Domenico di Giovanni, [Sonetti], 1449?

pazzìa è cruciarsi per sei mele? ¶ Come fece Giunon

scritti, ¶ Che mi dicean: sei tu ancor digiuno? ¶ E

grattati il forame, ¶ Che sei meno stimato, che 'l

Villano, ¶ Che gli studj sei mesi in potature: ¶ Ma

bianco, e dadi del sei due; ¶ Ed è ragion

hai la scesa, ¶ O sei infreddato, o senti di

ella a lui: Tu sei in grand'errore, ¶ D

Cavalier, Messer Marino, ¶ Questi sei mesi Podestà passato, ¶ Dal

è dì chiaro alle sei ore, e mezzo, ¶ E

ei n'ha ben sei macchie addosso? ¶ E quel

CLVIII ¶ Demo a Venesia sei cappuzzi al soldo, ¶ Un

Bacco ¶ T'ingegna, quando sei dal duolo afflitto ¶ Con

si vuole, ¶ Che tu sei pure or fuor di

tre pilossi, ¶ E recami sei rocchi di salsiccia; ¶ E

cresciuto: ¶ E se ben sei veduto, ¶ Leggi questo dinanzi

Burchiello, ¶ A cinque, e sei di notte pe 'l

che certo sono, ¶ Non sei degli ignoranti, ch'io

suo Sonetto. ¶ Ben ti sei fatto, sopra il Burchiel

Già di razza non sei di Chiaramonte, ¶ Ma lungo

cervel si becca; ¶ Ben sei addosso a Marzocco una

m'è detto, ¶ Che sei più giallo, che fior

mai cazzuole peschi, ¶ Sicchè sei 'l primo dietro a

Ben peggior di morte sei, ¶ Nè mi posso tener

Con cinque morsi, o sei di Can mastini. ¶ E

Con cinque serque, o sei di gran mazzate; ¶ E

non risponder, se non sei chiamato. ¶ Usa la veritade

a tal bisogna il sei, che gitta l'asso

apron gli ugnoni. ¶ Chi sei tu, Messer Baccio, o

cucina, ¶ Che basterieno a sei tuoi par ghiottoni. ¶ I