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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Enzo Striano, Il resto di niente, 1986

concordanze di «di»

nautoretestoannoconcordanza
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1986
fate versi? Alla maniera di chi?». ¶ «Alla... Alla mia
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1986
da conquistatore irresistibile. Decise di fissarlo negli occhi perché
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Sublime ingegno gallico ¶ che di tanto avanzasti la tua
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e sitibondo ¶ il facesti di nuove vie più ardite
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a sbalzi. ¶ Un attimo di silenzio. Le pesò. Fu
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stanchezza. «E i pensieri di La Mettrie non puoi
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gli unici filosofi degni di questo nome sono stati
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invece, si spostò verso di lei. Le borbottò nella
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aveste poetato alla maniera di Metastasio». ¶ «Perché la ritenete
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una donna» sorrise, meravigliata di trattare tanto naturalmente con
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non d’imitarlo, ma di carpire il segreto della
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1986
provava un pizzico eccitante di vanità. Al tempo stesso
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porta. Apparve un signore di circa trent’anni, alto
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impeccabile parrucca ad ala di colombo. ¶ «Ué, Cirillo! Finalmente
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nipote Lenòr.» ¶ «Sono lieto di vedervi» sorrise Cirillo. Le
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qualcuno chiese nuovamente notizie di Genovesi. Scosse la testa
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E che diranno mai di tanto grande? Bisogna guardare
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suoi rappresentanti! Senza distinzioni di classe né di censo
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distinzioni di classe né di censo, come stabilì Clistene
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Sicilie, d’ordine nuovo, di società giusta, è la
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Eppure anche tu dici di volerli. Ma quelli come
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te, con la mentalità di leguleio... Questa è una
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Quanto sborsa il duca di Maddaloni? E quella testa
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Maddaloni? E quella testa di provola di Sannicandro? Le
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quella testa di provola di Sannicandro? Le gabelle che
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si compra un rotolo di fichi! E Tanucci si
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E Tanucci si vanta di governare senza imposte! I
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Cèveze!» gridò Giordano. «Meglio di Parigi?» ¶ «Per certe cose
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certe cose sì. Meglio di Parigi.» ¶ «Qua non ti
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soliti caproni, capaci solo di praticare quella filosofia dei
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disprezza tanto gli avvocati.» ¶ Di Cirillo titìo parlò con
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si riempiono la bocca di carità, lui non chiacchiera
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la laurea. Si parlerà di lui come il re
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proprio dovere, s’occupa di cose che non le
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hoc mundo”. Troppi uomini di chiesa fan parte dei
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fan parte dei potenti di questa Terra. Dei privilegiati
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privilegiati. Ma è tempo di mutare, anche nel modo
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mutare, anche nel modo di leggere le Scritture. La
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le Scritture. La tesi di Conforti susciterà scalpore: vuol
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assurde le pretese temporali di Roma. E la faccenda
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portato via i mozziconi di candele consunte. Restarono accese
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Restarono accese due torcette di sego nel doppierino sul
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fretta. È dai tempi di Carlo d’Angiò che
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Angiò che il re di Napoli ogni anno, il
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al papa, in segno di vassallaggio, il dono d
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il basto uno scrigno di denari e gioielli. Ora
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non sarebbero fiorite storie di cuore, perché Vincenzo non
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in fondo, provava avidità di lui, nonostante fosse così
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impressione pessima. Un uomo di mezza età, grasso, sporco
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alle ginocchia, sudice calzette di raso, parrucca gialliccia nonostante
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lasciando il cortile sporco di paglia e merda di
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di paglia e merda di cavallo. ¶ «Che li possano
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messa in Sant’Anna di Palazzo, a piedi, e
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1986
andavano fino al Monte di Dio, altri fermavano con
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1986
strafottenza accosto i palazzi di Santa Teresella, bloccando il
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in cui il marchese di Villareale o il marchese
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Villareale o il marchese di Mazzarotta o il duca
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Mazzarotta o il duca di Lusignano avevano l’onore
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ne erano tornati carichi di disgusto e disprezzo. ¶ Ben
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timidi incontri nel saloncino di casa Lopez. Tio Antonio
