parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Antonio Moresco, Gli esordi, 1998

concordanze di «nella»

nautoretestoannoconcordanza
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per difendersi dal freddo nella sede appena inaugurata e
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di cercare di contenerla nella zona del sedile di
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di cominciare a stivarci nella macchinina. Ci trascinava fino
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Così andavamo tutti impastati nella macchinina gialla. Non riuscivo
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quando eravamo di nuovo nella macchinina al termine del
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buio. Qualcuno si avvolgeva nella coperta, per il freddo
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pelle di tamburo. ¶ Entrammo nella piazza deserta. Si indovinava
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lo riportavano di peso nella piazza tenendolo sollevato per
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voi, organizzare qualcosa anche nella mia zona. Già adesso
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da qualche fabbrica qui nella zona, avrà fatto il
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indovinava appena nel buio, nella nebbia. ¶ «Lei è di
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tempo!» ¶ Mi guardai attorno nella stanza completamente spoglia. La
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Ci sono molte altre nella mia condizione, ho saputo
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gli occhi tutt’intorno, nella stanza vuota. «Avevo avuto
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organizzato delle lotte, qui nella zona, si era aperto
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era un assoluto silenzio nella casa, si avvertiva tutt
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siepi, le foglie bagnate, nella nebbia. ¶ «Ha sentito? Eppure
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letto in silenzio, ciascuno nella sua stanza, mentre lei
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e senza farmi vedere nella mia stanza, se lei
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sua vestaglia nel buio, nella nebbia. ¶ «Se le capita
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istante prima che uscissi nella strada buia e deserta
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la testa per entrare nella cornice. Sonnolenza e il
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o se stavano sonnecchiando nella cornice, infreddoliti. Anche il
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Chissà se siamo ancora nella nostra provincia?” mi chiedevo
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un po’ il collo nella cornice, vedevo nello specchietto
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un po’ d’unto, nella sera. Ritornavamo a distanza
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entravamo poco per volta nella macchina. Cominciava a sgranarsi
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rientravano poco per volta nella cassetta, ma molte zanzare
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cieco all’improvviso. ¶ Scendevamo nella piccola piazza semibuia, uscendo
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rotture, a nuovi scismi, nella saletta piena di fumo
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ogni volta di ritirarla nella bocca prima di cadere
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e sgranarsi per forza nella loro corsa...” Sceglievo un
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per dormire!» proponeva qualcuno nella cornice. «Da quanti giorni
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siamo persi!» borbottava qualcuno nella cornice. ¶ Il cieco si
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grande folla in attesa, nella piazza, si era disposta
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venire su tutti ammassati nella luce. ¶ «Il palco del
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si sentirono risuonare fin nella piazza le sue grandi
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bianca correva a balzi nella piazza, cercava di aggrapparsi
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altoparlanti. Mi pareva che nella piazza tutti strizzassero leggermente
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sottile un po’ vertiginosa. Nella piazza tutti gli occhi
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si sentiva a tratti nella piazza era dovuto a
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avevo visto da poco nella piazza. ¶ «Ci sta facendo
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non scorgevo alcun varco nella successione sempre più fitta
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sorriso leggero, irrealizzato. ¶ Poi nella stanza cominciarono ad arrivare
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faceva irruzione quasi correndo nella stanza. Veniva a guardarmi
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si sentiva fiatare nessuno, nella stanza. ¶ «Eccoci qua!» sorrise
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a spuntare dal basso, nella stanza. Portava un sacco
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del volto stesse vomitando. ¶ Nella piazza era ancora montato
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gettarsi a sua volta nella piccola traversa. ¶ Adesso nell
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sorrise quasi con tenerezza nella notte. Rimase ancora per
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sopra i crinali, sentire nella tua mente come s
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mente come s’innesta nella rete che continuamente si
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addormentando poco per volta nella bocca. Appariva di nuovo
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avanzavo neppure tanto forte nella dolcissima discesa, col motore
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di venire scaraventato fuori, nella corsa. Lo vedevo con
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a un’altra colonnina, nella luce che precede il
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una frazione all’altra nella luce sfalsata del tardo
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legata, faticava a muoverla nella bocca, per parlare. ¶ «Sta
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sospeso a mezz’aria nella cornice di plastica dell
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ritornare con i giornali nella casa. Qualcun altro scappava
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nascondersi dietro una tenda nella stanza vicino, quando arrivavo
