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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Paola Capriolo, Mi ricordo, 2015

concordanze di «quella»

nautoretestoannoconcordanza
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forse non notò neppure quella diffidente postilla. Il suo
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le cose, stando a quella voce, potevano essere viste
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entrata da tempo in quella lunga, grigiorosea stagione cui
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poltroncina in terza fila. ¶ Quella ragazza, o meglio, questa
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se alla poesia, a quella soltanto, lei avesse scelto
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la ventura di ascoltare, quella sera, nel ridotto di
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nebbie dell’esilio, come quella Terra Promessa che da
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irresistibile sollievo dinanzi a quella costanza del tutto insperata
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fronte a chiunque in quella situazione), ma perché reputava
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guardarsi troppo intorno in quella che aveva immediatamente riconosciuto
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nella sua camera (sì, quella era davvero la sua
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fronte. Era così piacevole, quella carezza, da far desiderare
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interamente dedicata a commentare quella frase di Dostoevskij sulla
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scambiamo un sorriso, perché quella reazione ha davvero qualcosa
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dolorosamente perspicace. ¶ Ora, in quella casa affollata di memorie
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inevitabilmente, qualcosa affiorava da quella nebbia, evocato per una
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appoggiata allo schienale in quella posa di estenuato abbandono
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era forse diverso? Di quella dolce, lenta carezza che
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S. Anche se lei, quella sera, non deve avermi
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goffaggine della posa, ma quella era, se non la
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svolta proprio lì, in quella stessa stanza, e la
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più in fretta possibile quella scena nella nebbiosa distanza
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aveva notata, mi scrive, quella slanciata e affascinante signorina
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solennemente ogni ricorrenza di quella data. Ieri a quest
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tempi, perché qualcosa di quella felicità rivivesse un po
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qualcosa. Mi spiego meglio: quella sera, alle sei in
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mai avesse chiamato, benché quella precauzione in realtà non
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la sua coscienza. Difficilmente quella voce fievole e arrochita
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rumori che provenivano da quella stanza. Un gesto irragionevole
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da quando aveva fatto quella strabiliante scoperta, non perdeva
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bottiglia di acquavite. Anche quella era stata una scoperta
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un errore ritornare in quella casa. ¶ XIV ¶ Ecco, Maestro
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dolci e succose; e quella laggiù, la vede? È
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sua. Immagino che anche quella bambina sull’altalena dopo
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fosse così, anche se quella mancanza di curiosità aveva
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cui le scrivevo in quella lettera. Ora aspirano tutti
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doveva aver dormito poco quella notte, a giudicare dal
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parvenza di giustificazione a quella risata. «I matrimoni misti
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se tu mi autorizzi…» ¶ Quella proposta di matrimonio, così
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data di nascita, solo quella: segno che, contrariamente alla
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quell’apoteosi della spensieratezza, quella musica spumeggiante che mi
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partita; e che sia quella.» ¶ «Mi scusi, Sonja, ma
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è così fortunati, in quella che lei chiama realtà
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estero, o meglio, in quella che ormai, per usare
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capisce? Quando ha pronunciato quella parola, mi sono sentita
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era davvero affezionata a quella ragazza), poi, la sera
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stata rimossa, ma in quella luce sembrava davvero nuova
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per poi scegliere immancabilmente quella sbagliata.» ¶ «Via, ora non
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dopo tanti anni: in quella bianca, linda sala d
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o da un infermiere; quella con il cerchio rosso
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rimasta minacciosamente chiusa; oltre quella con il cerchio giallo
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a provare per lui quella professionale indifferenza che credeva
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prostrato sulla carrozzina in quella posa contorta, non avevano
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di lasciarsi alle spalle quella stanza, almeno per mezz
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e articolare a fatica quella stessa, tacita domanda. ¶ «Moo
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alto, con ironia, a quella devastazione. ¶ «Sì, signore, semaforo
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la badante, aveva accolto quella notizia con sollievo e
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aspettative. Non affermava mai, quella musica: era tutta al
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soffocare i singhiozzi. Se quella figura al pianoforte non
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mente confusa: non era quella, forse, la colonna di
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tuffo al cuore. Aprì quella pagina, e i suoi
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tutto, il pensiero di quella giovane lettrice, e ne
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quando l’attenzione era quella strenua e minuziosa di
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La seconda, datata 1935, era quella che Sonja cercava. Così
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un modesto corollario a quella sua frase profetica circa
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più in piedi dopo quella notte insonne, e così
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Ma chi? Come precisarla, quella terza persona plurale che
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tutto appariva sereno, in quella luce… Forse per la
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un poco gli invidiava quella condizione di trasognata onnipotenza
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sembrava diverso, riconciliato. In quella luce, persino gli spettri
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papà, dall’altro a quella della mamma, percorreva il
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abituarsi al fatto che quella casa, per il vecchio
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venire a capo di quella storia confusa, ammesso che
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altro che uno scherzo, quella busta, un modo spiritoso
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cos’è la solitudine (quella vera, cattiva), può domandare
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vado a combattere per quella gente: solo a suturare
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di una piramide intatta. Quella che si accingeva a
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ballo delle debuttanti, di quella nonna materna che Sonja
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più messo piede dopo quella prima del Pipistrello. Sa
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sfoggiato quell’orlo svolazzante, quella delicata scollatura ornata di
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seta nel buio di quella cassa. Dopo una breve
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potuto? Sulle prime, aprendo quella grossa busta senza mittente
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ancora viva, eppure leggendo quella dedica mi sono sentita
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dunque indegna di lei. Quella grande sarebbe stata ripudiarmi
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senza timore di compromettersi quella sua riluttante dedica ad
