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Dante Alighieri, Divina Commedia, 1321

concordanze di «mi»

nautoretestoannoconcordanza
1
1321
la faccia, ¶ e promettendo mi sciogliea da essa. ¶ Quiv
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1321
El par che tu mi nieghi, ¶ o luce mia
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1321
chiamare, e grida: «I' mi sobbarco!». ¶ Or ti fa
4
1321
merito o qual grazia mi ti mostra? ¶ S'io
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1321
venuto; ¶ virtù del ciel mi mosse, e con lei
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1321
ir posso, a guida mi t'accosto. ¶ Ma vedi
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1321
destra qua remote; ¶ se mi consenti, io ti merrò
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1321
sapeva per qual calle, ¶ mi volsi intorno, e stretto
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1321
pur me, come conoscer mi volesse. ¶ Temp' era già
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1321
e io ver' lui mi fei: ¶ giudice Nin gentil
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1321
giudice Nin gentil, quanto mi piacque ¶ quando ti vidi
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1321
è divina, ¶ in sogno mi parea veder sospesa ¶ un
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1321
calare intesa; ¶ ed esser mi parea là dove fuoro
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1321
suso in piede'. ¶ Poi mi parea che, poi rotata
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1321
Greci il dipartiro; ¶ che mi scoss' io, sì come
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1321
come da la faccia ¶ mi fuggì 'l sonno, e
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1321
ti posò, ma pria mi dimostraro ¶ li occhi suoi
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1321
verità li è discoperta, ¶ mi cambia' io; e come
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1321
e terso, ¶ ch'io mi specchiai in esso qual
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1321
sopra s'ammassiccia, ¶ porfido mi parea, sì fiammeggiante ¶ come
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1321
su la soglia ¶ che mi sembiava pietra di diamante
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1321
sù di buona voglia ¶ mi trasse il duca mio
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1321
l serrame scioglia». ¶ Divoto mi gittai a' santi piedi
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1321
volte nel petto pria mi diedi. ¶ Sette P ne
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1321
P ne la fronte mi descrisse ¶ col punton de
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1321
la gente a' piedi mi s'atterri». ¶ Poi pinse
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1321
poi rimase macra. ¶ Io mi rivolsi attento al primo
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1321
e 'Te Deum laudamus' mi parea ¶ udire in voce
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1321
Tale imagine a punto mi rendea ¶ ciò ch'io
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1321
destro fianco, ¶ questa cornice mi parea cotale. ¶ Là sù
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1321
gente. ¶ Per ch'i' mi mossi col viso, e
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1321
m'era colui che mi movea, ¶ un'altra storia
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1321
varcai Virgilio, e fe'mi presso, ¶ acciò che fosse
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1321
di dietro a Micòl mi biancheggiava. ¶ Quiv' era storïata
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1321
giustizia vuole e pietà mi ritene». ¶ Colui che mai
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1321
si trova. ¶ Mentr' io mi dilettava di guardare ¶ l
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1321
muovere a noi, non mi sembian persone, ¶ e non
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1321
d'i miei maggior mi fer sì arrogante, ¶ che
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1321
fosse ¶ che, possendo peccar, mi volsi a Dio. ¶ Oh
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1321
come andar vuolsi rife'mi ¶ con la persona, avvegna
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1321
avvegna che i pensieri ¶ mi rimanessero e chinati e
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1321
eravam leggeri; ¶ ed el mi disse: «Volgi li occhi
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1321
roccia era tagliata; ¶ quivi mi batté l'ali per
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1321
per la fronte; ¶ poi mi promise sicura l'andata
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1321
scaglion santi, ¶ ed esser mi parea troppo più lieve
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1321
per lo pian non mi parea davanti. ¶ Ond' io
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1321
li occhi apersi; ¶ guarda'mi innanzi, e vidi ombre
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1321
munto. ¶ Di vil ciliccio mi parean coperti, ¶ e l
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1321
bel sembiante, ¶ d'innanzi mi si tolse e fé
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1321
con un gigante io mi convegno, ¶ che i giganti
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1321
io de l'abisso mi divella, ¶ maestro mio», diss
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1321
d'erro un poco mi favella: ¶ ov' è la
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1321
dal centro, ov' io mi presi ¶ al pel del
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1321
io scesi; ¶ quand' io mi volsi, tu passasti 'l
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1321
in sua scorta. ¶ I' mi volsi a man destra
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1321
Lo duca mio allor mi diè di piglio, ¶ e
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1321
e con cenni ¶ reverenti mi fé le gambe e
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1321
per la quale i' mi son messo. ¶ Mostrata ho
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1321
dimora, ¶ più muover non mi può, per quella legge
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1321
ben che per lei mi richegge. ¶ Va dunque, e
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1321
sparì; e io sù mi levai ¶ sanza parlare, e