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forme gonfiate e colorate, nella torre di vetro illuminata
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avvertire poco per volta nella stanza. Abbassavo ancora di
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di più la testa, nella luce sfalsata riflessa dal
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mi aspettavano in piedi nella piazza. ¶ Li vedevo apparire
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gambe e le braccia nella macchina. ¶ Ritornavo. ¶ Ma non
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del Sempio sbalzava ossigenata nella cornice dell’auto. Vedevo
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rumori delle auto lanciate nella strada, dietro un velo
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per forza d’inerzia nella via. ¶ Ci salii sopra
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parlando con me stesso, nella nuvola di fumo che
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che stavo incontrollabilmente gridando nella piazza deserta. ¶ L’intero
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vedevo gonfiarsi quasi cristallizzata nella piazza. La mia voce
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sparati. ¶ Cercai gli occhiali nella tasca, li inforcai. ¶ «Mah
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preferito non farsi vedere nella piazza, è venuto fuori
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degli altoparlanti era già nella sua cassetta, tutti i
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profilo un po’ irrigidito nella cornice di plastica dell
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si modificava di continuo nella presunta piazza. ¶ «Si sente
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incastrare le quattro gambe nella cornice quadrata che sosteneva
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allontani, piuttosto, aspetti seduto nella macchina, si fumi una
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a tornare di nuovo nella piazza. Il cieco continuava
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litigare, mentre facevamo ritorno nella piazza. Salivo sul baldacchino
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stava già erompendo incontrollata nella piazza. La pedana del
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di scorgere il cieco nella nube azzurrina che usciva
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rimestava con un legnetto nella colla, se la passava
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che scricchiolava quasi fosforescente nella notte. Lo vedevo sbalzare
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di nuovo il secchio nella macchina, lo collocava di
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sbadigliava. ¶ Andavo a dormire nella sua casa. ¶ «Siamo tutti
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la testa per guardare, nella fessura tra il paraurti
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avevano fatto irruzione correndo nella via. Venivano avanti a
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voce assonnata, da vicino. ¶ Nella strada piombò il silenzio
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per un istante irradiati, nella via. ¶ Mi appiattii ancora
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disporre materiale e persone nella macchinina. ¶ «Va bene, va
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gialla partire a strattoni, nella piazza, mentre la voce
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è uno molto conosciuto nella zona, ha organizzato proteste
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sorte qua e là nella provincia. Aspettavano con le
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abbassato, e si muovevano nella luce dei fari quei
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che suona l’armonio, nella chiesina vecchia!» sentii che
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teneva sollevato nell’aria, nella luce, per farmene meglio
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filo passava e ripassava nella mia veste, e mi
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ancora là dentro e nella chiesa. Si sentiva un
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Ma non erano neanche nella vecchia costruzione perché qualche
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sono rientrati tutti quanti nella chiesina vecchia, si stanno
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l’idea di ficcarlo nella minuscola carlinga dell’aliante
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della minuscola carlinga. Cercai nella doppia tasca il temperino
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annuncio, entrando all’improvviso nella sala studio. La primavera
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il piano del banco nella sala studio, mentre stavo
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Lo sorprendevo da solo nella chiesa, certi pomeriggi che
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dei finestroni ancora spalancati, nella stanza degli abbeveratoi, mentre
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scompariva col padre priore nella vecchia costruzione. Quando uscivano
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frusciavano sempre più silenziosamente nella sera, non si capiva
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veniva rimessa di nuovo nella giostra, assieme a un
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primo seminarista entrò imbambolato nella sala. Se ne alzò
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sentiva più alcun rumore, nella stanza, neppure dalla parte
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muoveva un po’ sfuocata nella bocca della giostra, mentre
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due o tre volte nella giostra. ¶ Mi girai di
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oggetto un po’ complicato nella sua bocca. Allungai la
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essere ordinato sacerdote!» ¶ Sciamavamo, nella interminabile sera. Vedevo appena
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Spariva per molte ore nella vecchia costruzione, il suo
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suo banco restava vuoto nella sala studio. Si assentava
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vigilia. Erano entrati assieme nella vecchia costruzione, per lo
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stata abolita la lettura. Nella fila di fronte si
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s’interrompevano di colpo nella parte più alta, mentre
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punti più impensati, muovendosi nella stessa direzione. Non vedevo
