Gian Giorgio Trissino, Sofonisba, 1524

apparir de l'alba. ¶ Esser pareami in una selva

che quello i' chiamo esser felice, ¶ che vive quieto

assai beato ¶ è l'esser di color, a cui

sì rara. ¶ So ch'esser ti dee cara, ¶ se

cui? Per cui volete esser disfatti? ¶ Per gente che

si fosse, ¶ che l'esser stata moglie di chi

non cortese; ¶ però ch'esser non può cosa più

lodi. ¶ Benché nessuna laude esser soverchia ¶ puote a sì

nostre menti vaghe ¶ d'esser al fin felici, ¶ qual

periglioso mio viaggio, ¶ d'esser con così pochi entro

tale risposta: ¶ che l'esser moglie di sì gran

poi con più ragione esser devea ¶ moglie di quello

o questa, o l'esser serva de' Romani. ¶ Allor

disse con bassa voce esser contenta. ¶ Poi questi dimandò

maggior de' merti ¶ suol esser causa a gli animi

mia moglie. ¶ LELIO ¶ Com'esser può, ch'è moglie

di Siface; ¶ il qual esser intendo dei Romani ¶ col

riceva oltraggio. ¶ Non vogliate esser tanto pertinace ¶ di menare

veramente è degno ¶ d'esser amato sopra ogn'altra

Lassa, ben mi credeva esser venuto ¶ il fin de

Non chiedo libertà, ch'esser non puote; ¶ né schifo

un giorno ¶ si truova esser prigion, mendico, e servo

Massuli ¶ (ch'io sapeva esser vostro) si fu preso

Poscia ch'io vedo esser la voglia vostra ¶ d

fa con le speranze esser rimasa ¶ da me tutte

al campo ¶ vadi, per esser serva de' Romani. ¶ Lassa

e di qualche sospiro esser cortesi; ¶ e priego Idio

mi farà la morte esser soave, ¶ perché, vivendo tu

anno. ¶ SOFONISBA ¶ Il bene esser non può troppo per