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verità modeste: un poco di caffè, biscotti, cioccolata, tabacco
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occasioni importanti. ¶ Fu contenta di questi salotti Lopez, anche
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campo azzurro, sei fasciole di smalto rosso in campo
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giovane per questa sorta di lavoro. Alla tua età
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d’oro: una crestomazia di Vittorelli, Rolli, Frugoni, una
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alla Sacra Imperiale Corte di Vienna. ¶ Li divorò con
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già da tragiche vicende di guerra o di potere
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vicende di guerra o di potere, bensì per delusioni
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no. Non era soddisfatta di come venivano il viso
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cose, nonostante i rimpianti di vovó. Nel modestissimo guardaroba
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s’accendevano nei palazzi di Toledo. Forse da sposata
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1986
potuto fare un matrimonio di rilievo... Scuoteva il capo
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personaggi senza volto, intrisi di dolcezze e premure, come
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davano, però, gran voglia di saltare, correre, danzare. Un
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giorni tuoi felici ¶ ricordati di me. ¶ 4 ¶ Dopo quelle letture
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e riletture, riempì fogli di versi che sgorgavano con
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1986
Aveva preso l’abitudine di rileggere, a distanza di
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di rileggere, a distanza di tempo. Salvava solo quanto
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verde, su cui pensava di far incidere le proprie
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piacque perché conteneva nozioni di fisica, chimica, economia. ¶ Nel
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1986
si spiegava il sistema di Copernico, s’esponeva Keplero
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sulla pluralità dei mondi, di Le Bovier de Fontenelle
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inizio. ¶ Fontenelle fu responsabile di due infatuazioni: una per
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1986
non fu in grado di leggere d’un fiato
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1986
e portoghesi, i libri di Francia. ¶ Giornate intensissime: leggeva
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1986
il caffè in una di quelle ingegnose caffettiere di
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1986
di quelle ingegnose caffettiere di Napoli che facevano la
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capelli. Era pallida. ¶ «Niente di speciale, Lenòr. Entri, ti
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1986
Sanges, non ebbe coraggio di fermare lo sguardo su
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1986
fermare lo sguardo su di lui. Il più bello
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1986
un altro, bassino, rado di capelli, gli occhialetti d
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1986
rasato. Doveva essere uno di quei Napoletani d’origine
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1986
ostentava frangetta alla Bruto. Di lì a poco apprese
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1986
fosse mancato il conforto di dame amabili e colte
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1986
quale caricò un sorriso di sussiego. ¶ «Ma certo» approvò
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comunque e sempre uomo di chiesa». ¶ «Eeeh!» rise titìo
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specie per il pesce. Di verdure ce n’era
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1986
simile a quello indimenticabile di Formia. ¶ 2 ¶ S’impadronì via
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1986
continuo e disordinato, privo di progetti o intenzioni, esistessero
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1986
uguali a ogni inizio di giornata, per estenuarsi col
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1986
dell’inverno. ¶ Perché imparò, di lì a qualche mese
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1986
Antonio dal marchese Berio di Salza, nel bel palazzo
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irrompeva verso il Largo di Palazzo, brontolando, schiumando, minacciando
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Dai muri si staccavano di corsa lazzari che, ridendo
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immergevano dentro i flutti di Toledo, per deporli all
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spaventoso, segnava il selciato di chiazze nauseabonde. Un ragazzo
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1986
armato d’un coppino di legno. Dava una bella
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1986
sciabordanti, alcuni portavano quello di raccolta, ch’era enorme
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in una bella mattinata di sole. Dai bassi erano
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1986
mondavano fagioli freschi, cime di broccoli. ¶ Arrivò la capèra
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1986
da spilloni con teste di perla, enormi orecchini d
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1986
petto grandioso. In cantuscia di seta nera con sboffi
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1986
discorse, acciuffò una banda di capelli corvini. Si mise
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1986
via pettini fitti, fiocchetti di bambagia, bottigline d’olio
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1986
La capèra pizzicava bande di capelli, attorcigliava, ficcava spille
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tante. Nonostante l’atmosfera di perenne disimpegno, si davan
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loro bassi confusione incredibile di barattoli, pennelli, sgorbie, torcieri
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1986
pennelli, sgorbie, torcieri, teste di letto, paraventi, sedie, da
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1986
terranei un sentore piacevole di trementina, sangue di bue
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1986
piacevole di trementina, sangue di bue, colla di pesce
