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L'insegnamento della fonte «Cohærentia»

Un lungo percorso

Sulla strada tracciata con il disegno di Pianaforma ho cercato di realizzare una fonte che, pur allentando i vincoli strettissimi imposti in quel progetto, mantenesse un livello di coerenza molto elevato.

La ricerca della coerenza, del resto, non è certo una cosa nuova, infatti penso che Matthew Carter si riferisse proprio ad essa sostenendo che il lavoro del disegnatore di caratteri consiste nel realizzare "una bella collezione di caratteri, piuttosto che una collezione di bei caratteri". Il mio sforzo, casomai, è stato tentare di spingere la ricerca il più avanti possibile, trascurando talvolta il valore estetico a favore della coerenza, per osservarne i risultati.

Il senso di tutto il lavoro, dunque, si può riassumere in questo talvolta.

La flessibile coerenza dell'avverbio talvolta

Talvolta il lavoro ha prodotto risultati che giudico di un certo rispetto, anche in confronto a fonti di sicuro valore, come le lettere «K» ed «R»; talvolta sono io il primo a storcere un po' il naso, dopo essermi lasciato volutamente prendere la mano dal furore di disegnare glifi strettamente imparentati, come si può vedere nelle figure qui di seguito.

L'impiego della lettera «s» nel disegno della lettera «j» e quello della lettera «c» rovesciata nel disegno della lettera «y», non mi appaiono artificiosi; ma d'altro canto è evidente una certa forzatura nel richiamo della «t» alla «f», sempre per il tramite della «s».

Naturalmente, questi sono solo alcuni esempi – per di più tratti solo dallo stile normale – dove talvolta la coerenza ha prodotto accettabili risultati e talvolta ne ha prodotti di discutibili. La lista di questi esempi, comunque, è molto più lunga. Qui di seguito ne riporto alcuni tratti dallo stile corsivo, e lascio a chi legge l'onere di commentarli.

Sia che si ammetta un risultato positivo, però, sia che se ne ritenga uno negativo, resta il fatto che è stata sempre fatta salva la coerenza, come da programma. Ma talvolta – e qui sta la questione più delicata, ma anche quella più interessante – di fronte a due opzioni grafiche, una più coerente ed una più libera, ho scelto la seconda, consapevole di violare il programma, perché questa mi pareva l'unica strada praticabile.

Il disegno della lettera «n» ne è l'esempio forse più significativo. Il glifo realizzato con il tratto curvo semicircolare, piuttosto che ellittico, è semplicemente più bello di quest'ultimo e si accorda vorrei dire inspiegabilmente bene a quello dal profilo ellittico della lettera «o». Ho avanzato l'ipotesi che una lunga eredità storica pesi sul riconoscimento di questa bellezza, ma non ne sono così sicuro da affermarlo con determinazione. Resta il fatto che, per quanto riguarda la lettera «n», ho violato deliberatamente la consegna della coerenza, mentre in altri casi, come quello della lettera «t», l'ho rispettata, pur con qualche perplessità.

Coerenza e moralità

Il succo di tutto questo discorso, o meglio: la lezione appresa nel corso di questo lavoro, iniziato con la fonte Pianaforma e concluso con la fonte «Cohaerentia» è che mantenere scrupolosamente la coerenza è essenziale per realizzare qualcosa di bello e di buono; è difficile e faticoso, soprattutto quando ci si applica ad un ambito concreto e non ad una realtà astratta; ma è talvolta sconsigliabile perché può condurre ad una rigidità sterile o addirittura dannosa.

Disegnare caratteri non è la stessa cosa che prendere decisioni etiche o politiche, tuttavia devo riconoscere che nel percorso che ho appena tratteggiato ho appreso da una fonte insospettabile che l'esercizio della coerenza – che continuo a difendere come un fondamento di rigore e di civiltà – necessita talvolta di alcune deroghe, che non ne compromettono il valore ma ne umanizzano l'essenza.