ "Io sono di Berlino" disse, ma senza

fate la guerra?". ¶ Cercai di cambiar discorso, domandandogli se

voialtri Italiani morirete tutti di fame". ¶ "Perché?" ¶ "Perché i

ha detto?". ¶ "Che moriremo di fame." ¶ Qualcuno dietro le

borbottò con sprezzo: "Rettifiche di fronte". Quindi, stranamente calmandosi

spiegò: "Abbiamo una linea di bunkers... alla linea ci

soggiunsi "voi non avete di che preoccuparvi... avete le

conversazione. ¶ "Avevo una fabbrica di scatole di cartone" egli

una fabbrica di scatole di cartone" egli disse. E

mano, con curioso scrupolo di esattezza. "Non grande però

cantiere." ¶ Gli si accese di nuovo a queste parole

rispose con un’alzata di spalle: "Due anni, tre

quattro anni, che importa?". ¶ Di nuovo lo sgomento si

dipinse sul mio viso, di nuovo gli ascoltatori mi