Pietro Aretino, Angelica, 1535

se aviene che ciò me si dedichi per temerità

tua grazia rara ¶ sopra me sí ch'io scorga

ch'è piú di me felice e vago, ¶ non

s'è valore in me tu, Albracca, il sai

a lui e a me il suo volto. ¶ 37 ¶ Adunque

luci torte, ¶ dicendo: - In me non ha ragione alcuna

fors'esser donno, ¶ di me non già, ch'or

vana, ¶ l'ingrata donna, me spregiando, apprezza? ¶ Ahi, ria

bellezza mia. ¶ 79 ¶ Non vinse me l'empio Agrican gagliardo

vede ¶ quanti ha da me sera e matina onori

sua empia influenza ¶ sopra me trista fesse esperienza. ¶ 23 ¶ S

detta, mi amonisce e me consiglia, ¶ quel formai, quel

vostra. ¶ 35 ¶ Ma se a me date tanto modo ch

coltello ¶ in grembo a me, semplice traditrice, ¶ chi l

suoi e i fatali, ¶ me gittar su le spine

pietade ¶ ebbe alora di me la Crudeltade. ¶ 41 ¶ Le spine

in seno, ¶ che per me sí reo fin fosse

il fier desio di me satollo, ¶ stender mi fe

ferro non taglia in me rivolse, ¶ onde s'udí

il qual ebbe di me compassione, ¶ forse onorando la

fece il colpo da me cader lontano. ¶ 59 ¶ Al fine

Voi, che dopo di me sete rimasi, ¶ con chi

porse ¶ al collo a me con tenerezza tanta ¶ che

santa ¶ per fare in me, dopo gli strazii e

con luce calda, ¶ di me pietoso in tante fiamme

e sol pensando in me par che s'accori

né fia; ¶ gli addita me che gli do puramente

leon famelico che mira ¶ me misera con orrido sembiante