La letteratura ammette da sempre il ricorso a parole ed espressioni volgari; come esempio, valga per tutti il famoso culo strombettante evocato da Dante nell'Inferno della sua Commedia. Si tratta di un fenomeno abbastanza comune, però circoscritto. La vera diffusione del parlare sporco si verifica a partire dal xx secolo, con la proliferazione del genere romanzo.
La maschera che segue permette di esplorare questo aspetto della letteratura moderna, allargando la ricerca alla storia in forma di romanzo, limitatamente alle opere prodotte a cominciare dal xx secolo.
l'autrice o l'autore
Si fa presto a dire parolacce
La fantasia delle persone nel coniare parole volgari, sporche, scurrili, oscene, turpi – da turpiloquio, bellissima parola – è smisurata, e dunque l'ambizione di compilarne un elenco esaustivo, con il quale esplorare i testi contenuti in scripta alla ricerca delle parole sconvenienti, appare a dir poco illusorio. Mi accontento perciò di un elenco abbastanza ricco, ricavato da quello ricavabile dal Grande dizionario italiano dell'uso di Tullio De Mauro, dove alcune definizioni sono accompagnate esplicitamente dalla dicitura volgare, come quella di stronzo, per esempio. Inspiegabilmente, però, in quello stesso dizionario la parola pirla non è considerata una parola volgare (provate però a dare del pirla all'agente della stradale che vi ha fermato perché correvate un po' troppo…), sicché ho dovuto applicare qualche opportuna giunta, di mia personale iniziativa, all'elenco canonico.
Ma questo è solo l'inizio. Stabilire quando una parola dove essere considerata una parolaccia, comunque, non è affatto facile. I motivi sono due.
Chi è bischero è anche pirla?
In primo luogo l'impressione di volgarità procurata da una certa parola è soggetta a diversi fattori: cronologici, geografici, culturali. Questo la rende talvolta ambigua, di difficile classificazione.
Per un toscano, per esempio, sentirsi dare del bischero, non produce lo stesso effetto che produce in un lombardo: per il primo è un epiteto offensivo, per il secondo è un appellativo scherzoso; non così pirla, almeno per il lombardo, come ho cercato di spiegare sopra.
Il pirla, d'altra parte, è solito pirlare, ma in questo caso la parola ha un significato meno volgare. Infine prillare, sinonimo di pirlare, è parola tipica toscana, senza alcuna connotazione volgare.
In conclusione, dunque, il tasso di volgarità di una parola non è una cosa facile da stabilire, perciò la lista delle parolacce oggetto di questa esplorazione, oltre ad essere sicuramente incompleta, non può che lasciare adito ad ambiguità.
Non sempre scopare significa scopare
In secondo luogo non va dimenticato che molte parole, indubbiamente volgari, sono l'esito di una ramificazione semantica a partire da un significato del tutto innocente, che tuttavia resta valido. Anche questo costituisce un ulteriore motivo di ambiguità.
Per tornare a Dante, bisogna ricordare che mentre puttana, fiche, merdose sono parole che il Poeta sceglie deliberatamente per connotare il passo della Commedia che le contiene con un registro stilistico basso, non si può dire la stessa cosa per chiavare che, al contrario, connota un passo molto tragico. Solo con il tempo, infatti, quella stessa parola ha assunto notoriamente un significato volgare, oscurando quello originario.
Non è stato così per scopare, invece, che conserva il significato originario accanto a quello derivato. Purtroppo il corpusscripta non è attrezzato per distinguere fra i due significati e dunque è costretto a segnalare in molti casi dei falsi positivi di parole volgari.
Non ho dubbi, d'altra parte, che il visitatore del sito non avrà dubbi nel discernere corretamente il significato di questa parola in un romanzo di Grazia Deledda piuttosto che in uno di quelli di Antonio Moresco.