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1986
sangue di bue, colla di pesce fresca. Soverchiava il
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1986
intravedevano il gran letto di tutta la famiglia, le
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1986
Lo caricavano con pentole di coccio, setacci, pezze colorate
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E uscivano i venditori di fusaglie, come a Roma
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spassatiempo, semmente), i raccoglitori di cicche, i domestici delle
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1986
dirette agli stanzoni pieni di vapore, soffocanti di varecchina
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1986
pieni di vapore, soffocanti di varecchina ed acido, che
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1986
San Mattia, al Monte di Dio, nel corso delle
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1986
fatto lungo, inquieto, ombrato di peluria al labbro. ¶ Ma
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1986
dell’esistenza, sembrava soddisfatta di stare al mondo. Le
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1986
mondo. Le pareva, inoltre, di leggere negli occhi, nei
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1986
Aveva imparato la topografia di quella zona dei Quartieri
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1986
Santa Maria degli Angeli di Pizzofalcone, oltre il Monte
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1986
Pizzofalcone, oltre il Monte di Dio. Era arrivata a
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passare, tirati da cavalli di razza o mule bianche
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o mule bianche, berline di gala, cab dalle vernici
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vernici luccicanti, phaeton tapezzati di moerro, con a bordo
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costosissime cuffie in trine di Spagna. ¶ Un giorno vide
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parrucchina candida ad ali di colombo. Indossava una giamberga
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avvertì dolori nel ventre, di quelli che, da qualche
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sangue, il suo sangue di donna. ¶ 3 ¶ Nel vicolo la
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qualche mercante. Inesistenti persone di cultura, lettere o scienze
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1986
conobbe fu il padrone di casa, duca di Lusignano
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1986
padrone di casa, duca di Lusignano, e le fece
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1986
grasse d’intingoli, salsedine di roba marinara bollita in
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bollita in lucide pentole di rame. ¶ Ma anche acido
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rame. ¶ Ma anche acido di letame cavallino e umano
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La strada era cosparsa di escrementi delle bestie. Gli
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rosea costruzione con scalee di marmo nuovo, lucente. E
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1986
In uno slargo, apparizione di cocomeri verdi, gialli, a
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1986
Talvolta s’udivano strilli di dolore e collera, allora
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palmo. Mille carrozze, alcune di gala con stemmi, dorature
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e staffieri in livrea di seta alle predelle, emergevano
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1986
vi splendeva, al fulgore di globi di cristallo, una
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1986
al fulgore di globi di cristallo, una costruzione candida
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palme, magnolie dai fiori di panna, pini, scaturiti da
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1986
un altro straordinario palazzo di color rosa antico, sfarzosamente
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1986
sfarzosamente illuminato da miriadi di lanterne fisse alle balaustre
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1986
lanterne fisse alle balaustre di marmo. Dominava la piazza
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1986
sgombra da lucenti squadroni di cavalieri bianchi e rossi
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1986
misteriosi, percorsi da barbagli di luce e canti, ne
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1986
giù, come una scena di teatro: un colosso marmoreo
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1986
mare bruno, quieto, popolato di barche sfolgoranti, luminosi velieri
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1986
Ne giungeva vento odoroso di rena umida, d’alghe
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1986
Pendevano, in mezzo, cortine di stracci stesi ad asciugare
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1986
abitazioni spalancate a livello di strada. Ne veniva lezzo
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1986
carrozza scendeva, con stridore di freni. Finimondo di bestemmie
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1986
stridore di freni. Finimondo di bestemmie, frustate, nitriti, grida
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1986
bestemmie, frustate, nitriti, grida di gente accorsa sui balconcini
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1986
quella pietra nerastra, incrostata di sudiciume antico. L’altra
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1986
una chiesa e banchi di mercatino abbandonati. Il tanfo
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1986
fece insopportabile: ovunque bucce di cocomero, spine di pesce
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1986
bucce di cocomero, spine di pesce, mollicci avanzi di
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1986
di pesce, mollicci avanzi di maccheroni, ciuffi di finocchi
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1986
avanzi di maccheroni, ciuffi di finocchi. In quella porcheria
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1986
trasversale. Lontano, davanti uno di quei foschi palazzi, scorsero
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1986
batterle forte. Ebbe voglia di mettersi a piangere. ¶ 1 Ammalata
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mettersi a piangere. ¶ 1 Ammalata di scolo. ¶ 2 San Michele a
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1986