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i gradini fossero scambiati. Nella camerata molti camminavano già
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colpo tutte le vesti, nella chiesa. O accostava una
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catenelle sembravano di gomma. Nella chiesa dovevano cantare adesso
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onde andavano a perdersi nella vasta estensione scuoiata della
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prorompere, ancora più incontrollata nella chiesa. Anche mentre spezzava
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Gatto era come cancellata, nella luce che oltrepassava i
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mentre ce le sfilavamo nella sagrestia. Tutte le teste
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lo infilai tutto allargato nella doppia tasca. C’erano
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guardava per un po’ nella luce, mentre oltrepassavo. ¶ Ero
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colpo sopra una collina, nella parte ormai opposta della
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luce ancora di più, nella giornata che cominciava a
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la testa tutta girata nella cella. Il riflesso di
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porta laterale che conduceva nella chiesa. ¶ Mi fermai a
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inginocchiatoi, che infatti luccicava nella poca luce che entrava
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il posto del Gatto nella sala studio, era stato
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nominato un nuovo prefetto nella camerata. Chiudeva gli occhi
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delle tapparelle, si espandevano nella camerata per il semplice
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camerata era perfettamente visibile nella sua luce di tiepida
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lamiera, mettevo il temperino nella doppia tasca. Il tepore
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i canti di maggio, nella sera. La luce declinava
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da ginnastica sbalzare fosforescenti nella luce. ¶ Si fermò all
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Faceva tanti minuscoli tagli nella zona della testa, perché
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un po’ più scura, nella stagione che passava, e
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del giorno del ballo nella grotta e teneva la
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ruote giravano a vuoto nella ghiaia. Tornò poco dopo
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sue ruote affondavano quasi nella ghiaia tutta fracassata, e
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terra in prima fila, nella zona centrale del grande
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su un’improvvisata bancarella nella piazza. ¶ Ora le fiamme
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silenzio, a occhi chiusi nella vasodilatazione causata dall’incendio
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arrostendo. Dovevano averli gettati nella massa poco prima di
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a gettarsi a capofitto nella massa, si contendevano gli
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spostavo a mia volta nella stessa direzione. La cuspide
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Dovrò fermarmi a partorire nella villa!» ¶ Un codazzo di
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ospiti entrò con lei nella serra, salì fino al
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Molti erano già ritornati nella zona della massa, dove
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la borsa dei ferri. Nella stanza della partoriente erano
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riportato sulla sua poltroncina nella villa, che era adesso
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volta dalla massa, tornai nella zona del parco dove
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misi anche gli schettini nella valigia. ¶ Un istante dopo
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riuscii a guardare ancora nella camerata era passato di
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di essere arrossito incontrollabilmente nella camerata immobile e in
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sbalzavano appena un po’ nella penombra. Avrei voluto girare
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veglia e il sonno, nella camerata che ormai non
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fecero irruzione in silenzio nella camerata. ¶ Avevo gli occhi
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suoi lineamenti sul cuscino, nella camerata ormai da tempo
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di giorni a letto, nella mia stessa camerata. Lo
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lontano sotto le coperte, nella luce del pomeriggio che
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era sempre più buio nella camerata, neppure le testiere
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testiere di alluminio sbalzavano nella penombra. Provai ad aprire
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veniva nessun suono. ¶ “Saranno nella sala studio...” mi dissi
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per mettere la testa nella chiesa, che intravedevo già
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brusio cessava di colpo nella sala giochi. Eravamo già
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mentre soltanto quella contenuta nella pallina rimaneva del tutto
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entrando col padre priore nella saletta più grande, a
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api. Zampettavano come impigliate nella crosta, che il freddo
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poter entrare di colpo nella pallina, mentre quella che
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una dopo l’altra nella fessura brulicante, sparire nell
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molle, incominciare a volare nella stanza. Mi sembrava di
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qualcuno riprendeva a farlo. Nella sala giochi calava di
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mano nera e lucente nella giostra, era tornata come
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folate lungo le stradine, nella serata tiepida, ventosa. Era
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affondate nelle doppie tasche nella sera ancora talmente carica
