Aldo Busi, Un cuore di troppo, 2001

che ti fa sprofondare nella tenebra, una guarigione che

Ci sono tutte anche nella voce verbale “eiaculare”, tipo

non gliel’ha versato nella tazzina, non è stato

detto, prendendo a girare nella tazzina col cucchiaino come

un corpo qualsiasi almeno nella memoria… compreso l’abbaglio

me farmi vedere inserendomi nella sua visuale. Non era

che infila la testa nella ghigliottina, prendo a abbassare

troppo. Troppo ingiusto. Io, nella vita di tutti i

come garantiti a perseverare nella pigrizia, nell’egoismo, nella

nella pigrizia, nell’egoismo, nella voluttà di credersi ciò

te di persona, insinuandosi nella tua vita invece che

vita invece che immergendosi nella tua opera… e vale

per raggiungere lo scopo nella sua perfezione e necessità

dei modelli ricevuti, perseveranza nella cattiva sorte e quindi

elementi a sua disposizione nella strategia della sua intelligenza

oltre al resto, esibiva nella falda anche una stella

mi sono proprio sperduto nella macchia preappenninica e non

nota di generica malinconia nella voce, come a dire

come lui si porta nella mascella superiore… sa come

la scusa di andare nella grande metropoli a farsi

pensare cioè le donne nella loro vita difficile di

sull’aia e insaccato nella stalla, dall’ultima volta

per la prima volta nella passeggiata del pomeriggio, sapeva

è qualcuno di meno nella merda, i ricchi sono

anche a sinistra e nella Lega Nord, non certo

ha già tutto ciò nella solidarietà che ha saputo

è tanto poco produttivo nella vita da scrivere un

un visionario col blablabla nella manica. Non faccio in

con mezza fessa già nella fossa… improvvisamente, dopo ben

Menes entra già nudo nella sauna dell’Antistress in

di masserizie e motocicli nella corrente a duecento chilometri

pensionata e di infante nella culla che si accavallano

e intanto Menes lì nella sauna continua a tessere

chiodo via l’altro nella cassa da morto, e

le sue stesse parole nella sua stessa situazione! e

sua stessa situazione! e nella prima vampata di vapore

macinatrice industriale lì dentro nella penombra lattea con qualche

due, il torrente giù nella roggia gorgoglia bello pienotto

respinto, anche se respinto nella rabbia… L’amore neutrale

mare è più che nella media degli sciocchi di

Menes non stava più nella pelle, «Certo che andare

era posto per tutti nella commedia della vita, bastava

non diventare un cicciolo nella sua macinatrice di troie

incalzare degli ormoni, lui nella sua brandina aveva sognato

bambino sperduto sulla brandina nella sua chimica ignota e

caso di cancellarli anche nella mia vita, per convogliarle

solo un parente stretto nella morsa della sindrome da

viva che aveva trovato nella vita – «E adesso non

ginocchio, mi ha accompagnato nella caduta e lentamente è

felce e lui avanti nella stessa misura trascinato da

piumette di gallo cedrone nella fascia di seta color

ma ci siamo ritrovati nella mia camera, non ci

e lui così fece; nella telefonata lui non menzionava

la mia vera conquista nella vita, un’identità sentimentale

vita… il mio fantasma nella perduta trebisonda, secondo lui

Aveva una frase impressa nella testa, misteriosa e essenziale

una bella mitragliata giù nella roggia sotto e via

lui si insiste spesso nella sovrapposizione fra Menes Filatterio

emotiva e letteraria mutua); nella versione collaterale, più rifinita

non c’è più nella sintassi ma è semmai

anche se io stesso nella lettura del romanzo stampato