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1321
sanza parlare, e tutto mi ritrassi ¶ al duca mio
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1321
le guance lagrimose; ¶ ivi mi fece tutto discoverto ¶ quel
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1321
color che l'inferno mi nascose. ¶ Venimmo poi in
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1321
sia poscia esperto. ¶ Quivi mi cinse sì com' altrui
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1321
mani avvinsi, ¶ e tante mi tornai con esse al
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1321
petto. ¶ Di maraviglia, credo, mi dipinsi; ¶ per che l
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1321
io, seguendo lei, oltre mi pinsi. ¶ Soavemente disse ch
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1321
l'amoroso canto ¶ che mi solea quetar tutte mie
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1321
che ne la mente mi ragiona' ¶ cominciò elli allor
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1321
la dolcezza ancor dentro mi suona. ¶ Lo mio maestro
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1321
ragion ne fruga, ¶ i' mi ristrinsi a la fida
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1321
per la montagna? ¶ El mi parea da sé stesso
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1321
raggi l'appoggio. ¶ Io mi volsi dallato con paura
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1321
pur diffidi?», ¶ a dir mi cominciò tutto rivolto; ¶ «non
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1321
mente se di là mi vedesti unque». ¶ Io mi
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1321
mi vedesti unque». ¶ Io mi volsi ver' lui e
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1321
avea diviso. ¶ Quand' io mi fui umilmente disdetto ¶ d
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1321
due punte mortali, io mi rendei, ¶ piangendo, a quei
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1321
Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, ¶ revelando
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1321
quel condotto ¶ che speranza mi dava e facea lume
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1321
poggio tutto gira. ¶ Sì mi spronaron le parole sue
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1321
parole sue, ¶ ch'i' mi sforzai carpando appresso lui
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1321
cinghio sotto i piè mi fue. ¶ A seder ci
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1321
un di lor, che mi sembiava lasso, ¶ sedeva e
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1321
che porta? ¶ ché non mi lascerebbe ire a' martìri
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1321
già il poeta innanzi mi saliva, ¶ e dicea: «Vienne
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1321
mondo in mondo cercar mi si face». ¶ E uno
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1321
di Carlo, ¶ che tu mi sie di tuoi prieghi
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1321
quale io sedea, ¶ fatti mi fuoro in grembo a
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1321
l'angel di Dio mi prese, e quel d
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1321
tu del ciel, perché mi privi? ¶ Tu te ne
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1321
una lagrimetta che 'l mi toglie; ¶ ma io farò
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1321
me quando 'l dolor mi vinse; ¶ voltòmmi per le
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1321
poi di sua preda mi coperse e cinse». ¶ «Deh
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1321
son la Pia; ¶ Siena mi fé, disfecemi Maremma: ¶ salsi
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1321
parlando a gioco: ¶ "I' mi saprei levar per l
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1321
io nol feci Dedalo, mi fece ¶ ardere a tal
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1321
Aretin che rimase, tremando ¶ mi disse: «Quel folletto è
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1321
freddi e molli, ¶ sempre mi stanno innanzi, e non
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1321
ond' io nel volto mi discarno. ¶ La rigida giustizia
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La rigida giustizia che mi fruga ¶ tragge cagion del
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1321
dicon vero; ¶ ma che mi val, c'ho le
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1321
a lui: «Ancor che mi sia tolto ¶ lo muover
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1321
ho sete e omor mi rinfarcia, ¶ tu hai l
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1321
fisso, ¶ quando 'l maestro mi disse: «Or pur mira
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1321
poco che teco non mi risso!». ¶ Quand' io 'l
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1321
ancor per la memoria mi si gira. ¶ Qual è
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1321
non fosse, agogna, ¶ tal mi fec' io, non possendo
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1321
me tuttavia, e nol mi credea fare. ¶ «Maggior difetto
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1321
Una medesma lingua pria mi morse, ¶ sì che mi
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1321
mi morse, ¶ sì che mi tinse l'una e
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1321
e poi la medicina mi riporse; ¶ così od' io
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1321
stesso pungi». ¶ Poi caramente mi prese per mano ¶ e
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1321
gente. ¶ La faccia sua mi parea lunga e grossa
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sanza tema a dicer mi conduco; ¶ ché non è
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alto muro, ¶ dicere udi'mi: «Guarda come passi: ¶ va
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1321
lassi». ¶ Per ch'io mi volsi, e vidimi davante
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1321
fu. ¶ E perché non mi metti in più sermoni
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1321
e aspetto Carlin che mi scagioni». ¶ Poscia vid' io
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1321
fatti per freddo; onde mi vien riprezzo, ¶ e verrà
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1321
viso ad una. ¶ Piangendo mi sgridò: «Perché mi peste
