Teofilo Folengo, Orlandino, 1526

Ma tu, lettor, chi sei? férmati al varco, ¶ anti

quella orecchia. ¶ Poltron che sei, non vedi ch'al

duodici non vengon questi sei, ¶ ma "sottopaladini" son chiamati

consiglio a quatro, a sei ¶ entran, s'alcun de

ardente strale! ¶ 62. ¶ Pazzo che sei, Milon! come non vedi

non vedi ¶ che non sei pare al grado imperiale

uomo s'ingenere. ¶ Tu sei degno d'onor e

vero pasto: ¶ perché, se sei villan e vòi star

uscisca de la sbarra; ¶ sei paladini già son a

lettor, qual tu ti sei, ¶ perché dolerti? anch'a

mezzo a quatro o sei. ¶ S'io mangio male

Milon - e quel che sei non mostri. - ¶ 24. ¶ Ginamo a

animo le crebbe: ¶ - Dove sei, vita mia? - dicendo langue

dico; ¶ non so chi sei? tu n'hai spogliato

conosco ben che ladro sei: ¶ rubasti l'arme, il

nsuperbisce. ¶ Rubaldo che tu sei! perder un occhio ¶ dovria

digiuno, per udirti, giorni sei. - ¶ 80. ¶ Qui narra il vecchio

di te pietà, che sei sí carco; ¶ olà, férmati

pane, ¶ lo qual tu sei per dare a le

cavestro e ladroncel che sei; ¶ ancora non sei lungo

che sei; ¶ ancora non sei lungo com'ho 'l

liberato, ¶ ti mostrarei che sei di me piú fello

d'anguille che tu sei, lurcone! - ¶ e ciò dicendo

un popol tocca? ¶ Non sei tu causa de la

scola! ¶ Porcazzo che tu sei, c'hai quattro volti

vivente? ¶ pàrti ch'elletto sei d'esser pastore ¶ de