Vittorio Alfieri, Agide, 1788

sue virtù, e il suo splendore; quindi egli pieno

furono poi da Cleomène suo successore, che il tutto

ebbi. ¶ Abbandonava ella il suo amato sposo, ¶ perché al

tale ¶ pure il disegno suo; quindi ebbe ei quasi

qual altra, ¶ che il suo fallir, chiuso or nel

ti serbava, ed in suo danno forse. ¶ Leonida ¶ Vero

Agide, il riverito idolo suo. ¶ Anfare ¶ Più custodito è

assai, ¶ che da questo suo asilo. Ei delle leggi

Leonida ¶ S'egli in suo cor se stesso ¶ reo

il tien ¶ più per suo re, né per collega

osa ¶ laudarla ancor con suo periglio Sparta; ¶ poiché, più

non lasciar nel misero suo esiglio ¶ irne solo il

nulla di lieto il suo cangiar sì ratto. ¶ Ma

più sempre dal poter suo prisco, ¶ dalle già tante

apertamente insorti ¶ entro il suo regno a sé nemici

apriva. ¶ Quindi l'esiglio suo, giusto, ma inflitto ¶ in

si annida entro il suo cor, bench'egli ¶ vIncitor

ah! pur potessi ¶ dal suo temer l'util di

esiglio me, Sparta al suo rogo, ¶ spingevi tu. Non

raggio ¶ vero divino al suo parlar traluce, ¶ e mel

pro, né a danno suo. ¶ Agiziade ¶ Sei padre; m

pianto stempravasi ¶ per lo suo sposo. Assai gran doglia

doglia in core ¶ il suo pianto mi lascia. ¶ Anfare

plebe, ¶ che col numero suo voi ne strascina ¶ negli

come or vorresti al suo cospetto andarne, ¶ e un

a lui recassi. Al suo fuggir, sol uno, ¶ di

un grido, ogni oprar suo biasmava, ¶ ogni mio benediva

inique. ¶ Volete voi del suo fallir me reo? ¶ Io

degno ¶ di perdono il suo errore. Il chieggo io

noi si appressa? In suo favor di nuovo ¶ già