Giuseppe Parini, Il mezzogiorno, 1765

Rovesciò la fortuna; a se medesma ¶ Quante volte convien

è d'uopo a sè ragione ¶ Fece, e a

Motti pungerl'alquanto, o se nel volto ¶ Paga più

De' novi accenti: o se cupida troppo ¶ Col guardo

non sdegna. ¶ Felice te, se mesta e disdegnosa ¶ La

convita ¶ I viventi per sè Dei sempiterni. ¶ Forse vero

Non fia lecito mai, se già non sorge ¶ Strana

fida sposa a cui se' caro ¶ Il tranquillo marito

ricinse il core. ¶ Ma se a la Dama dispensar

al sen materno. ¶ Sgridala, se a te par, ch

Ed ei pago di sè, superbamente ¶ Crudo fa loro

le ubbidisci allora, o se t'invita ¶ Le vivande

L'ordin dispose, o se a te chiede in

fida sposa a cui se' caro, ¶ E a te

le proprie mani ¶ A sè le care luci da

E l'Amor di sè sol, baldo scorrendo, ¶ Porge

grande, ¶ Ti spaventi giammai. Se cosa udisti, ¶ O leggesti

Il tuo novo tesor. Se nova forma ¶ Del parlare

e soggiogati a terra. ¶ Se alcun di Zoroastro, e

e guai a lui, se quinci ¶ Le Dee sdegnate

La bollente bevanda; o se più forse ¶ L'ami

ornamento ai dorsi alteri: ¶ Se semplici e negletti; o

semplici e negletti; o se pomposi ¶ Di ricche nappe

al corso ¶ Vi porterà: se quel cui l'oro

e a me concedi ¶ Se non gli occhi ingannar

rote esporre al vulgo, ¶ Se star fermi vi piace

piace, od oltre scorra, ¶ Se di scorrer v'aggrada