Alberto Moravia, Il canto del cuculo, 1941

delitto, il processo e la condanna, sperava ancora l

ancora l’affetto e la simpatia umana. Così i

e della simpatia che la sua innocenza richiedeva, si

i regolamenti della prigione, la casacca a righe con

incontro con l’insensibilità, la servitù e il dolore

quel tempo a fondo la galera. Le lunghe notti

che ogni giorno faceva la ronda tra i fucili

membruto come un facchino, la mascella forte e la

la mascella forte e la fronte bassa. Grinta feroce

il suo pugno e la sua pesante protezione. Il

Il prigioniero sentì tutta la tenerezza di un tempo

cambiarsi in compiaciuta crudeltà, la sincerità in consapevole menzogna

definitiva diffidenza. Del resto la prigione era mite. E

nella condotta delle guardie, la ferocia e la durezza

guardie, la ferocia e la durezza erano in quell

lo stabilimento ne ammiravano la pulizia, la modernità, l

ne ammiravano la pulizia, la modernità, l’umanità. Prigione

a che fare con la prigione le officine e

e dai larghi fornelli, la biblioteca tenuta dal cappellano

opere morali ed edificanti, la cappella nuda ma raccolta

quale si dominava tutta la vasta campagna circostante suggeriva

era così fine lassù, la vista così splendida, dicevano

e salubre. Effettivamente come la vita del carcere sembrava

avrebbe potuto benissimo scambiare la prigione per qualche grandissima

Ma il prigioniero, nonostante la trasformazione da adolescente tenero

amenità del luogo e la mitezza dei sistemi, nonostante

da tempo non soltanto la coscienza della libertà, ma

di cella; o per la presenza di un compagno

corde fuori della cella. La campagna ancora brulla, con

prese a camminare per la strada maestra. Ecco le

il carcere che avvertiva la campagna circostante della sua

le voci, gli spari, la caccia. Allora lasciò la

la caccia. Allora lasciò la strada maestra, e sdrucciolando

prese a camminare lungo la sponda erbosa di un