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1321
Piangendo mi sgridò: «Perché mi peste? ¶ se tu non
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1321
vendetta ¶ di Montaperti, perché mi moleste?». ¶ E io: «Maestro
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1321
dubbio per costui; ¶ poi mi farai, quantunque vorrai, fretta
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1321
Lèvati quinci e non mi dar più lagna, ¶ ché
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1321
a me: «Perché tu mi dischiomi, ¶ né ti dirò
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1321
fiate in sul capo mi tomi». ¶ Io avea già
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1321
dolor che 'l cor mi preme ¶ già pur pensando
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1321
qua giù; ma fiorentino ¶ mi sembri veramente quand' io
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1321
sonno ¶ che del futuro mi squarciò 'l velame. ¶ Questi
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fronte. ¶ In picciol corso mi parieno stanchi ¶ lo padre
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con l'agute scane ¶ mi parea lor veder fender
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man per lo dolor mi morsi; ¶ ed ei, pensando
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1321
tu le spoglia". ¶ Queta'mi allor per non farli
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1321
quarto dì venuti, ¶ Gaddo mi si gittò disteso a
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1321
morì; e come tu mi vedi, ¶ vid' io cascar
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1321
l sesto; ond' io mi diedi, ¶ già cieco, a
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1321
mio viso stallo, ¶ già mi parea sentire alquanto vento
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1321
de la ghiaccia ir mi convegna». ¶ Rispuose adunque: «I
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1321
perché tu più volentier mi rade ¶ le 'nvetrïate lagrime
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che di qua dietro mi verna. ¶ Tu 'l dei
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1321
l vento gira, ¶ veder mi parve un tal dificio
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poi per lo vento mi ristrinsi retro ¶ al duca
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1321
ch'a l'occhio mi corse ¶ un, crucifisso in
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1321
con tre pali. ¶ Quando mi vide, tutto si distorse
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1321
a ciò s'accorse, ¶ mi disse: «Quel confitto che
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1321
io da li 'ncarcati mi parti' ¶ dietro a le
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1321
a pascer caccia. ¶ Così mi fece sbigottir lo mastro
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1321
esser partito. ¶ Se tu mi 'ntendi, or fa sì
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1321
che ti vaglia». ¶ Leva'mi allor, mostrandomi fornito ¶ meglio
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1321
lena ch'i' non mi sentia, ¶ e dissi: «Va
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ottava ripa, ¶ e poi mi fu la bolgia manifesta
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1321
memoria il sangue ancor mi scipa. ¶ Più non si
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1321
gola fiera. ¶ Vita bestial mi piacque e non umana
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1321
Fucci ¶ bestia, e Pistoia mi fu degna tana». ¶ E
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1321
dipinse; ¶ poi disse: «Più mi duol che tu m
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1321
la miseria dove tu mi vedi, ¶ che quando fui
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1321
Da indi in qua mi fuor le serpi amiche
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1321
l duca stesse attento, ¶ mi puosi 'l dito su
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1321
vidi, a pena il mi consento. ¶ Com' io tenea
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1321
e trasmutare; e qui mi scusi ¶ la novità se
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1321
cotali ¶ tuoi cittadini onde mi ven vergogna, ¶ e tu
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1321
esser dee! ¶ ché più mi graverà, com' più m
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1321
non si spedia. ¶ Allor mi dolsi, e ora mi
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1321
mi dolsi, e ora mi ridoglio ¶ quando drizzo la
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1321
E 'l duca che mi vide tanto atteso, ¶ disse
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1321
vaglia mille, ¶ che non mi facci de l'attender
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1321
del disio ver' lei mi piego!». ¶ Ed elli a
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1321
fuori e disse: «Quando ¶ mi diparti' da Circe, che
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1321
da la man destra mi lasciai Sibilia, ¶ da l
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1321
quando il mio duca mi tentò di costa, ¶ dicendo
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1321
cui mal prenda!, ¶ che mi rimise ne le prime
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1321
polpe ¶ che la madre mi diè, l'opere mie
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1321
il suono uscie. ¶ Quando mi vidi giunto in quella
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sarte, ¶ ciò che pria mi piacëa, allor m'increbbe
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e pentuto e confesso mi rendei; ¶ ahi miser lasso
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1321
de la lebbre, ¶ così mi chiese questi per maestro
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1321
non ebbe care". ¶ Allor mi pinser li argomenti gravi
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1321
là 've 'l tacer mi fu avviso 'l peggio
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1321
Padre, da che tu mi lavi ¶ di quel peccato
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1321
disse: "Non portar: non mi far torto. ¶ Venir se
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Oh me dolente! come mi riscossi ¶ quando mi prese
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1321
