Egisto Roggero, L'eredità del genio, 1898

mettea fuori della cancellata i suoi cespi di oleandri

e si allontanò. ¶ E i suoi passi si perdettero

che giallastra filtrava tra i vetri e le tende

avea colà recate con i giornali, le due eleganti

la leggera contrazione, ed i suoi occhi avean la

aperta sul mobile. Aprì i giornali, ma li ripose

brevi, rapide fermate, urtando i mobili, rovesciando i gingilli

urtando i mobili, rovesciando i gingilli; corrugata la fronte

sdraiò sulla solita poltroncina. I suoi occhi caddero sulla

ardito, bello e moderno. ¶ I lottatori dell'Idea. Quattro

vecchio celebre pittore, dopo i suoi dolori, aveva finito

per un momento con i suoi guizzi il grigiore

ed inutile la vita! ¶ I suoi occhi corsero accora

fisò e lasciò cadere i fiori che le si

le avrei detto tutto: i rimproveri da tanto tempo

accumulata mi facean tremare i polsi, mentre il vento

incessante gli rispondeva: con i suoi gemiti, i suoi

con i suoi gemiti, i suoi vani assalti sugli

no, non eran mutati! I dolci occhi, i cari

mutati! I dolci occhi, i cari, i mai obliati

dolci occhi, i cari, i mai obliati occhi.... E

e buono. E anche i dolci occhi, i cari

anche i dolci occhi, i cari e tristi occhi

la mia collera cadde. I rimproveri, le tristi parole

tutto, in quel momento, i nostri cuori? ¶ I suoi

momento, i nostri cuori? ¶ I suoi poveri occhi s

rividi gli occhi ridenti - i dolci occhi ancora adesso

le eleganti casine bianche, i piccoli giardini esotici ove

il verde, io rivivevo i miei venti anni. Eravamo

Poi alzò gli occhi - i dolci occhi della mia

via deserta e su i foschi cipressi della villa

lo champagne. ¶ E tra i fiori, tra i calici

tra i fiori, tra i calici scintillanti, la luce