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rasate si stagliavano ancora nella sera. In uno dei
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volti erano perfettamente distesi nella luce che se ne
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senza alzare gli occhi nella chiesa attraversata da tutte
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loro scarpe assolutamente evidenti nella luce. ¶ Iniziò il canto
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di uomini e bestie nella sala delle udienze. Avevano
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che luccicava un po’ nella sua mano. Il suo
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di seguito all’altra nella sua imbottitura. ¶ Alzai gli
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fatto un improvviso silenzio, nella villa. La Dirce pareva
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altro guardava l’orologio, nella speranza di vederlo correre
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luce colpiva il tronco nella zona più mitragliata, la
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Se provavo a piegarla nella sua parte terminale, tutte
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pareti, diveniva quasi fosforescente nella totale oscurità, temevo che
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due imboccature. Il parco nella notte pullulava di antenne
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in cortile per rientrare nella villa, vidi che era
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di scendere. ¶ Mi ritirai nella villa, posai la zampa
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scaletta, mentre tutti dormivano nella sua casa e nella
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nella sua casa e nella villa. La zampa di
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un po’ la chiave nella speranza che lo scrocco
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delle solite irruzioni involontarie nella stanza. Nessuna testa era
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dovrai andare a dormire nella casa di Lenìn!» mi
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passavo accanto potevo scorgere nella penombra le sagome del
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e del tucano, immobili nella loro teca. Una strisciolina
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silenzio. ¶ Dovevamo essere già nella camera della Dirce e
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mi stava facendo strada nella stanza, rischiarando una piccola
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luce entrava dall’alto nella stanza, da un punto
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lettone. Lo indovinavo perfettamente nella poca luce, perché tutto
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suo corpo sembrava avvitarsi nella vastissima vestaglia, che non
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la zona della torcia, nella sua luce vedevo la
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rivedevo molto tempo dopo nella mano di Maciste e
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nello squarcio del soffitto. Nella stanza accanto Lenìn si
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piedi, corsi a guardare nella stanza di Lenìn. Non
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villa. ¶ Entrai quasi correndo nella serra, occupata da un
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uno degli invitati addormentato nella serra! Dal resto della
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La Dirce doveva essere nella villa con la Dea
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lontano. Lenìn guardava perplesso nella gabbia, aggiustandosi macchinalmente la
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Dietro la rete e nella casa in miniatura i
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stranamente e come ridendo nella polvere, senza riuscire a
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avvicinato anche il Nervo, nella sua divisa fiammante. Lenìn
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Lenìn, anch’egli invitato nella serra per il pranzo
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della fetta di limone nella bocca di uno dei
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prima di prendere posto nella piccola vettura. Lo sposo
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nel cielo della villa. ¶ Nella macchina il braccio dello
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per le scale e nella serra, sentivo che tutta
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scaletta, ed entrò infine nella porta, i due colli
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intero i due colli nella casa. ¶ Poco dopo uscì
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saliva piano piano scomparendo nella bocca di qualche gatto
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del cortile. Avevano apparecchiato nella saletta da pranzo a
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i rari ospiti rimasti nella villa faticavano a rimettersi
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scintillare braccia e spalle, nella luce che entrava dalle
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Quando scendemmo di nuovo nella serra, il Nervo lo
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d’aria nell’aria, nella luce. ¶ Ora la Pesca
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cartucce di cartone colorato nella canna, qualche istante dopo
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tempo, accartocciati, come ritagliati nella carta assorbente. Scurivano poco
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Lenìn si era calato nella vasca, cercava di prosciugarla
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per andarla a gettare nella pattumiera. Mi chinavo sul
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tanto forte, quando eravamo nella grotta, eppure ci vedevo
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indolentemente tutto il parco. Nella casetta dei fagiani e
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fiammante tra le braccia. ¶ 7 ¶ Nella villa e nel parco
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cielo a testa arrovesciata. Nella serra c’era lo
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che mandava bagliori improvvisi nella serra, dove solo l
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passi per conto proprio nella serra. ¶ Mi allontanai di
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Nervo era penetrato sghignazzando nella serra. Non capivo cosa
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Uscì dalla serra. Corse nella legnaia, e riuscivo ancora