come mi riscossi ¶ quando mi prese dicendomi: "Forse ¶ tu
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1321
löico fossi!". ¶ A Minòs mi portò; e quelli attorse
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1321
e sì vestito, andando, mi rancuro». ¶ Quand' elli ebbe
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1321
Or vedi com' io mi dilacco! ¶ vedi come storpiato
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1321
per girsene sospese, ¶ Mäometto mi disse esta parola; ¶ indi
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1321
attender sofferse». ¶ Oh quanto mi pareva sbigottito ¶ con la
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1321
eran vaghe. ¶ Ma Virgilio mi disse: «Che pur guate
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1321
Siena», ¶ rispuose l'un, «mi fé mettere al foco
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1321
io mori' qui non mi mena. ¶ Vero è ch
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1321
parole porte; ¶ ma vergogna mi fé le sue minacce
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1321
esso, ch'altra volta mi sovvenne ¶ ad altro forse
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1321
braccia m'avvinse e mi sostenne; ¶ e disse: «Gerïon
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viso e di sotto mi venta. ¶ Io sentia già
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1321
ond' io tremando tutto mi raccoscio. ¶ E vidi poi
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1321
sinistra, e io dietro mi mossi. ¶ A la man
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1321
tua chiara favella, ¶ che mi fa sovvenir del mondo
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1321
femmine da conio». ¶ I' mi raggiunsi con la scorta
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1321
maestro, sanza mia dimanda, ¶ mi disse: «Guarda quel grande
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1321
laico o cherco. ¶ Quei mi sgridò: «Perché se' tu
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duca «Fa che pinghe», ¶ mi disse, «il viso un
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ciascun era tondo. ¶ Non mi parean men ampi né
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1321
sai ch'i' non mi parto ¶ dal tuo volere
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1321
la sua anca ¶ non mi dipuose, sì mi giunse
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1321
non mi dipuose, sì mi giunse al rotto ¶ di
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1321
Bonifazio? ¶ Di parecchi anni mi mentì lo scritto. ¶ Se
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1321
di farne strazio?». ¶ Tal mi fec' io, quai son
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1321
con voce di pianto, ¶ mi disse: «Dunque che a
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1321
già che i piè mi cossi ¶ e ch'i
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1321
non so s'i' mi fui qui troppo folle
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1321
questo metro: ¶ «Deh, or mi dì: quanto tesoro volle
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1321
fosse ch'ancor lo mi vieta ¶ la reverenza de
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1321
con ambo le braccia mi prese; ¶ e poi che
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1321
poi che tutto su mi s'ebbe al petto
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1321
Indi un altro vallon mi fu scoperto. ¶ CANTO XX
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1321
altri.] ¶ Di nova pena mi conven far versi ¶ e
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1321
mondo. ¶ Come 'l viso mi scese in lor più
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1321
che la mia scorta ¶ mi disse: «Ancor se' tu
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1321
io; ¶ onde un poco mi piace che m'ascolte
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Maestro, i tuoi ragionamenti ¶ mi son sì certi e
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1321
fede, ¶ che li altri mi sarien carboni spenti. ¶ Ma
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1321
mia mente rifiede». ¶ Allor mi disse: «Quel che da
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1321
la selva fonda». ¶ Sì mi parlava, e andavamo introcque
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1321
mio, dicendo «Guarda, guarda!», ¶ mi trasse a sé del
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1321
dov' io stava. ¶ Allor mi volsi come l'uom
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aspetto fero! ¶ e quanto mi parea ne l'atto
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che tu ci sia», mi disse, «giù t'acquatta
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per nulla offension che mi sia fatta, ¶ non temer
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1321
che l'uncin vostro mi pigli, ¶ traggasi avante l
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riedi». ¶ Per ch'io mi mossi e a lui
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e trassel sù, che mi parve una lontra. ¶ I
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servo d'un segnor mi puose, ¶ che m'avea
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1321
buon re Tebaldo; ¶ quivi mi misi a far baratteria
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1321
pece?». E quelli: «I' mi partii, ¶ poco è, da
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1321
che la prima paura mi fé doppia. ¶ Io pensava
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ch'elli acceffa». ¶ Già mi sentia tutti arricciar li
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duca mio di sùbito mi prese, ¶ come la madre
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con l'occhio bieco ¶ mi rimiraron sanza far parola
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1321
ad esso. ¶ Ahi quanto mi parea pien di disdegno
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1321
per li empi giri ¶ mi volvi», cominciai, «com' a
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1321
a la dimanda che mi faci ¶ quinc' entro satisfatto
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disio ancor che tu mi taci». ¶ E io: «Buon
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1321
duca mio. ¶ Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai
