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Vittoria Colonna, [Rime], 1538

concordanze di «mi»

nautoretestoannoconcordanza
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la sua gloria assai mi dole; ¶ Per altra penna
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ardor, l'intensa pena ¶ Mi scusi appo ciascun, grave
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no, ma di duol mi danno il vanto. ¶ SONETTO
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gioir parte contemplo, ¶ Chè mi par d'ascoltar l
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piaga si rinfresca? ¶ Chi mi lusinga, o qual cibo
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oscuro il chiaro sol mi rende, ¶ E nel mio
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intende, ¶ Più di pace mi toglie e sì m
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ai più caldi sospir mi riconduce. ¶ Se verde prato
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pianto il triste sen mi bagna, ¶ Che forma un
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piacer, che dall'altro mi scompagna: ¶ Ma nè questi
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così nobil fiamma amor mi cinse, ¶ Che poco apprezza
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men cara al cor mi riede. ¶ Visto hai quanto
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Anzi di ricovrarla or mi par tardo. ¶ SONETTO XX
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men m'offende; ¶ Già mi tolse la pace, or
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ogni affanno chiara palma ¶ Mi porse, or nella luce
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quel laccio ond'io mi pregio e lodo, ¶ Che
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pregio e lodo, ¶ Che mi trae fuor d'ogni
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ogni mondano errore; ¶ E mi tien nella via ferma
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Se d'altre grazie mi fu il cielo avaro
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lagrimar, grati i sospiri ¶ Mi rese in questo suo
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me nel grado onde mi tolse. ¶ Ella fu che
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morte non sciolse. ¶ Ella mi fe seguir gli ardenti
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che vede come io mi consumi, ¶ È tempo ormai
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alluma ¶ Di belli esempi, mi fa il duol sì
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sì amico, ¶ Che assai mi giova più che non
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vendetta non più udita, ¶ Mi lascia viva in questa
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morte vera. ¶ S'ella mi fugge or che sperar
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fugge or che sperar mi lice? ¶ SONETTO XXXVI. ¶ S
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ero sua, per sè mi tolse; ¶ Nella sua morte
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sovra 'l corso uman mi spinge, ¶ Vidi il volto
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sofferse la gloria: onde mi duole, ¶ Che giunse e
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l'aprir gli occhi mi nodriva, ¶ Il chiuderli ora
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mia fatica: ¶ L'un mi consuma il cor, l
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la mia pena antica ¶ Mi addolcisce ad ogn'ora
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altro ora al duol mi guida ed or mi
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mi guida ed or mi spinge ¶ Vago nell'alma
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freni e sproni or mi ritiene, or spinge. ¶ Con
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l'acerbe invide offese ¶ Mi fan restar del gran
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su 'l mio sole, ¶ Mi parea in terra far
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più si duole. ¶ Gloria mi fu vederlo cinto intorno
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Ch'egli dal ciel mi manda, e vuol ch
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umano e 'l divin mi pose in forse. ¶ In
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dolce libertà ch'io mi godea; ¶ E sè stessa
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in tenebre ed affanni ¶ Mi lasciasti, o mio sol
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son tali, ¶ Ch'or mi si toglie e vivere
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gentile alma accende, ¶ Non mi fur mai cagion di
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che 'l martir non mi distempre, ¶ La cagion s
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che seco in ciel mi ricongiunge; ¶ Ma viene ognor
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Gli occhi, che morte mi nasconde e cela, ¶ Ond
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che 'l ciel non mi contende, ¶ Mi mostra ove
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ciel non mi contende, ¶ Mi mostra ove drizzar convien
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Le tue parole intese ¶ Mi porgon ben ardir; ma
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la man che morte mi contese. ¶ SONETTO LXVII. ¶ ARGOMENTO
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in timore e spene ¶ Mi tenner sempre fra diletti
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ch'or tant'avari ¶ Mi sieno i cieli: e
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Quei lochi ov'ei mi fea già chiaro il
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chiare. ¶ Quanto pena or mi dà, gioia mi dava
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or mi dà, gioia mi dava! ¶ E in questo
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che questo amaro ancor mi aggrada. ¶ E perchè nel
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vissi io felice, ei mi scoperse ¶ I dubbi passi
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co' vestigi chiari. ¶ Qui mi mostrò il principio, e
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spirto divino, io pur mi godo; ¶ Chè con quanto
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pensieri, ¶ Ch'un tempo mi nudrir felice amando; ¶ Or
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nudrir felice amando; ¶ Or mi consuman, misera! cercando ¶ Pur
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gioiosa speme ¶ Tal odor mi diè già, che 'l
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l'altre spente. ¶ Così mi sforza la nimica sorte
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ch'al mio sol mi conduce, ¶ SONETTO LXXXIII. ¶ Occhi
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l tuo grave danno ¶ Mi può spesso in ciel
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tacer, l'altro parlar mi sforza; ¶ E d'ambedue