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era staccato dal muro, nella concitazione di salire. Lo
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i calli più grossi nella ciotola, per rifocillarsi finalmente
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posto per ogni cosa, nella mia stanza. La biancheria
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non c’era inginocchiatoio nella stanza. Mentre premevo la
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una dopo l’altra nella villa e il fagiano
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il tucano si addormentavano nella teca con quei loro
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posti in due file nella camerata del seminario. Sentivo
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preparava per la notte nella stanza accanto, poi ancora
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persone sembravano vivere stabilmente nella villa, pur vivendo stabilmente
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si sentiva incastrarsi fremendo nella sua polpa vegetale, ne
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parco, facevano irruzione gridando nella serra. ¶ Il tempo passava
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era rimasto in attesa nella casa di Lenìn, tornava
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minestra. Turchina indugiava ancora nella sua stanza con la
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verso il piatto. Vedevo, nella luce calante, il contorno
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cenare dall’altra parte, nella villa. I fratelli della
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adatte. Si aprivano fumando nella sala. Ce n’erano
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sempre parecchi tenuti vivi nella vasca da bagno piena
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e incontrollabile si propagava nella sala alla notizia che
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e un po’ abbacinati nella villa. La ghiaia diventava
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la brace sollevando faville nella notte. Allora anche gli
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oscurità. ¶ Turchina indugiava ancora nella cucina della villa, di
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sarta, che l’attendeva nella sua stanza col vestito
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teneva le braccia sollevate nella stanza, mentre la sarta
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rimanevano seduti a conversare nella serra, a luci spente
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per le scale. Anche nella casa di Lenìn ci
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volta per la notte. ¶ Nella villa, mentre raggiungevo finalmente
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a passare la notte nella villa, per riprendere le
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né accendevo la luce nella stanza, per non essere
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quello che devi fare...» ¶ Nella stanza, bene in vista
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pubica sbalzava un po’ nella penombra, con gli spuntoni
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appena circonciso, tutto avvolto nella fasciatura come una mummia
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anche la Dea guardava nella stessa lente con aria
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in cortile per rientrare nella villa, la Pesca stava
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pareva accorgersi di nulla. ¶ Nella villa fervevano i preparativi
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Anche a pianterreno e nella serra, dove si dovevano
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spilli dappertutto. Ne scoprivo nella minestra e nel cacao
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minestra e nel cacao, nella carne di una ciliegia
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filo spezzato e rimasto nella carne da quando mi
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a buttare tutto quanto nella massa delle immondizie in
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al centro del cortile. Nella villa stavano già tutti
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a scrosciare dal rubinetto. ¶ Nella sala studio guardavo da
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punta di una squadra nella schiena. Se mi fossi
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era già entrato silenziosamente nella sala studio, sollevando un
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e due le mani. ¶ Nella sala studio, quando mi
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volte e con insistenza nella bocca della giostra, perché
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a capofitto la testa nella sua bocca, cominciando a
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all’esterno. ¶ L’indomani, nella sala studio, mi passò
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due o tre volte nella mano, quasi per valutare
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c’era nessun altro nella sala studio, cercavo di
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sua. Se lo ficcava nella finta tasca della veste
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della veste, ma forse nella fretta non si accertava
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se era entrato veramente nella tasca dei calzoni, perché
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passava davanti, per ritornare nella penombra verso il proprio
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quasi amareggiata. Si gettava nella mischia dei giocatori di
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di tanto in tanto nella vecchia costruzione. Ci restava
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trovavamo in chiesa o nella sala studio, apriva quasi
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brillare ancora più intensamente nella pianura, come se le
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ora che lo soppesavo nella mano, mi atterriva. Lo
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in quello stesso momento nella chiesa. ¶ «Credevo di avere
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Tornai senza fare rumore nella camerata, mi spogliai sotto
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sbocco devastante ed estremo nella parola umana, che produce
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minuscolo sbadiglio perfettamente udibile nella fila opposta, al quale
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piccola ostia già sollevata nella mano. Mi affrettai a
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a infilare la testa nella giostra, dove mille odori