palazzo apparteneva al duca di Lusignano, il quale ne
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1986
festoni. Sporco, stinto, chiazzato di muffa. ¶ «Occorrerà ripulire» borbottava
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1986
aspetta’» diceva con voce di baritono Minichiello, il quale
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1986
mostrandosi servizievole e avidissimo di “vagni”, come lei scoprì
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1986
una delle torri merlate di Castelnuovo. ¶ La mattina dopo
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1986
balcone in una gloria di sole, che fluiva per
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1986
reggevano mazzi bruno dorati di sorbe, grappoli di melloni
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1986
dorati di sorbe, grappoli di melloni gialli. Arrancavano trabiccoli
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1986
gialli. Arrancavano trabiccoli carichi di broccoli, finocchi, peperoni multicolori
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1986
scarlatti. Salivano carrettini zeppi di ceste: fra trine d
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1986
vi luceva l’argento di cefali, alici, merluzzi. Andavano
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1986
al mercatino nel largo di Sant’Anna: dal balcone
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1986
sentiva intero il clamore di voci, richiami, canti. ¶ Uscì
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1986
la dote, una pensione di centomila reis. Per la
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1986
la famosa reggia estiva di Dom Carlos.» ¶ Il crepuscolo
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1986
orizzonte, tra immoti sboffi di nuvole biancastre. Dapprima pensò
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1986
la gente. ¶ Incrociarono carri di campagna dalle grosse ruote
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1986
li trainavano cavallacci agghindati di frasche, pennacchi, e recavano
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1986
nastrini, e l’agitava di tanto in tanto, macchinalmente
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1986
macchinalmente, producendo spossati fremiti di metallo. ¶ La diligenza dové
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1986
si lasciava dietro puzza di letame e vino. Vi
200
1986
curioso strumento: una pentolona di coccio serrata da pelle
201
1986
Lei ebbe un po’ di paura, ma finalmente, in
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1986
l’aria con urlo di spaventoso trionfo. ¶ «Chivemmuortooo! Chivemmuortooo
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1986
proiettasse in su fasci di luce sanguigna. In un
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1986
luogo del cielo carico di stelle, là dove il
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1986
intenso, gonfiava un ombrello di grigi vapori, folgorati da
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1986
doppiato uno sprone irto di pini, videro il Vesuvio
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1986
dunque, quel vasto presepio di luci sparse tra macchie
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1986
s’avvicinavano al posto di dogana, traffico e clamore
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1986
aumentavano. Ormai un inferno di carri contadini, tra i
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1986
quali si dibattevano carrozze di signori in tricorno e
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1986
vita. Alcuni calzavano elmi di cartone dipinto, con pennacchi
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1986
cartone dipinto, con pennacchi di carta colorata, altri provavano
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1986
oro. Imprecazioni, urla, strazio di lamenti: truppa in giamberga
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1986
a parlamentare con uno di quei militari, il quale
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1986
raddoppiando riverenze, poi sparve. Di lì a un istante
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1986
Riemerse, aiutato da uno di loro, mentre gli altri
217
1986
vettura tremò per esplosione di fracasso infernale. Il cocchiere
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1986
larga, fiancheggiata da palazzi di tre, quattro piani, con
219
1986
da torcioni, lanterne, mazzi di candele fissati alle ringhiere
220
1986
alle ringhiere, e zeppi di gente che si dimenava
221
1986
urlava, buttava coriandoli, palle di carta colorata, farina, calava
222
1986
colorata, farina, calava tubi di cartone dipinto sospesi a
223
1986
sospesi a spaghi, cercando di calzarli in testa ai
224
1986
servi in livrea armati di fiaccole, tentavano di farsi
225
1986
armati di fiaccole, tentavano di farsi strada. ¶ Un urlìo
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1986
incessantemente dallo scuotere secco di mille tamburelli a sonagliera
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1986
a sonagliera, dal soffiare di mille fischietti, dal frenetico
228
1986
fischietti, dal frenetico strofinio di mille pentole simili a
229
1986
Uno ne notò: aste di legno sbattute freneticamente tra
230
1986
da una quantità inverosimile di trombette di carta, ornate
231
1986
quantità inverosimile di trombette di carta, ornate con pennacchi
232
1986
passanti. ¶ Pattuglie in maschera di giovinastri sciamannati, scalzi, avanzavano
233
1986
scalzi, avanzavano ritmando strepito di trombette ¶ Pe-pe perepé
234
1986
bordi, una serie ininterrotta di banchetti, illuminati da torce
235
1986
colorate. Vi si vendeva di tutto a una folla
236
1986
berretto bianco e grembiule di cuoio che bolliva maccheroni
237
1986
rapidità impressionante, in piatti di stagno agli avventori che
238
1986
con una gran rosta di paglia, saltava a scoperchiare
239
1986
armonioso. ¶ Da quel banco di maccheroni giungeva odore saporoso
240
1986
sciolte, asprigno del sugo di limone, maliziosi fiati d
241
1986
di Francia, il sentore di stalla, fieno, finimenti che
242
1986
antiche. ¶ I cavalli andavano di buon passo ai fischi
243
1986
stonacati, osterie con festoni di salami, formaggi, inghirlandate da
244
1986
vie percorse dagli eserciti di Roma e d’Alba
245
1986
acciottolato sconnesso. ¶ Alla posta di Velletri, prima di ripartire
246
1986
posta di Velletri, prima di ripartire coi cavalli freschi
247
1986
Non sapeva gran che di queste paludi, ma il
248
1986
stesso, forse qualche reminiscenza di cose lette o udite
249
1986
la tennero sospesa. Quasi di lì a poco dovessero
