Vittorio Alfieri, Oreste, 1782

ha due lustri, ritornar ti veggio ¶ vestita d´atre

quel sangue, ch'espiar ti debbe, ¶ finor non scorre

queste ¶ soglie svenato io ti vedea; svenato; ¶ e per

io dar per or ti possa, ¶ di pianto, o

ma vivo, Oreste. Io ti salvai, fratello; ¶ a te

l'osi; e ben ti sta. Ma il piè

martìri: il premio intero ¶ ti si riserba di Cocìto

e regni. Or, qual ti prende ¶ di mie cure

e indarno affatto ¶ vi ti opporresti. ¶ Clitennestra ¶ Ah! tel

crudo! ad una madre ¶ ti duoli tu, che il

tutto, a chi tutto ti spoglia ¶ nulla tu desti

gode? Ognor sul capo ¶ ti pende il brando suo

scudo ¶ col mio petto ti fora... Ma, s'ei

dì, ch'io ristorar ti possa ¶ de' lunghi tuoi

ch'io per me ti chieggo. ¶ Oreste ¶ Al fin

vero parli... ¶ Ma non ti sta, come a me

regno, ¶ e nulla più, ti dava: intanto il vile

intanto il vile ¶ traditor ti sfuggiva; e alla sua

d'altri. — Or non ti chieggo io nulla, ¶ che

Al parlar mio ¶ turbar ti veggio?... e che? potria

sei perduto. ¶ Elettra ¶ Elettra ¶ ti appella; Elettra io son

son, che al sen ti stringo ¶ fra le mie

paterna tomba?... ¶ Elettra ¶ Deh! ti acqueta per ora. ¶ Pilade

questa reggia; e forza ¶ ti fia mirarle con asciutto

te più nulla: spenta ¶ ti credea dal tiranno: a

veniva. ¶ Elettra ¶ Vivo, e ti abbraccio; e il primo

Elettra ¶ Oh madre! ¶ già ti martìra il non tornar

parlate. ¶ Pilade ¶ Acerbo troppo ¶ ti fia l'annunzio; e

Pilade ¶ E ciò saper ti basti. ¶ Chi ad una

amato, mie man non ti prestaro ¶ L'ultimo ufficio

io 'l genitor svenato, ¶ ti son io madre meno

a parte a parte ¶ ti udrai l'atroce caso

crudo stile immerso, ¶ forse ti duole? Opra pietosa tanto

mi vi sforzava. Io ti dicea, che il figlio

di'. Più caro ¶ io ti fui che tua fama

di chi al fianco ti sta nomar non dessi

orribile guidato, ¶ quant'io ti dava, un nulla reputavi

finch'altro a tor ti rimanea. Chi vide ¶ sì

alla tua rabbia: appieno, ¶ ti conobb'io quel dì

sia? — ¶ Barbaro! forse or ti compiaci udirmi ¶ asseverar ciò

dannoso; e quindi ora ti manda ¶ ratto il messaggio

dirlo a me, non ti attentar tu mai. ¶ Se

Ad essa incontro ¶ chi ti spingea? non io. ¶ Oreste

più; taci: ¶ una madre ti ascolta. ¶ Pilade ¶ È ver

Ma, oimè! pur troppo ti veggo di Stige ¶ l

sol sospetto vano ¶ romper ti faccia or delle genti

scolpito ¶ il rio timor ti sta. ¶ Clitennestra ¶ Dite: non

oh cielo!... ¶ Deh! mi ti svela, Oreste. Ah sì

dessi, è Oreste: ¶ nessun ti è figlio, se abbracciar

amor tuo insano. — Io ti conosco, Oreste, ¶ alla tua

più con man non ti posso, abbiti questo ¶ palesator

non vuoi ch'io ti abbracci, in cor mi

tu impallidisci? tu piangi? ti cade ¶ di mano il

io mai più non ti vegga. ¶ Clitennestra ¶ Oimè!... mi

a morte ¶ trar, che ti giova? È di signor

che la morte ¶ dar ti poss'io? Svenati innanzi

qui rimani; ¶ in securo ti cela; al furor suo

t'arresta; ¶ io non ti lascio. ¶ Egisto ¶ Invan l

per altra via. ¶ Clitennestra ¶ Ti sieguo. ¶ Egisto ¶ Mal ti

Ti sieguo. ¶ Egisto ¶ Mal ti fai scudo a me

e ad alta ¶ voce ti appella parricida moglie. ¶ Non

appella parricida moglie. ¶ Non ti mostrar per or; correr

ove sei tu? Vieni; ti appella ¶ voce di morte

Non esci? ¶ Ahi vil! ti ascondi? Invan; né del

Erebo il centro asil ti fia. Vedrai, ¶ tosto il

havvi d'averno, ¶ che ti sottragga a me. Solcar

che non osa ¶ morir, ti uccise? ¶ Elettra ¶ Or vendicato

tu?... ¶ Elettra ¶ La madre ¶ ti ridomando, Pilade. — Oh, qual