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si scatenò all’improvviso nella zona centrale del cortile
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passi di danza. Entrammo nella sala dove una volta
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armonio, era ancora serrato nella tuta. Per passare il
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tempo di quattro quarti nella stanza. ¶ «Ti porto a
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braciere. Il Nervo camminava nella penombra, a gambe larghe
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e accesi la luce nella camerata deserta. Scesi in
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siepi apparivano di colpo nella luce, con le foglioline
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zampillo d’acqua. ¶ Entrai nella grotta, mossi qualche passo
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aperta all’improvviso una nella casa vicina, del custode
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girato verso il parco. Nella legnaia, il Nervo doveva
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mia sdraia era girata nella stessa direzione, la potevo
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le lastre tremavano forte nella loro intelaiatura di metallo
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imbastiti distesi sul letto. Nella stanza dalle finestre chiuse
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era anche la sarta nella stanza, nonostante fosse ancora
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rastrello in spalla. Entrai nella serra, feci il giro
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saletta da pranzo semibuia. Nella penombra distinguevo appena lo
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denti nel sonno. ¶ Ritornai nella serra, risalii le scale
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uomo manovrò con decisione nella stradina. Doveva avere viaggiato
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impolverato, entrò con decisione nella villa. ¶ Pochi istanti dopo
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tuffarsi poi tutti assieme nella sua porta a vetri
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ad altre matasse trovate nella legnaia all’ultimo momento
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giradischi cominciò a suonare nella zona della montagnola, una
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cortile, o forse addirittura nella serra, perché anche la
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coppie erano ormai affluite nella zona di maggiore animazione
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po’ sollevata dal cuscino, nella leggera vertigine di passare
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di riaprirli di nuovo nella camerata ancora inebetita. Qualcuno
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intatta. Vibrava un po’ nella corsa, durante la ricreazione
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assoluta delle linee. ¶ Ritornavo nella camerata, facevo il letto
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testa e le braccia nella veste. Finivo di allacciarla
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la ringhiera. Entravamo silenziosamente nella chiesa, che era un
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ostia appena spezzata finiva nella bocca del padre priore
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altro tempo passava silenziosamente nella chiesa. Ridiventava buio. Prima
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della città sterminata giù nella pianura, oppure sotto i
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solo all’ultimo istante nella fitta penombra la testa
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immenso spazio acido. Rientravo nella camerata, dove molti erano
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ma potevo ancora indovinare, nella fila di letti dirimpetto
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gli occhi, li riaprivo nella leggera vertigine di passare
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lungo tempo in serbo nella tasca, spezzare l’assedio
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di chewing gum avvolte nella carta argentata, che potevi
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gettata dai muratori, entrai nella nuova costruzione, raggiunsi il
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passate mentre ci trovavamo nella sala studio. ¶ Uscii dalla
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dalle unghie più chiare nella giostra del refettorio. Era
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qualche altro complesso macchinario. Nella fila opposta, un po
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occhiali li seguì entrambi nella vecchia costruzione, dove rimasero
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del grasso si staccavano nella minestra calda. Si affrettava
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si rifiutasse di dormire nella camera degli ospiti che
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stata allestita per lui nella vecchia costruzione, che esigesse
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lo vidi entrare inaspettatamente nella nostra. ¶ «Dice che vuole
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ascoltando il suo cigolio nella camerata silenziosa. Si avviò
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stava sorridendo tra sé nella penombra. ¶ 3 ¶ Tempo d’Avvento
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polso più forte, guardandolo nella penombra con la faccia
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mano nera e lucente nella giostra del refettorio, eravamo
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che tornavano a inginocchiarsi nella propria fila, e muovevano
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Gatto fosse inaspettatamente scattato nella ressa, agganciando una guancia
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vertiginosa. ¶ Poi ciascuno entrò nella propria camerata. ¶ Mi accostai
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rientrando a mia volta nella camerata, ero ormai a
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priore fece irruzione correndo nella camerata. ¶ Aveva la veste
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di collare, segno che nella sua stanza della vecchia
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padre priore era entrato nella camerata, come se i
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Gatto entrare in silenzio nella camerata. ¶ Tutti dormivano, era
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fosse disciolta del tutto nella zona più alta del
