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Una bibliografia che ho compilato con amore

Un cambio di prospettiva

Non ho mai scritto una Storia della stampa italiana satirica e umoristica, nonostante avessi già molto materiale a disposizione, perché al suo posto ho trovato più congeniale compilare una Bibliografia dei giornali lombardi satirici e umoristici. Lo feci per conto dell'allora Istituto lombardo per la storia del movimento di liberazione in Italia, oggi Istituto lombardo di storia contemporanea.

La copertina dell'opera, a dire il vero, non fu un capolavoro. Ma siccome la collana Fonti e strumenti che la ospitava, promossa dalla Regione Lombardia e diretta da Lilli Dalle Nogare, aveva già la sua storia e il suo progetto grafico, dovetti adattarmi.

Fosse stato per me, l'avrei fatta più sobria, e soprattutto più aderente all'immagine coordinata che l'istituzione regionale aveva elaborato per sé da tempo, basata sul colore verde Pantone 356, sul logo della rosa camuna e sulla fonte tipografica Futura.

Ma queste sono altre divagazioni. La cosa importante è che mi ero progressivamente accostato al lavoro di documentazione, muovendo dall'iniziale interesse per la storia e sospinto da quello divenuto ormai robustissimo per l'informatica.

Un cambio relativo, dopotutto

La cosa non era sorprendente. Avevo sempre goduto del piacere certosino di compilare estesi schedari, quando le schede di cartoncino, ordinate in cassetti, erano l'unico mezzo per realizzarli. Quando si prospettò la possibilità di realizzarli sulla macchina elettronica non esitai a sfruttarla, e ne feci anzi la mia attività prediletta.

Benché l'argomento conservasse un forte impronta iconografica, il lavoro era molto asciutto, come si conviene a una bibliografia, e non concedeva nulla al piacere della vista; tutt'al più ammetteva la citazione di qualche verso meritevole di sfuggire all'oblio.

Una parte della soddisfazione che trovavo in quel lavoro, del resto, consisteva nel contemplare le stampe prodotte con il procedere della ricerca, ricavate dall'archivio informatico che alimentavo con generosità e scrupolo.

Compilare e stampare (discretamente)

Devo aggiungere che quelle stampe di lavoro documentano umilmente anche l'evoluzione delle parole scritte ‒ sotto il profilo grafico ‒ durante le trasformazioni subite dai computer e dalle stampanti alla fine del XX secolo.

La prima versione della Bibliografia, piuttosto grezza, era stata ottenuta con un computer Apple iic e una stampante ad aghi ImageWriter. Per via delle limitazioni sia dell'uno che dell'altra si trattava di una stampa su carta a modulo continuo con caratteri a larghezza costante, tipici delle veterane macchine per scrivere, che sopravvivono nella ben nota fonte courier.

Niente a che vedere con le rudimentali stampe che avevo prodotto fino a quel momento, ma anche niente di speciale, in fin dei conti, visto che le uniche differenze consistevano in una matrice dei caratteri più grande, per migliorare la qualità, e in un monospazio più largo o più stretto, per emulare grossolanamente una diversa dimensione dei caratteri.

La vera differenza giunse quando potei permettermi un Apple Macintosh. La stampante ImageWriter, infatti, adeguatamente pilotata dal nuovo computer, era in grado di produrre stampe che apparivano somiglianti a delle vere impressioni tipografiche, ma soprattutto erano conformi a quanto si vedeva sul video del computer prima della stampa, secondo il canone del cosiddetto WYSIWYG (What You See Is What You Get: ciò che vedi è ciò che ottieni), che fu la straordinaria novità introdotta dai sistemi Apple Macintosh.

La seconda stesura della Bibliografia dei giornali lombardi satirici e umoristici era pur sempre una bozza di lavoro, ma si presentava ormai molto simile alla stampa definitiva in volume, benché quest'ultimo fosse ancora tutto da allestire.

E poi venne la stampante laser.

Compilare e stampare (a regola d'arte)

Il primo sistema Apple Macintosh venne presentato il 24 gennaio 1984, la prima stampante Apple LaserWriter il 1 marzo 1985, vale a dire neanche un anno e mezzo dopo. Il nome e il successo del Mac ‒ come si cominciò a chiamarlo subito ‒ è noto a tutti, mentre quello della sua stampante laser dedicata lo è molto meno. Eppure, secondo la mia opinione, fu la stampante a decretare il successo del nuovo rivoluzionario sistema, e non viceversa.

Per la prima volta, infatti, una stampante laser ‒ vale a dire un nuovo tipo di stampante, di qualità quasi tipografica ‒ veniva associata a un sistema WYSIWYG, che a sua volta costituiva un'altra eccezionale novità. Il tramite fu il software PostScript, tecnicamente un linguaggio di descrizione della pagina, prodotto nel 1982 da una società pressoché sconosciuta (Adobe), che rivoluzionò letteralmente la produzione di parole scritte tramite un computer, e soprattutto la successiva stampa su carta, rinnovando il maniera decisiva il tradizionale settore della tipografia, con una pratica che prese il nome di Desktop publishing.

Io cercavo di stare dietro attivamente a questi mutamenti decisivi nel settore della carta stampata, tenendo d'occhio naturalmente il mio lavoro di documentazione sui giornali satirici e umoristici.

La terza stesura della Bibliografia, quella definitiva, venne realizzata con un Macintosh e una LaserWriter e, in pratica, rappresentava una stampa già pronta per la pubblicazione. Solo l'occhio esperto del tipografo poteva riconoscere che la stampante laser produceva caratteri con una risoluzione pari a soltanto 300 punti per pollice, mentre le pellicole che poi venivano impiegate per la tipica stampa offset dei libri raggiungevano la risoluzione di 1200 punti per pollice.

Ma il fatto sorprendente era che Macintosh poteva pilotare, grazie al PostScript, indifferentemente sia una LaserWriter, buona per bozze di qualità, sia un rip (Raster Image Processor) collegato ad una unità di fotocomposizione, che produceva le pellicole per la tradizionale stampa a inchiostro.

La rivoluzione del Desktop publishing, avvenuta alla fine del xx secolo, era tutta lì, in quell'avverbio, e per me fu un piacere immenso parteciparvi in prima persona.