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1321
del duca e pronte ¶ mi pinser tra le sepulture
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1321
e poi, quasi sdegnoso, ¶ mi dimandò: «Chi fuor li
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in ginocchie levata. ¶ Dintorno mi guardò, come talento ¶ avesse
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1321
attende là, per qui mi mena ¶ forse cui Guido
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1321
disse, «male appresa, ¶ ciò mi tormenta più che questo
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1321
già 'l maestro mio mi richiamava; ¶ per ch'i
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spirto più avaccio ¶ che mi dicesse chi con lu
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1321
e de li altri mi taccio». ¶ Indi s'ascose
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1321
a quel parlar che mi parea nemico. ¶ Elli si
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1321
e poi, così andando, ¶ mi disse: «Perché se' tu
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1321
udito ¶ hai contra te», mi comandò quel saggio; ¶ «e
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ogne vista turbata, ¶ tu mi contenti sì quando tu
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1321
l groppo solvi». ¶ «Filosofia», mi disse, «a chi la
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oramai che 'l gir mi piace; ¶ ché i Pesci
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sempre sì tosta». ¶ Poi mi tentò, e disse: «Quelli
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sì soletto ¶ mostrar li mi convien la valle buia
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1321
da cantare alleluia ¶ che mi commise quest' officio novo
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1321
sù nel mondo». ¶ Allor mi volsi al poeta, e
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1321
se' nel secondo girone», ¶ mi cominciò a dire, «e
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1321
tronco suo gridò: «Perché mi schiante?». ¶ Da che fatto
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1321
ricominciò a dir: «Perché mi scerpi? ¶ non hai tu
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1321
ma la cosa incredibile mi fece ¶ indurlo ad ovra
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carità del natio loco ¶ mi strinse, raunai le fronde
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assai debiti fregi. ¶ Or mi vien dietro, e guarda
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lo cui rossore ancor mi raccapriccia. ¶ Quale del Bulicame
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io 'l pregai che mi largisse 'l pasto ¶ di
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tutte tue question certo mi piaci», ¶ rispuose, «ma 'l
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1321
io in dietro rivolto mi fossi, ¶ quando incontrammo d
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1321
conosciuto da un, che mi prese ¶ per lo lembo
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serena», ¶ rispuos' io lui, «mi smarri' in una valle
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che mia coscïenza non mi garra, ¶ ch'a la
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orme di cui pestar mi vedi, ¶ tutto che nudo
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moglie più ch'altro mi nuoce». ¶ S'i' fossi
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dal foco coperto, ¶ gittato mi sarei tra lor di
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sofferto; ¶ ma perch' io mi sarei brusciato e cotto
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che di loro abbracciar mi facea ghiotto. ¶ Poi cominciai
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la vostra condizion dentro mi fisse, ¶ tanta che tardi
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che questo mio segnor mi disse ¶ parole per le
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per le quali i' mi pensai ¶ che qual voi
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d'esto giron porti», ¶ mi disse, «va, e vedi
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lo suo sacchetto bianco, ¶ mi disse: «Che fai tu
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son padoano: ¶ spesse fïate mi 'ntronan li orecchi ¶ gridando
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m'avea 'mmonito, ¶ torna'mi in dietro da l
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Minòs a me quando mi vide, ¶ lasciando l'atto
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là dove molto pianto mi percuote. ¶ Io venni in
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novelle ¶ tu vuo' saper», mi disse quelli allotta, ¶ «fu
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antiche e ' cavalieri, ¶ pietà mi giunse, e fui quasi
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la bella persona ¶ che mi fu tolta; e 'l
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nullo amato amar perdona, ¶ mi prese del costui piacer
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fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?». ¶ Quando
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al doloroso passo!». ¶ Poi mi rivolsi a loro e
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tuoi martìri ¶ a lagrimar mi fanno tristo e pio
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fia diviso, ¶ la bocca mi basciò tutto tremante. ¶ Galeotto
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che di trestizia tutto mi confuse, ¶ novi tormenti e
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tormenti e novi tormentati ¶ mi veggio intorno, come ch
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intorno, come ch'io mi mova ¶ e ch'io
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mova ¶ e ch'io mi volga, e come che
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per questo 'nferno tratto», ¶ mi disse, «riconoscimi, se sai
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trabocca il sacco, ¶ seco mi tenne in la vita
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vita serena. ¶ Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: ¶ per la
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vedi, a la pioggia mi fiacco. ¶ E io anima
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Ciacco, il tuo affanno ¶ mi pesa sì, ch'a
