Vittorio Alfieri, Antigone, 1783

degna di te. ¶ Argia ¶ Fia degna sempre, ¶ dov'io

di Adrasto; ei gli fia padre. Al pianto ¶ il

stirpe? A me non fia, ¶ nel dì funesto in

sai, mi spinse. ¶ Ti fia poi nota; e, benché

CREONTE, EMONE ¶ Creonte ¶ Che fia? quale han delitto ¶ queste

uccidi, uccidi me; non fia, che Adrasto ¶ ten punisca

omai la inutil legge ¶ fia tolta... ¶ Emone ¶ Oh cielo

ei poscia un dì fia tuo. ¶ Emone ¶ T'inganni

amor, cui debil freno ¶ fia la ragion tuttora. A

per me forse, ¶ dargliela fia più certo util partito

esser tua consente. Or, fia la scelta ¶ dubbia, fra

il morir mio; pegno fia questo, ¶ sol pegno a

potrebb'ei. — Ma, qual fia vita? e trarla, ¶ a

Creonte ¶ Ben parli. ¶ Troppo fia casto il nodo: altro

ma, più infame nome ¶ fia, di Creonte nuora. ¶ Emone

e fratelli miei. Mi fia la scure ¶ trionfo quasi

vedrò: me vivo ¶ non fia. — Ma, m'odi, o

me novella. ¶ Creonte ¶ Emon fia in sé tornato, ¶ pria

credo. ¶ Emone ¶ — Or va, fia degna ¶ quant'io farò

la taccia di crudel fia scema. ¶ SCENA V ¶ CREONTE

la tomba. ¶ Argia ¶ E fia pur ver? tanta clemenza

Oh! salva ¶ Antigone non fia? ¶ Creonte ¶ L'altrui fallire

tua pena in parte ¶ fia scema forse... ¶ Antigone ¶ Oh

solo: a te chi fia ¶ ch'osi il passo