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inebetito. ¶ Uscimmo dal refettorio, nella notte fredda. Piccoli crocchi
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nuovo gli occhi e nella nuova espansione del bagliore
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appartarsi con il vicario nella vecchia costruzione, dove c
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in piena notte. ¶ Tornavo nella camerata, ma non riuscivo
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gesticolava qua e là nella penombra. Altri si lasciavano
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anche introdurre la mano nella fiamma senza correre il
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quei pomeriggi, mentre eravamo nella sala studio e il
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a suonare l’armonio nella chiesa, mi accadde di
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Giocava anche il vicario, nella nostra squadra. Si era
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stesso campo e che, nella foga del gioco, nessuno
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piedi scantonavano un po’ nella vaschetta, non appena l
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rientrare uno per volta nella macchinina gialla dal tetto
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essersi assopito un po’ nella cornice, perché non mi
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quadro, lo teneva conficcato nella sua luce come in
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piede errabondo la frizione, nella macchinina che continuava a
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su una delle facciate, nella macchinina che era rimasta
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dei miei occhi sbalzare nella zona priva di lente
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adesso un po’ sfigurata nella luce che entrava dall
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avevo lasciato la valigia nella sala o se stavo
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altra parte, si distinguevano nella poca luce che arrivava
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alcuni passi a caso, nella sala. Le mattonelle erano
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pezzi scendere tutti scoppiati nella gola. Le stelle s
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Mandava un cattivo odore nella stanza. Il tempo passava
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colpo, me li coprii nella luce accecante, con il
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furgone, stava già manovrando nella strada. Vedevo la sua
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incollata al parabrezza. ¶ Arretrai nella sala, gettai dalle parti
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sugli scontrini delle tessere, nella sede di nuovo silenziosa
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camminavo avanti e indietro nella stanza. C’erano raggi
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doveva passare senza stracciarsi nella valvola, e irrompere dentro
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in tanto i passanti, nella corsa. Il palmo della
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il tappo del serbatoio, nella sede, e spennellavo con
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cambiava come a strattoni, nella sala, ogni volta che
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fermai ancora un po’ nella sala, col manubrio serrato
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loro nervi luccicare spellati nella pochissima luce che ancora
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sentiva il motore rombare nella vastità perfettamente deserta della
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finivano mai di sfarinarsi, nella corsa, la forcella gemeva
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delle lamiere in sosta nella poltiglia della sera. ¶ “Dovrò
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nomi svolazzava e strideva, nella corsa. La tenevo con
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nuovo, riprendevo a spostarmi nella sala. “Ma può darsi
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Depennavo qualche altro indirizzo, nella sede. Mi cucinavo una
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vedeva quasi più niente nella stanza. “I soldi sono
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Scendevo un’ultima volta nella sede. “Domani andrò a
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di vetro smerigliato. ¶ Rientravo nella sede che era già
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a suonare l’armonio nella chiesina vecchia, nell’attesa
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camicia sbalzava sempre più nella cucina buia. La vetrata
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passando dall’altra parte, nella strada. “Adesso mi alzo
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filo delle porte. Arrivavo nella stanza da letto, mi
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motore, prima di rientrare nella stanza. Issavo la moto
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organizzavano delle feste danzanti, nella sede. Sai, le organizzazioni
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non ci fosse nessuno nella stanza in cui mi
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vedeva in modo diverso nella stanza. ¶ «Si è abbassata
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prima di scendere giù nella sede per la notte
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fiatare, eravamo già rientrati nella stanza, e i vetri
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piatti e le posate, nella pochissima luce che veniva
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voluto gridargli di colpo, nella cucina semibuia. ¶ Si raschiò
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il suo grosso piede nella scarpetta appuntita, di vernice
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in punta di piedi nella stanza. Mi pareva che
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per riuscire a entrare nella sede. ¶ Le mattonelle bollivano
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spalla. ¶ «Si è installato nella mia casa» riprese a
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balbettai. ¶ Doveva piovere piano, nella via, veniva a ogni
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pellicina d’acqua vivente, nella via. ¶ «O forse questa
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mediatore. ¶ Lo trovavamo seduto nella macchinina. Il mediatore si
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acqua. ¶ «La potremmo aiutare nella ricerca di una nuova