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sì, ch'a lagrimar mi 'nvita; ¶ ma dimmi, se
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lui: «Ancor vo' che mi 'nsegni ¶ e che di
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che di più parlar mi facci dono. ¶ Farinata e
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conosca; ¶ ché gran disio mi stringe di savere ¶ se
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a la mente altrui mi rechi: ¶ più non ti
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dissi: «Maestro mio, or mi dimostra ¶ che gente è
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mio», diss' io, «or mi dì anche: ¶ questa fortuna
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fortuna di che tu mi tocche, ¶ che è, che
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che saliva ¶ quand' io mi mossi, e 'l troppo
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occhio tòrre. ¶ E io mi volsi al mar di
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la barca, ¶ e poi mi fece intrare appresso lui
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la morta gora, ¶ dinanzi mi si fece un pien
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poi con le braccia mi cinse; ¶ basciommi 'l volto
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ma ne l'orecchie mi percosse un duolo, ¶ per
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uscite ¶ fossero». Ed ei mi disse: «Il foco etterno
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terra sconsolata: ¶ le mura mi parean che ferro fosse
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Pensa, lettor, se io mi sconfortai ¶ nel suon de
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alto periglio che 'ncontra mi stette, ¶ non mi lasciar
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ncontra mi stette, ¶ non mi lasciar», diss' io, «così
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lì m'avea menato, ¶ mi disse: «Non temer; ché
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e no nel capo mi tenciona. ¶ Udir non potti
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che viltà di fuor mi pinse ¶ veggendo il duca
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quei «Di rado ¶ incontra», mi rispuose, «che di noi
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carne nuda, ¶ ch'ella mi fece intrar dentr' a
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l'etterno pianto, ¶ «Guarda», mi disse, «le feroci Erine
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sì alto, ¶ ch'i' mi strinsi al poeta per
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maestro; ed elli stessi ¶ mi volse, e non si
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le sue ancor non mi chiudessi. ¶ O voi ch
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li pastori. ¶ Li occhi mi sciolse e disse: «Or
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cammin di nostra vita ¶ mi ritrovai per una selva
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era coverta; ¶ e non mi si partia dinanzi al
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sì che paura non mi desse ¶ la vista che
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già viver grame, ¶ questa mi porse tanto di gravezza
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e s'attrista; ¶ tal mi fece la bestia sanza
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a poco a poco ¶ mi ripigneva là dove 'l
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dinanzi a li occhi mi si fu offerto ¶ chi
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bestia per cu' io mi volsi; ¶ aiutami da lei
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famoso saggio, ¶ ch'ella mi fa tremar le vene
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rispuose, poi che lagrimar mi vide, ¶ «se vuo' campar
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e discerno ¶ che tu mi segui, e io sarò
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e peggio, ¶ che tu mi meni là dov' or
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Io cominciai: «Poeta che mi guidi, ¶ guarda la mia
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l'alto passo tu mi fidi. ¶ Tu dici che
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tutto si tolle, ¶ tal mi fec' ïo 'n quella
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punto che di te mi dolve. ¶ Io era tra
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son sospesi, ¶ e donna mi chiamò beata e bella
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sì smarrito, ¶ ch'io mi sia tardi al soccorso
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ove tornar disio; ¶ amor mi mosse, che mi fa
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amor mi mosse, che mi fa parlare. ¶ Quando sarò
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segnor mio, ¶ di te mi loderò sovente a lui
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a dentro, ¶ dirotti brievemente", mi rispuose, ¶ "perch' i' non
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la vostra miseria non mi tange, ¶ né fiamma d
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dov' i' era, ¶ che mi sedea con l'antica
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lagrimando volse, ¶ per che mi fece del venir più
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in loro stelo, ¶ tal mi fec' io di mia
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buono ardire al cor mi corse, ¶ ch'i' cominciai
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Oh pietosa colei che mi soccorse! ¶ e te cortese
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lieto volto, ond' io mi confortai, ¶ mi mise dentro
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ond' io mi confortai, ¶ mi mise dentro a le
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che d'ogne posa mi parea indegna; ¶ e dietro
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ch'a riguardar oltre mi diedi, ¶ vidi genti a
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io dissi: «Maestro, or mi concedi ¶ ch'i' sappia
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al fiume del parlar mi trassi. ¶ Ed ecco verso
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vide ch'io non mi partiva, ¶ disse: «Per altra
