Vittorio Alfieri, Polinice, 1783

regno, o di sangue, mal diresti. ¶ Giocasta ¶ Io vederli

lassa!) oh quanto, ¶ quanto mal chiuso fiele entro a

O non saprassi, ¶ o mal saprassi. A un re

a forza, attenere. Il mal difeso ¶ trono ov'io

sol forza è dritto, ¶ mal potrei, se con me

Polinice ¶ O madre, ¶ sì mal conosci i figli tuoi

quanto io la compiango!... ¶ Mal suoi figli conosce. Oh

lusinga ell'è, che mal suo grado io trarlo

fuoco, a sangue, il mal difeso regno ¶ tutto mandando

simulato petto. ¶ Giocasta ¶ A mal tu torci ¶ ogni suo

donde in ver; che mal trarrian lor giorni ¶ sotto

rovine loro, ¶ tosto, e mal grado mio: ma, s

un re spergiuro. ¶ Il mal talento universal lo stringe

mia ¶ destar tumulti, e mal mio grado. In Tebe

in te; speme, che mal tuo grado ¶ mostra, che

la non estinta e mal celata rabbia. — ¶ Questo il

miglior fede? Oh! quanto ¶ mal co' mordaci detti opra

è; tu il fingi ¶ mal destramente... Io fratricida infame

Polinice ¶ Uso al velen, mal tratterai tu il brando

vieta ¶ l'odio, che mal di un sol colpo

e fuggendo, con passi ¶ mal sicuri, a te vengo