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Costruzione della fonte «Pianaforma»

Applicare le regole

Una volta stabilite le regole costruttive di «Pianaforma» procedo ad applicarle, curioso di conoscere il risultato di insieme al quale mi condurranno.

La cosa che trovo più interessante è che queste regole sono abbastanza vincolanti da lasciare ben poca scelta alla creatività, circostanza insopportabile per progettare un un bel glifo, ma fondamentale per disegnarne uno che abbia principalmente lo scopo di apparire il più anodino possibile.

Anzitutto la «s»

Non c'è alternativa alla lettera «s» per cominciare il lavoro. Le ragioni sono due:

1. la doppia curva della «s», da realizzare solo con archi di circonferenza, determina l'altezza e la la larghezza di questa lettera minuscola e, di conseguenza, quelle di gran parte delle altre lettere;

2. l'apertura dell'occhiello vincola lo spessore del tratto; si tratta di una caratteristica che andrà successivamente applicata a tutte le altre lettere, sia minuscole, sia maiuscole.

Entrambe queste ragioni sono raffigurate nelle quattro figure che seguono.

La prima figura mostra l'unico profilo possibile della lettera «s» realizzabile ricorrendo ad archi di circonferenza. In verità di questi profili se ne potrebbero tracciare infiniti, ma questo è l'unico che impiega frazioni di arco con numeri piccoli e interi (3:4), secondo quanto stabilito dalla regola 2.

Una conseguenza diretta di questa necessità è che le proporzioni fra larghezza e altezza della lettera risultano 1:2, sempre in accordo con la nominata regola.

Non va dimenticato che il profilo è solo una traccia ideale. Affinché questa traccia diventi un glifo vero e proprio va adeguatamente ispessita. Secondo la regola 3 lo spessore del tratto deve essere massimizzato in maniera uniforme finché non interferisce con se stesso o con altri tratti.

La seconda figura mostra l'entità di questo ispessimento, limitata da una distanza – pari al diametro del piccolo cerchio – fra l'estremità superiore del tratto e la curva inferiore di quest'ultimo, che è uguale allo spessore assegnato al tratto.

Va aggiunto che il tratto viene tracciato da un ipotetico pennino di sezione circolare, che è l'unico in grado di garantire una totale indipendenza da ogni variabilità dello spessore e della forma delle estremità, che quindi risultano sempre semicircolari.

Le «esse» e i rapporti fra di esse

Il rapporto 2:3 definisce il valore dei tratti ascendenti e discendente delle lettere minuscole, come si può notare dalla equa quadripartizione dell'altezza a disposizione delle lettere (maiuscole, minuscole, con ascendenti, con discendenti). Per questa ragione la lettera «s» (terza figura) sarà alta due terzi della lettera «b» e della lettera «p» sempre secondo la regola 2.

E sempre il rapporto 2:3 permette di definire anche le dimensioni della lettera maiuscola (quarta figura) che di per sé, comunque, conserva le proporzioni 1:2.

Bisogna che torni a sottolineare – e lo farò ancora più volte, perché si tratta di un punto molto importante – che nessuna di queste scelte è veramente necessaria. Altre proporzioni, altri rapporti sarebbero del tutto leciti, ma io non riesco a concepirne di più semplici e di più sistematici, quindi questo carattere «Pianaforma», che sto cercando di costruire, forse merita proprio il nome che gli ho attribuito.

Dopo la «s» viene subito la «o»

Il disegno della «s» non è stato solo il disegno di una lettera, bensì quello di tutte le rimanenti altre. Dalla «s», infatti, si può coerentemente derivare subito la «o», e la «a».

Ho rappresentato in rosso il tratto originale, in rosa la parte di tratto originale eliminata, in marrone scuro quella aggiunta, in marrone chiaro quella conservata. Si può osservare che – in conformità alla regola 1 – la parte conservata è considerevole.

Sei piccioni con una fava

Dalla lettera «o» sono derivabili direttamente altre sei lettere imparentate fra loro.

In particolare, va notato che l'altezza del tratto orizzontale della «e» è compatibile con lo spessore del tratto, secondo quanto definito nella regola 3 e già applicato a proposito della lettera «s».