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mente di sudore ancor mi bagna. ¶ La terra lagrimosa
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luce vermiglia ¶ la qual mi vinse ciascun sentimento; ¶ e
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truono, sì ch'io mi riscossi ¶ come persona ch
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n su la proda mi trovai ¶ de la valle
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io, che del color mi fui accorto, ¶ dissi: «Come
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qua giù, nel viso mi dipigne ¶ quella pietà che
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si mise e così mi fé intrare ¶ nel primo
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in disio». ¶ Gran duol mi prese al cor quando
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d'onore ancora assai mi fenno, ¶ ch'e' sì
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fenno, ¶ ch'e' sì mi fecer de la loro
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sovra 'l verde smalto, ¶ mi fuor mostrati li spiriti
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pieno, ¶ però che sì mi caccia il lungo tema
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scema: ¶ per altra via mi mena il savio duca
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veduto: ¶ per ch'io mi volsi al mio consiglio
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breve e arguto». ¶ Virgilio mi venìa da quella banda
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il fiume, ¶ ditemi, ché mi fia grazioso e caro
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in Italia peregrina». ¶ Questo mi parve per risposta udire
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io stava, ¶ ond' io mi feci ancor più là
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tu se' quelli che mi rispondesti, ¶ fammiti conto o
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Li occhi», diss' io, «mi fieno ancor qui tolti
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ncarco di là giù mi pesa». ¶ Ed ella a
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vivo sono; e però mi richiedi, ¶ spirito eletto, se
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col priego tuo talor mi giova. ¶ E cheggioti, per
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miei propinqui tu ben mi rinfami. ¶ Tu li vedrai
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con lo 'ntelletto», allora mi rispuose ¶ quei che diceva
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ciò che vero spirto mi disnoda. ¶ Io veggio tuo
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l'altra la vista ¶ mi fer voglioso di saper
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Tu vuo' ch'io mi deduca ¶ nel fare a
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tu far non vuo'mi. ¶ Ma da che Dio
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Tosco, omai; ch'or mi diletta ¶ troppo di pianger
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parte queta; ¶ ed el mi disse: «Quel fu 'l
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esperïenza e arte; ¶ così mi parve da luce rifratta
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lo viso tanto che mi vaglia», ¶ diss' io, «e
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parole sue; ¶ e dirizza'mi a lui sì dimandando
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diss' io, «che se mi fosse pria taciuto, ¶ e
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girone, ¶ sì che tacer mi fer le luci vaghe
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le luci vaghe. ¶ Ivi mi parve in una visïone
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Pisistràto». ¶ E 'l segnor mi parea, benigno e mite
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Lo duca mio, che mi potea vedere ¶ far sì
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apparve ¶ quando le gambe mi furon sì tolte». ¶ Ed
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sovra la faccia, non mi sarian chiuse ¶ le tue
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mia saputa e fida ¶ mi s'accostò e l
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fece, ¶ maraviglia udirai, se mi secondi». ¶ «Io ti seguiterò
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Io ti seguiterò quanto mi lece», ¶ rispuose; «e se
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del moderno uso, ¶ non mi celar chi fosti anzi
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a lui: «Per fede mi ti lego ¶ di far
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di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio
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la sentenza tua, che mi fa certo ¶ qui, e
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ogne virtute, come tu mi sone, ¶ e di malizia
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non teme: ¶ se non mi credi, pon mente a
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m'inganna, o el mi tenta», ¶ rispuose a me
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che lume il volto mi percosse, ¶ maggior assai che
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in nostro uso. ¶ I' mi volgea per veder ov
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da ogne altro intento mi rimosse; ¶ e fece la
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primo grado fui, ¶ senti'mi presso quasi un muover
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me stesso dicea, ché mi sentiva ¶ la possa de
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nel novo girone; ¶ poi mi volsi al maestro mio
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parlando, di parlare ardir mi porse. ¶ Ond' io: «Maestro
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dolce padre caro, ¶ che mi dimostri amore, a cui
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vana. ¶ Ma questa sonnolenza mi fu tolta ¶ subitamente da
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questo intesi, e ritener mi piacque. ¶ E quei che
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poco le sta bruna -, ¶ mi venne in sogno una
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mostravami 'l ventre; ¶ quel mi svegliò col puzzo che
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qual tu entre». ¶ Sù mi levai, e tutti eran
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visïon ch'a sé mi piega, ¶ sì ch'io