250
1986
il mondo dei morti di cui parla Omero. ¶ Paesaggio
251
1986
Sembrava infastidita dalla cascata di pieghe del bandrié che
252
1986
delineò una fascia nerastra di montagne, tra queste e
253
1986
da greti ciottolosi. Foreste di canne orlavano acquitrini verdastri
254
1986
orlavano acquitrini verdastri, spalmati di materia putrefatta. Ne salivano
255
1986
indietro, ansava. Grosse gocce di sudore le colavano sulle
256
1986
guance illividite. Mamãe cercava di rinfrescarla con un panno
257
1986
le canne, una mandra di strani buoi nerissimi, ossuti
258
1986
dalle corna falcate incrostati di melma. ¶ «I bufali» spiegò
259
1986
due coperti da pelli di capra, gambe e piedi
260
1986
acquitrini. ¶ «Devono essere marci di febbre» osservò titìo. «Come
261
1986
i cavalli e cercava di giungere senza danni alla
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1986
senza danni alla posta di Terracina. ¶ Presagi del ritorno
263
1986
cresta alle colline, diradarsi di canne. D’un tratto
264
1986
a girare, con stridio di martinicca, in una nuvola
265
1986
martinicca, in una nuvola di polvere: apparve una striscia
266
1986
polvere: apparve una striscia di case bianche contro la
267
1986
S’andava, tra alberi di frutta e siepi di
268
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di frutta e siepi di mortella, costeggiando spiagge bionde
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costeggiando spiagge bionde, ricamate di bianco. All’orizzonte, tra
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orizzonte, tra sottili vapori di foschia celeste, navigavano isole
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tio Antonio, Mentore provvidenziale di noi tutti? ¶ «Quella più
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cortese. «Se vi compiacete di scendere, vedremo i vostri
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i viaggiatori al corpo di guardia, lei fissò Miguelzinho
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proruppe in un torrente di torve parole incomprensibili. ¶ Intimorita
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s un po’ strisciata di “statte”, la b tanto
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la b tanto rinforzata di “bbuono” e la lunghissima
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anche ch’era cordiale, di gente con buoni sentimenti
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ridiscese verso il Castellone di Gaeta, dove c’erano
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pagnotte grandi come ruote di carro. Ma quel pane
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altopiani selvaggi tanto fitti di vegetazione da inquietare. Per
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facendosi bellissima: un’armonia di terre amorosamente coltivate, frutteti
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niente più che casupole di fango e ciottoli, con
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e ciottoli, con coperchi di paglia), non meno infelici
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esseri umani. Scalzi, incrostati di letame nero, occhi fuggiaschi
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Lei non aveva voglia di guardare il paesaggio, sebbene
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mai, l’aria intenerisse di rosa. Ma a Caserta
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vasche, vasche, vasche. Balenii di zampilli, giochi d’acqua
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scuotendo il capo. «Capricci di re. Questa è, senza
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l’espressione infelice, malaticcia, di sempre. «Noi siamo peggio
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siamo peggio dei Moriscos di Spagna. Non avremo mai
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Anche Sã Pereira consiglia di trasferirsi a Napoli.» ¶ «Para
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Nápolis!» ¶ La nonna vaporò di gioia. ¶ «Nápolis è um
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papài, incollerito. ¶ Titìo cercò di rasserenare. Si rivolse a
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Pereira m’ha promesso di parlare con Sua Eccellenza
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Tanucci è soprattutto quello di far riconoscere al più
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presto le nostre patenti di nobiltà portoghese e spagnola
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avete avuto due viceré di Napoli, un consigliere di
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di Napoli, un consigliere di Carlo V, una Connestabile
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Carlo V, una Connestabile di Castiglia! Noi Mendes da
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E anche un Grande di Spagna, senza rendite, muore
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Spagna, senza rendite, muore di fame.» ¶ 3 ¶ La sera, in
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il solito fiato pesante di Ripetta, stavolta misto all
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odore verde delle bucce di cocomero, a quello un
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acre sprigionato dai mucchi di verdura. Entrava anche il
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lunare su quell’arco di fiume. Quando la luna
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diventava piena, la gente di Ripetta s’intratteneva per
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clamore. S’udivano musiche di chitarra e canzoni, che
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alle loro voci querule di sempre. Li comprendeva, adesso
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dava fastidio la camicina di batista, già intrisa, provò
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a recitare un atto di contrizione. ¶ «Meu Deus, eu
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petto. Una brutta impurità di pensiero. Come avrebbe potuto
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Antonio, raccoglitore dei peccati di tutta la famiglia? O
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la famiglia? O meglio, di quasi tutta, perché papài
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papài non aveva abitudine di confessarsi né comunicarsi, sebbene
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quali fossero le idee di quel suo piccolo padre
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Ed avrebbe voluto sapere di chi erano i nomi
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Gassendi, Giansenio le parve di ricordare, nella piccola ma
