Vittorio Alfieri, Bruto secondo, 1789

riacquistarli giammai. ¶ Ma, se le mie parole esser den

Gracchi in poi, fian le romane stragi. ¶ Il foro

foro, i templi suoi, le non men sacre ¶ case

necessari aratri; ¶ in mannaie, le leggi; in re feroci

alquanto. Udito hai tu le grida ¶ di popolare indegnazione

mortali al petto tuo, le voci ¶ del tuo popol

ei merca. ¶ Di libertà le nostre ultime grida ¶ scontar

Col brando ei doma, ¶ le Gallie, è ver; ma

coi lusinghieri artificiosi accenti, ¶ le sue legion da prima

de' rei terrore esser le leggi: ¶ e, finché torni

guerra; ed ora ¶ fra le mura di Roma, inerme

anco tu puoi, ¶ come le scuri ed i littor

gloria, e libertade: ¶ quanto le hai tolto, in somma

i danni, ch'io le fea. Secura ¶ posare in

fia dal mal che le ho fatto. Io quindi

ascolta ¶ per bocca mia le voci; e Bruto, e

ei si avviava ¶ ver le sue case. Oh! potrebbe

guasto cuore, ¶ senza arrossir, le più riposte falde, ¶ come

tempeste del mio cor le narro. ¶ Piange al mio

appieno. — ¶ Già si appressan le tenebre: il gran giorno

amore alto per Roma; ¶ le sue per me vere

mandar, che coi littor le scuri. ¶ SCENA IV ¶ BRUTO

Veggio inarcar dallo stupor le ciglia: ¶ oscuro ai padri

L'oro, i banchetti, le lusinghe, i giuochi, ¶ per

ria baldanza!... ¶ Bruto ¶ E le sue mire inique ¶ tutte