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là il tira, ¶ tal mi fec' io; e tal
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cui parole pria notar mi fenno, ¶ dicendo: «Spirto in
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i dossi ¶ al sù, mi dì, e se vuo
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dignitate ¶ mia coscïenza dritto mi rimorse». ¶ «Drizza le gambe
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sì piaciute, ¶ ch'io mi trassi oltre per aver
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in panni bigi, ¶ trova'mi stretto ne le mani
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tremar lo monte; onde mi prese un gelo ¶ qual
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mai con tanta guerra ¶ mi fé desideroso di sapere
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samaritana domandò la grazia, ¶ mi travagliava, e pungeami la
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suoi piè molli». ¶ Sì mi diè, dimandando, per la
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saprei dir quant' el mi fece prode. ¶ E 'l
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ne le parole tue mi cappia». ¶ «Nel tempo che
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che, tolosano, a sé mi trasse Roma, ¶ dove mertai
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gente ancor di là mi noma: ¶ cantai di Tebe
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seme le faville, ¶ che mi scaldar, de la divina
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altra preso: ¶ l'una mi fa tacer, l'altra
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e «Non aver paura», ¶ mi dice, «di parlar; ma
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amor ch'a te mi scalda, ¶ quand' io dismento
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che la tua affezion mi fé palese, ¶ mia benvoglienza
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persona, ¶ sì ch'or mi parran corte queste scale
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dimmi, e come amico mi perdona ¶ se troppa sicurtà
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a spendere, e pente'mi ¶ così di quel come
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paura chiuso cristian fu'mi, ¶ lungamente mostrando paganesmo; ¶ e
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il quarto cerchio ¶ cerchiar mi fé più che 'l
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sermoni, ¶ ch'a poetar mi davano intelletto. ¶ Ma tosto
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lo più che padre mi dicea: «Figliuole, ¶ vienne oramai
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sìe, ¶ che l'andar mi facean di nullo costo
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ne la voce sua mi fu palese ¶ ciò che
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conquiso. ¶ Questa favilla tutta mi raccese ¶ mia conoscenza a
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l'asciutta scabbia ¶ che mi scolora», pregava, «la pelle
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rimaner che tu non mi favelle!». ¶ «La faccia tua
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io lagrimai già morta, ¶ mi dà di pianger mo
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veggendola sì torta. ¶ Però mi dì, per Dio, che
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sì vi sfoglia; ¶ non mi far dir mentr' io
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far dir mentr' io mi maraviglio, ¶ ché mal può
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fa che più non mi ti celi! ¶ vedi che
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presente. ¶ Di quella vita mi volse costui ¶ che mi
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mi volse costui ¶ che mi va innanzi, l'altr
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è questi che così mi dice», ¶ e addita'lo
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questa gente che sì mi riguarda». ¶ «La mia sorella
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la vernaccia». ¶ Molti altri mi nomò ad uno ad
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io a lui: «I' mi son un che, quando
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un che, quando ¶ Amor mi spira, noto, e a
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io lui, «quant' io mi viva; ¶ ma già non
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voce disse; ond' io mi scossi ¶ come fan bestie
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tolta; ¶ per ch'io mi volsi dietro a' miei
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e da' fiori; ¶ tal mi senti' un vento dar
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cantando, ¶ che di volger mi fé caler non meno
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da la rete». ¶ Sì mi parlava un d'essi
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d'essi; e io mi fora ¶ già manifesto, s
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a questa, ¶ la qual mi fece a rimirar sospeso
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Guido Guinizzelli, e già mi purgo ¶ per ben dolermi
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riveder la madre, ¶ tal mi fec' io, ma non
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andando al fondo. ¶ Io mi fei al mostrato innanzi
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su le man commesse mi protesi, ¶ guardando il foco
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buone scorte; ¶ e Virgilio mi disse: «Figliuol mio, ¶ qui
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e contra coscïenza. ¶ Quando mi vide star pur fermo
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mia durezza fatta solla, ¶ mi volsi al savio duca
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ne la mente sempre mi rampolla. ¶ Ond' ei crollò
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dentro al foco innanzi mi si mise, ¶ pregando Stazio
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un bogliente vetro ¶ gittato mi sarei per rinfrescarmi, ¶ tant
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lì era, ¶ tal che mi vinse e guardar nol
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sì mirando in quelle, ¶ mi prese il sonno; il
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e bella in sogno mi parea ¶ donna vedere andar