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forze ignote che decidono di te. ¶ Stranamente le pareva
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mamma, da qualche abbandono di suo padre. Il grande
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padre. Il grande respiro di Lisboa sull’acqua del
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nel sole della torre di Belem... In fondo solo
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versi galleghi, astrusi pezzi di cantigas del re Dom
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commuoveva alle vuote sonorità di Camões, descriveva città giardini
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con mille cupole verdi di ceramica, forse aveva sentito
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al quale guizzavano linguacce di fuoco. Un po’ sinistre
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del Tevere, quella al di là di Ponte Sisto
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quella al di là di Ponte Sisto, perché lei
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portoghese José Primeiro, carico di un’enorme parrucca bianca
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serbava (con stampe colorate di costumi douregni) dentro una
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biondo. Indossava una giamberghina di velluto rosso, in testa
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calzava un’enorme corona di latta dorata, che gli
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fatica disumana, tra martellare di falegnami e parolacce di
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di falegnami e parolacce di facchini, andirivieni allucinante, rimescolio
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facchini, andirivieni allucinante, rimescolio di roba polvere ricordi. ¶ S
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alba splendida dell’otto di settembre. Eccitati i giovanissimi
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e tondo dei cavalli di Francia, il sentore di
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agosto, alla vecchia casa di Ripetta imposte semiaperte e
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dilagavano i miasmi: vapori di vino, erbe putride, urina
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per quel tratto sordido di fiume! Barconi tenuti insieme
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molo capretti, polli, pesci di mare o di Tevere
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pesci di mare o di Tevere, poi spazzavano a
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precipitare pei gradini torrenti di rigaije (dicevano così, aveva
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pronuncia) sanguinolente, pallidi gomitoli di grasso, cordate palpitanti d
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la vita sudicia, clamorosa, di Ripetta, dal balconcino delle
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sue prime esperienze romane. Di lì vedeva canne e
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e olivastri a riva di Trastevere, le acque finalmente
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delle sue fantasie, fatto di rami e corde. Era
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al mondo amassero più di carne vino insulti. ¶ Ora
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gran piazza sterrata, zeppa di folla urlante nei tabarri
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scarmigliavano alle raffiche, sommovendo di bagliori e d’ombre
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d’ombre il popolo di statue che incombeva dal
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rossi e gialli, luccicanti di ferro. Finalmente ombre nel
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manona enorme, nel gesto di benedire, fu allora che
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gli Svizzeri in parossismo di colpi, spinte, mani dibattute
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per raccogliere un pezzetto di quelle carte!» spiegò il
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conobbe cose più belle, di Roma e dei Romani
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sua famiglia, e quella di sua madre. Ed anche
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abate Antonio, il Mentore di tutta la tribù. Un
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del Pincio, la dolcezza di Santa Maria del Popolo
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e belante, in ballonzolio di poppe gonfie che perdevano
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saliva i vicoli tortuosi di Ripetta, per mungere a
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a Ripa. Negozietti, antri di ciabattini, fabbri, mostre graveolenti
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ciabattini, fabbri, mostre graveolenti di pizzicaroli. Non avevano soggezione
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pizzicaroli. Non avevano soggezione di chiedere il nome d
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Vor sape’ che vor di’ “pulentara”,1 innocenza bella! Ma
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Roma. Vi vedeva spiragli di futuro. Ormai anche lei
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là immense pozzanghere, verdi di muschio, esplodevano in bolle
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muschio, esplodevano in bolle di ranocchi. ¶ Dovunque pietre chiare
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acquitrini, ciò che rimaneva di Roma. A fissarle bene
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bene si rivelavano pezzi di colonne, capitelli sbreccati, frammenti
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un contadino il permesso di traversare un orto fitto
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traversare un orto fitto di cavoli: infine, lontano contro
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pena. Le parve che di lì a poco, nonostante
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bianche, nere, greggi giallognoli di pecore e abbaiavano cani
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che riusciva bene, decise di farle cominciare matematica, storia
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il clavicembalo: si progettò di noleggiarne uno, sebbene in
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posto. Invece il marchese di Pombal cacciò i Gesuiti