Una discendenza non diretta

Dalla lettera «p» si può far discendere la lettera «n»,

che a sua volta si rivela estremamente prolifica.

Devo mettere in rilievo che delle quattro nuove lettere («i», «r», «h», «m») due («i», «m») hanno una larghezza diversa dalla «s» primitiva.

La lettera «m» (e poi si vedrà anche la «w») ha una larghezza doppia rispetto alla «s», ma questo è in accordo con la regola 2. Quanto alla «i», il discorso è più complesso.

La lettera «i» poteva essere derivata dalla «l» (mostrata più avanti), che è larga la metà della «s»; questo sarebbe stato più coerente, e in accordo con la regola 2, perché il rapporto fra le larghezze delle lettere sarebbe risultato 1:2.

Tuttavia sarebbe rimasto il problema della maiuscola. Come disegnare la lettera «I» (maiuscola)? In una essenziale fonte senza grazie – come quella che sto costruendo – la lettera «I» non può che essere disegnata come una semplice asta verticale, scelta che contraddice la regola dei piccoli numeri interi (regola 2) nel rapporto fra le dimensioni della lettera.

Dovendo scegliere, ho preferito adeguare la lettera «i» (minuscola) alla lettera «I» (maiuscola). Il disegno delle lettere «iI», pertanto, rappresenta l'unica deroga alla regola 2.

Un capovolgimento di prospettiva

Capovolgendo la prolifica lettera «n» si ottengono diverse altre lettere, fra cui la «l» di cui ho appena parlato.

Dalla lettera «h», ricavata più sopra, si ottiene la «k», con alcune difficoltà dovute ai tratti obliqui, ma pur sempre nel rispetto delle proporzioni.

Risalendo poi alla «q» è possibile ottenere altre tre lettere con tratti discendenti.

E infine, risalendo di nuovo alla lettera «s» primitiva, l'alfabeto minuscolo può essere completato.

Anche in questo caso, i tratti retti obliqui consentono meno economia grafica in confronto a quelli curvi, ma rispettano pur sempre le proporzioni originarie.

Voglio ripetere perciò che non posso invocare alcuna oggettività assoluta, soprattutto nel disegno di queste ultime lettere, ma d'altra parte non riesco a immaginare alcuna alternativa valida nel rispetto delle regole stabilite.

Le lettere maiuscole

A dispetto di quello che immaginavo prima di dedicarmi a questo progetto, il disegno delle lettere maiuscole – oggettivamente più semplici – ha dovuto seguire quello delle minuscole, e non viceversa.

Dalla lettera «S» primitiva, ma questa volta maiuscola, discendono con facilità ben sei lettere.

Altre sei lettere discendono dalla appena ottenuta lettera «O».

E altrettanto ne discendono dalla appena ottenuta lettera «D».

In breve, abbiamo raggiunto quota 19. Per le restanti sette lettere il discorso si fa un po' più complesso.

Il demone obliquo

Se si escludono i due relativamente facili passaggi dalla lettera «R» alla «X» e di conseguenza alla «Z», i tratti retti obliqui delle lettere comportano delle difficoltà, come si è già visto con il disegno delle lettere minuscole.

La parte condivisa con le precedenti lettere con tratti retti (verticali e orizzontali) e curvi è relativamente modesta.

Non resta dunque che consolarsi con il rispetto delle proporzioni (la larghezza della lettera «N» sta in un rapporto 1:2 con quella della lettera «M») e con la mai abbastanza sottolineata circostanza che sembra difficile escogitare soluzioni più economiche di quelle presentate.

E a soluzioni ancora meno economiche, infine, bisogna ricorrere per la lettera «A».

La condivisione dei tratti fra la primitiva lettera «S» e la «A», come si vede bene, è minima. Tuttavia si può notare altrettanto bene la necessaria posizione del tratto retto orizzontale, piuttosto alto, ma condiviso con altre lettere maiuscole come la «E» o la «H».

Un parziale recupero di economia, in conclusione si ottiene con le lettere «V» (di fatto una «A» capovolta) e la lettera «W», quest'ultima larga il doppio della precedente, come già nel caso della lettera «M» rispetto alla «N».