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vivo raggio ¶ Che morte mi nasconde: e pur sempre
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all'alta meta ¶ Che mi scuopre il mio sol
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chiare e conte, ¶ Che mi guidino al ben ch
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chiaro sole ¶ In cui mi specchio, nè ch'un
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dolor che 'l cor mi preme. ¶ SONETTO XCVII. ¶ ARGOMENTO
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mondo unqua risalde. ¶ Ovunque mi volgea, trionfo novo ¶ Scorgea
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la palma. ¶ Soave cibo mi è il pianto e
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ognor m'accendo, ivi mi cuoco, ¶ E per sì
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arder sempre piangendo non mi doglio; ¶ Forse avrò di
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mio sol ch'ancor mi luce ¶ Per entrarv'egli
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vid'io, ma non mi spetro ¶ Da terra sì
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della cagione ond'io mi doglio; ¶ E 'l peso
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un casto ardente ¶ Pensier mi rappresenta, e veggio l
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sopra ad ogni altra mi rivolse ¶ Tanto al suo
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dolse, ¶ Quant'io sempre mi doglio, poca speme ¶ D
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del dolor quasi Fenice ¶ Mi sento rinnovar nel foco
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sempre pace, ¶ Dicendo: assai mi fa se il mio
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E l'aria tutta mi pareva un speco ¶ Di
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memoria il petto ancor mi coce! ¶ Se vittoria volevi
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giorno col mio sol mi tolse; ¶ Ma lui d
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che tanto splendor non mi contenda? ¶ Temo sol che
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lume nel cielo ¶ Non mi fia noto, n'altro
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sol gloria miete. ¶ Or mi par di vederle errando
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porre in oblio. ¶ Morte mi tolse e la mia
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cagion che a forza mi sostiene. ¶ E se ne
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ascolto e periglioso canto, ¶ Mi consola e diletta; e
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il suo lucido fonte, ¶ Mi porga umore alla gran
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e grandi ¶ Obblighi, che mi stanno in mille modi
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d'ogni ombra vile ¶ Mi spogli, acciò più presto
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ira paventi, ¶ Sicch'ei mi trovi a ogni vigilia
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pensier, l'amor superno ¶ Mi guida fuor del freddo
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che di molle cera ¶ Mi vegga il petto, onde
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sol, cui sempre adoro, ¶ Mi volgo, e nuda bramo
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lieve il peso ¶ Sembrar mi face col suo lume
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un miracol ch'io ¶ Mi veggia intorno lucida in
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quel breve soggiorno ¶ Sì mi scaldasse il suo bel
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occhio divino tuo languir mi vede ¶ Per l'ombra
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che rimanendo i' teco ¶ Mi cibi ognor della rugiada
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ascolto ed odo, ¶ Che mi richiama a più verace
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a quella, in cui mi fido, ¶ Viva pietra Gesù
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mio fido pensier pur mi rimembra, ¶ Ch'ei d
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del mio fallir meco mi doglio, ¶ Che forse allunga
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infinita ¶ Provvidenza si mostra, mi parea ¶ Veder l'insegna
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s'impresse. ¶ Ma vorrei mi mostrasti il volto e
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invitti scudi armato intorno ¶ Mi parve aver il cor
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gran monte, ond'io mi specchio e tergo ¶ Nel
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sua questo alto scoglio, ¶ Mi rassembra, e 'l gran
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pensier da vil nodo mi scioglio, ¶ Pregando lei con
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il nodo ¶ Che qui mi lega, questa umana scorza
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cor, ben spesso richiamata, ¶ Mi par per lungo spazio
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e del tuo amore ¶ Mi fo contra l'antico
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merto, viva. ¶ Egli giusta mi rende sciolta e priva
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un di questi affanni ¶ Mi tolse, e l'altro
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Tu dici ch'ei mi purga in te l
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velo, e ch'ei mi guida al monte ¶ Ove
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largo mar per lei mi privo; ¶ Ond' io prego
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più altero; ¶ Quand' io mi vidi più che mai
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Fra varie tempre ancor mi tiene involta! ¶ Onde non
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con sorda lima; ¶ E mi faccia parer da falsa
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affrena e grande amore ¶ Mi sprona spesso al glorioso
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ch'a ben far mi spinse. ¶ Or convien ch
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dolce amico ¶ Pensier che mi consola, e ben può
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mio cor nutrico, ¶ Stanca mi volsi: e ricordar pur
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convien che tutta umil mi porga ¶ Gli occhi, e
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desio. ¶ Per man lieto mi prese, e non rispose
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miei; ma allor seco mi strinse ¶ Sì, che nel
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sì del suo bel mi cinse, ¶ Veder quasi in
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sì novo cospetto ¶ Non mi fu dunque la mia
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mirare il frutto suo mi serba ¶ Il sempre contra
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larga piaga, tanto oggi mi vanto ¶ Di nuova gioia
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e vincitrice. ¶ Da lei mi vien chi la mia