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è molto profumata...» ¶ Entrava nella sala del primo piano
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una delle morbide mammelle nella grande sede buia e
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che passavano in basso, nella via. ¶ «Devo salire a
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macchina era rimasta bloccata, nella strada. ¶ La neve mi
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macchina, è rimasta bloccata nella neve!» ¶ Mi prendeva sottobraccio
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una ragazza, una volta, nella mia brigata» ricominciava a
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neve continuava a cadere, nella stanza si sentiva solo
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le molle espandersi disarticolate nella poltiglia dell’imbottitura, mentre
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con gli occhi sbarrati nella strada. ¶ “Correrò per scaldarla
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facendo finta di niente nella stanza...” ¶ Le strade diventavano
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un cerchio di luce nella sala. ¶ «Non riesco a
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era già notte fonda, nella sede. Dovevo suonare per
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srotolava qualcosa di bianco nella stanza. ¶ «Le ho comperato
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rumore del nostro respiro, nella stanza. ¶ «Ma come ci
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avanzata nel tegame. Tornavo nella stanza da letto, gli
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donna, apparendo di colpo nella stanza. ¶ Poi la porta
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suo punto d’impatto nella mischia. Porgevo le soluzioni
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con gli occhi sbarrati nella grande stanza. Mi accostai
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in tempo a rientrare nella villa attraverso le cucine
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mentre entrava quasi ridendo nella sala, e si accostava
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fermavano per qualche giorno nella villa. Ne arrivavano altri
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sorridere e a camminare nella sala in penombra. ¶ “Sono
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andava per conto proprio nella sala, e anche Lenin
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perché stava entrando Anastasia nella sala. Sorrideva con le
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linguaggio, si è messo nella condizione di poter lavorare
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le siringhe in mano nella loro sala, sperando che
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la donna, facendo irruzione nella stanza. ¶ Aveva i capelli
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Benno!” ¶ Veniva avanti fumando nella sala che si apriva
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rumorino come di latta, nella sala. ¶ “Che cosa fa
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la faccia tutta sbrecciata, nella sala.» ¶ «Ma non è
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non è stato esposto nella Piazza Rossa?» interruppi con
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di colpo la luce nella stanza. ¶ «Non se n
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rientrando molto più tardi nella stanza. ¶ Mi stropicciavo gli
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rumore di quella sferetta nella bombola del deodorante, che
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la luce di colpo, nella stanza. ¶ «Ma non vede
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lo faceva ruotare stecchito nella stanza, sbatteva contro porte
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facendo irruzione di colpo, nella sala. ¶ Mi guardava con
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seguendolo a passi felpati nella casa. ¶ Si arrestò un
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caseggiato. Lo vidi sparire nella porticina di una palestra
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con gli occhi sbarrati nella striscia di luce della
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seduto dietro il vetro, nella torretta dalle luci abbassate
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È un cimitero!» ¶ Andavano nella luce dei fari quelle
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a tremare un po’ nella corsa, mi regalava quel
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qualcosa di molto pesante nella stanza. Si toglieva il
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la chiave girare piano nella porta, mi voltavo con
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ghiacciate. L’ho ritrovata nella piazza di quel lontano
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seduti per moltissimo tempo nella macchina, prima di decidersi
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in macchina senza fermarsi, nella strada che passa di
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di notte, da solo, nella villa.» ¶ «E la Pesca
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il muro di cinta, nella grotta. Anche i maschi
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qualcuno che dormiva capovolto nella mia stessa branda, per
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piena estate, scendeva fin nella strada un profumo di
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tra gli altri, controluce nella barriera di teste stagliate
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in mezzo alle altre, nella piazza. ¶ «Com’è possibile
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in un lampo!» ¶ Entrai nella macchinina, provai a toccare
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giri il motore. ¶ Adesso nella macchina nessuno parlava, vedevo
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se invece dovrò cercare nella selva di campanelli, cercarne
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un passo in avanti, nella stanza “quella dell’ultimo
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finivo a mia volta nella tramoggia già piena per
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persino a sognare che nella tramoggia ci fosse anche
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lei assieme a me nella stessa cascata, e che
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la cicca dall’alto, nella notte. ¶ 23 ¶ Il colonnello dei
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l’ora. Sentivo frusciare nella sua mano quei suoi
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dentro il colletto. Torno nella mia stanza, provo a