Vittorio Alfieri, Bruto secondo, 1789

or dunque, io sì, son quello, ¶ cui traditore un

soli, e veraci, noi. — Son questi i sensi, ¶ questi

a morir non servo ¶ son presto io sempre: io

queste triste mura, ¶ tanti son più che i cittadini

Od atterriti, o compri ¶ son tutti omai; né intenderebber

gloria per anco; ¶ affetti son, che in cor si

i rostri, ¶ ch'or son morte a chi il

resta? ¶ Bruto ¶ A voi son noto: ¶ parlar non soglio

ogni uom, quell'uno ¶ son io. Non cesso di

io mai, né il son; né, se il volessi

sì; felici voi!... ¶ Nol son io, no; cui riman

l'alma?... ¶ Bruto ¶ Io son,... chi 'l crederia?... ¶ Misero

del tiranno Cesare io son figlio. ¶ Cimbro ¶ Che ascolto

e afferma, ch'io son frutto ¶ dei loro amori

mano, è fatta, ¶ or son più giorni: a te

ch'io di Roma son figlio, a Porzia sposo

grande ch'io nol son, me grande ¶ e forte

solo. ¶ Bruto ¶ Io qui son solo. ¶ Cassio, di Giunia

ei sanno. Favella. — Io son ben certo, ¶ che in

me tu dai, ¶ parole son; stringi, e rispondi. È

sole ei primo? — ¶ Questi son, questi, i benefizi espressi

io credo, e certo son, che al nuovo ¶ sole

A me novelli ¶ non son di Bruto i temerari

sol, chiaro il farò. — Son figlio ¶ io di Cesare

Bruto ¶ Sì; di lui son nato; ¶ e assai men

Cesare ¶ Omai preghiere, ¶ che son pubblico oltraggio, udir non

tiranno ¶ costui; ma, nol son io: se il fossi