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ferro, la canzone marinara di Figueira de la Foz
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Tia Michaela, la mamma di Miguelzinho, secondo il suo
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tio Fernando, il fratello di papài, l’aveva lasciata
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verrà emanato l’editto di Dom Francisco che ordinerà
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a tutti i Portoghesi di Roma di lasciare lo
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i Portoghesi di Roma di lasciare lo Stato della
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via da questo paese di selvaggi ignoranti e triviali
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Aveva la sensazione vergognosa di stare ignuda al podio
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tanto parlava all’orecchio di Marullo. ¶ Improvvisamente ebbe émpito
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d’orgoglio, furore, voglia di sfida. Sollevò gli occhi
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incrociò con quelli preoccupati di Chiara Pignatelli. Non le
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Non le importò più di niente. Teneva i suoi
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quali aveva faticato, migliori di tutti quelli sentiti prima
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aveva neppure molta voglia di scrivere, di leggere. La
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molta voglia di scrivere, di leggere. La casa trasudava
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dolori artritici: prendeva gocce di laudano, imbacuccata accanto al
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ottone che andava alimentato di continuo. ¶ Adesso toccava a
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Archetto. E i cervelli di Napoli. Lei pure andò
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aveva procurato le Lezioni di commercio di Genovesi, Giordano
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le Lezioni di commercio di Genovesi, Giordano il Contratto
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Giordano il Contratto sociale di Rousseau: giacevano, intonsi, nello
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rivelava, disumano, il dovere di decidere sola: in deserto
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decidere sola: in deserto di segni ai quali riferirsi
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Oh no. Era sicura di no. Anche a Napoli
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gruppo vociante e sciamannato di lazzari, che reggevano sulle
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dominò rosso col guardinfante di broccato. Dietro schiamazzavano donne
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oro, sulla testa coronata di spine un berretto scarlatto
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contemporaneamente, i trafelati cortei di san Giovanni e Madonna
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parte. Però san Giovanni, di sorpresa, fra il delirio
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mani, sollevare la gonna di Maria. Squittio, battere d
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d’ali come scariche di fucileria: un volo schizzò
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stormi sprigionati dalla zimarra di san Giovanni, dal giustacuore
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san Giovanni, dal giustacuore di Gesù. ¶ La gente urlava
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poi un corteggio spaventevole di ciechi, zoppi, storpi. Monchi
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le mani in zoccoli di legno. La processione arrivò
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processione arrivò al Largo di Palazzo, il re e
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da un impressionante concerto di mugolii, urla dolorose, litanie
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lungo. Poi gettarono manciate di monete, provocando l’inferno
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la sua grossa croce di legno sulla testa d
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con teste e mani di legno, corpi di formaggi
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mani di legno, corpi di formaggi e prosciutti. Il
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e prosciutti. Il petto di santa Chiara provoloni, la
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sentito parlare del miracolo di san Gennaro, dei mille
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dolce, un po’ triste, di Gesù. La terribile figura
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Greci antichi discendevano, quando, di fronte alla sventura, al
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c’era un po’ di stanca. Pagano raccontava della
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Magari» sospirò. «Almeno eviterei di farmi cedere a un
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appannaggio. Ma poi cercate di non vendervi al re
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quando, dopo la presentazione di Pagano, s’erano messi
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seguì, obbediente, sulla vettura di piazza, accomodandosi al suo
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passava nel solito fragore di Toledo. Con una mano
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non vedeva. Provava voglia di cattiveria, punizioni, libertà. ¶ Luigi
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incoerenze irrisolte. Assolutamente incapace di ciò che ognuno faceva
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lasciarsi andare, decidere lietamente di sé. L’aveva fatto
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grassi della notte, inazzurrato di luna, Luigi l’aveva
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un’organizzazione, una chiesa, di qualsiasi tipo essa sia
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amici cominciava a parlare di villeggiatura. Chi faceva ripulire
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faceva ripulire la villa di Portici, Ercolano, Torre del
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per la sua villa di Posillipo, dove, senza dubbio
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bene. Le famose patenti di papài in alto mare
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alto mare, titìo meditava di tornarsene a Roma, ora