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quale bellezza? Forse non quella che smussa, nasconde, indora
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indora la pillola; non quella che dice ninfa invece
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un po’ guastato da quella stella gialla cucita sulla
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ho viste, Adela… ma quella stella gialla sul tuo
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la luna piena, come quella notte, e di nuovo
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curiosa: che cioè proprio quella poesia scritta in ricordo
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dentro un fiore come quella volta della Myosotis, come
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eravamo più rivisti, dopo quella sera del ristorante, e
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ebrei, lassù sulla collina. Quella faceva una fiamma ancora
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la vetrina di Rosenberg, quella che è andata in
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a tal punto da quella storia estranea, da quel
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altro era, in fondo, quella lettera?) e ha deciso
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deciso di tornare in quella casa. A quale scopo
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una stanza diversa, poiché quella rosa è stata adibita
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stavi leggendo proprio da quella raccolta, forse proprio quella
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quella raccolta, forse proprio quella poesia che a modo
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complice e distaccato, e quella tua voce avvolgente, profonda
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esattamente così, come in quella sera remota eppure vicinissima
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al mio posto, in quella penombra protettiva, gli occhi
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Allora però era diverso. Quella notte, al commissariato di
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sempre. ¶ Ma non era quella, come sai, la direzione
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ancora laggiù, sperduta in quella piatta campagna che i
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sul treno. Difficile arte, quella della narrazione: dipanare nel
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figure, la tua e quella del povero dottorino, si
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ogni mattina, sperimentavo in quella duplice forma l’assoluta
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quando avevo appena respinto quella sua prima, bizzarra proposta
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la mia colpa: non quella di essere uscita senza
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ma, come ormai capivo, quella di essere nata. Ero
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tanto somigliava all’inerzia quella nostra fatica immane e
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erano troppo vicine a quella ciminiera che inviava giorno
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rimasi a lungo in quella baracca, non a lungo
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non ci dirigemmo da quella parte, ma verso la
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di averti scritto di quella sera in cui, dopo
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adesso invece scoprivo che quella definizione mi si attagliava
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metamorfosi, così prodigiosa come quella subita dalla fanciulla vestita
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specie di casa fosse quella mi appariva assolutamente secondario
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vita), fino a trovare quella che meglio mi si
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per la prima volta quella sera stessa, scendendo in
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nelle loro guêpière variopinte, quella stanca parodia della lussuria
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amore che sperimentavo in quella duplice forma, al mio
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ma lì dentro, in quella penombra rossastra che avvolgeva
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quando già si avvicinava quella liberazione in cui nessuna
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Che l’alternativa a quella vita fosse sfiancarsi di
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come lo sguardo di quella ragazza, raggelate nella fissità
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vita molto diversa da quella che, da prigioniera qualsiasi
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adesso, a volte, ho quella sensazione: quando mio marito
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Kurt è stato per quella sera e nonostante quella
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quella sera e nonostante quella sera. Per e nonostante
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mia casa ormai era quella con le persiane rosse
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da gioiosa abitante di quella casa in signora borghese
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quelle illusioni e di quella tragedia. Non l’aveva
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i pochi convenuti a quella breve, quasi furtiva cerimonia
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è riuscito a scappare, quella volta, ma poi è
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la minestra di piselli? Quella buona, sai, con il
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potesse venirle davvero da quella mente offuscata… Eppure, in
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annegata nel fiume, in quella lontana mattina, e tutto
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da un nastro rosso. Quella era stata la fine
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a credere che a quella brutale rivelazione potesse seguire
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di morte; e a quella sentenza Sonja si atteneva
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di acquistare e mantenere quella casa per condurvi con
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punta d’invidia per quella bambina dagli orecchini d
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restavano le immagini di quella sua grazia altera, minacciata
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sua comparsa. Costava cara, quella cura domestica; un altro
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brusco, una scarpata, come quella che scendeva al fiume
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mano del vecchio e quella rabbia sorda, antica, che
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Speranza. C’era anche quella nella libreria di ciliegio
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nel modo più inappellabile quella condanna rifiutandosi di accogliere
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dover affrontare di continuo quella domanda: «Moorio?» che vi
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sua sedia a rotelle. ¶ Quella sera, a casa, cenò
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che proprio quell’intimità, quella possibilità di concentrazione assoluta
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alle porte per trovare quella del vecchio nella fila
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avvolgere tra le sue quella mano scarna, dalle vene
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immobile, il tremito di quella mano, nel quale il
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bianco e nero di quella fotografia; poi, di colpo
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sbigottì l’assurdità di quella parola. Un’agnizione alla
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album per cercare proprio quella foto, dopo aver ritrovato
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E capì che operando quella bizzarra inversione anagrafica il
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riuscire ad alzarsi da quella sedia, lei, l’unica
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oboli al cioccolato. ¶ IX ¶ Quella che all’inizio era
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Sonja si domandava se quella non fosse davvero la
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non meno imprigionata in quella polverosa rete di ricordi
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togliere il vecchio da quella posizione scomoda; ma l
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aveva sempre pensato commisurando quella distinzione con la durezza
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acustici e spie lampeggianti. ¶ Quella mattina Sonja aveva dovuto
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così profondamente legata a quella casa l’aveva sempre
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flebile e avaro in quella stagione di magra, quando
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o di saggezza, in quella noncuranza dei luoghi e
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lei si adeguò a quella pietosa finzione gettando sul
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ma più modestamente a quella di un pensionato per