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voler sciogliere la Compagnia di Gesù. Occorreva aiutare Miguelzinho
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preso l’infelice abitudine di trascinarsi, spettinato, fino a
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tanta piccola nobiltà militare, di curia. ¶ «Tu conosci, sei
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una famiglia dal peso di mantenerla. Accollandolo a un
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piccolo mondo del lavoro di qualità. Soltanto cameriera, cuffiara
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dello stampatore. E nessuna di quelle signore era ammessa
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libertà, Lenòr. Ma libertà di che? Di leggere, scrivere
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Ma libertà di che? Di leggere, scrivere, pensare. Ci
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tutti hanno in testa di cambiare il mondo: Jeròcades
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come sempre: «Perché nessuno di noi ha realizzato il
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proprio. Allora ci occupiamo di quello altrui. È assai
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piccola, innocua divinità, lieta di governare un mondo da
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edificato, perciò amabile, privo di misteri. Tutto qui. Non
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allusione alle due terre di cui si riteneva figlia
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pergamena con la figura di Gesù Bambino vestito da
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a stampa coi recapiti di tutti gli Arcadi d
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Europa. ¶ S’avviò scambio di lettere e versi con
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balenìo d’improntitudine, decise di scrivere a Vienna, al
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della gloria, un mazzo di sonetti. Metastasio, civettone e
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del vecchio poeta, al di là della consumata cortesia
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sentiva” gl’impercettibili segnali di concordanza tra persone d
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d’ingegno. Era fonte di piacere sottile, nel gioco
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gloria, presso uno scrittoio di Maggiolini. Era giovane, pallido
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possedeva per quel genere di cose. ¶ Rileggeva infinite volte
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infinite volte le lettere di Pietro, specialmente la prima
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prima: tutto era cominciato di là, poi lui aveva
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del re: un plico di pergamena avorio su cui
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tutto lo splendore del di lei talento. ¶ L’invito
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la faccenda, per conto di Tanucci, che voleva fare
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voleva fare “un po’ di cultura a Corte”. ¶ Febbrilmente
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secondo le indicazioni politiche di Sanges, che grazie all
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età dell’oro, ricca di sapienza, libertà, giustizia. ¶ Altro
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accompagnarla nella sala verde di Palazzo, ove per i
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fece un cupo cenno di saluto. ¶ I poeti cominciarono
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del certame. Ebbe moto di rabbia verso Belforte: l
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tra i rovi. Splenderete di più». ¶ Avrebbe voluto rispondergli
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Domenico Cirillo, nuovo medico di Corte, il duca Marullo
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vestito in seta rosa di San Leucio. Pareva affaticata
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stava annoiando. Già prima di scendere dall’appartamento aveva
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sbuffato contro le manie di Tanucci. Al duca Marullo
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d’infanzia e gentiluomo di camera, aveva detto: «Maru
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Avrebbe voluto esser fuori di lì, subito: a casa
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accendevano risse, fra urla di donne seminude, balenìi di
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di donne seminude, balenìi di coltello. Pettegolezzi non mancavano
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si tiene” la moglie di quello.» «Quella è “commare
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quello.» «Quella è “commare” di quell’altro» si raccontava
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esplodere il Vesuvio. Anche di loro si parlava grasso
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San Mattia, a Rosario di Palazzo esisteva un’infinità
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Palazzo esisteva un’infinità di bordelli. Non era difficile
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a molti bassi frasche di cetrangole disposte in certo
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in certo modo, vasi di gerani scarlatti. Anche in
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a giudicare da madri di famiglia sformate e gialle
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mali imperdonabili. ¶ Nei confronti di queste cose lei provava
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lei provava curioso atteggiamento: di paura e fastidio. ¶ Ma
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Come avveniva alle dame di sua conoscenza. ¶ Era lei
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E avevan l’aria di doverle insegnare, proteggerla, magari
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pensando alla grossa bocca di Belforte. ¶ La fulminò un
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su una delle panche di bardiglio. Lui l’avrebbe
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da fare. Provò senso di colpa, voglia di recitare
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senso di colpa, voglia di recitare atti di contrizione
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voglia di recitare atti di contrizione uno dietro l
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prese i bei fogli di carta amalfitana sui quali