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Una ricchezza distribuita

Misurare la distribuzione della ricchezza

Ho pensato che scripta potesse tornare utile anche per una esplorazione ‒ ancora quasi tutta da effettuare, per la verità ‒ sulla ricchezza distribuita nella prosa ‒ ma naturalmente anche nella poesia ‒ dei testi che popolano il corpus. Lo scopo è quello di giungere alla definizione di uno o più indicatori in grado di esprimere in maniera quantitativa l’indice di ricchezza distribuita di una certa composizione verbale, adeguando ovviamente il principio alla peculiarità della parola scritta, molto diverso dal trattamento che si può fare dei suoni e degli intervalli musicali con la tecnica di composizione seriale.

Quel ramo del lago di Como...

A titolo di esempio riporto l’incipit di Fermo e Lucia di Manzoni (1823) opportunamente annotato, grazie ad una elaborazione sul testo del romanzo contenuto in scripta, in modo da mettere il rilievo questo discorso.

Quel ramo del lago di Como d'onde esce l'Adda e che giace fra due catene non interrotte di monti da settentrione a mezzogiorno, dopo aver formati varj seni e per così dire piccioli golfi d'ineguale grandezza, si viene tutto ad un tratto a ristringere; ivi il fluttuamento delle onde si cangia in un corso diretto e continuato di modo che dalla riva si può per dir così segnare il punto dove il lago divien fiume. Il ponte che in quel luogo congiunge le due rive, rende ancor più sensibile all'occhio ed all'orecchio questa trasformazione: poichè gli argini perpendicolari che lo fiancheggiano non lasciano venir le onde a battere sulla riva ma le avviano rapide sotto gli archi; e presso quegli argini uno può quasi sentire il doppio e diverso romore dell'acqua, la quale qui viene a rompersi in piccioli cavalloni sull'arena, e a pochi passi tagliata dalle pile di macigno scorre sotto gli archi con uno strepito per così dire fluviale.

Si possono notare poche parole con una tinta scura, contornate dalla maggior parte delle restanti colorate in rosso. Queste ultime sono tali perché presentano ripetizioni di almeno due lettere a distanza di almeno dieci parole. Per esempio, nell’aggettivo Quel sono presenti le due lettere elche ritornano nella preposizione del in terza posizione. Il sostantivo ramo, invece, contiene mo, che appartiene anche al nome Como, il quale si trova in quarta posizione rispetto al sostantivo, e così via.

Una applicazione letterale del principio dodecafonico a un testo verbale appare assurda e inutile: il brano, infatti, si presenta spaventosamente ripetitivo sotto questo punto di vista (per la precisione ben il 68% delle parole contiene lettere contenute nelle parole adiacenti), e non c’è speranza di poter migliorare le cose senza privare di senso il testo, a meno che non ci si voglia accontentare di quei brevissimi testi bizzarri, al limite del significato, che sono i pangrammi.

Se però si allentano i criteri con cui individuare le ripetizioni le cose possono cambiare sensibilmente. Ecco di seguito il medesimo testo manzoniano, dove però sono state messe in rilievo le parole che presentano ripetizioni di tre lettere, limitatamente a una distanza massima di sei parole.

Quel ramo del lago di Como d'onde esce l'Adda e che giace fra due catene non interrotte di monti da settentrione a mezzogiorno, dopo aver formati varj seni e per così dire piccioli golfi d'ineguale grandezza, si viene tutto ad un tratto a ristringere; ivi il fluttuamento delle onde si cangia in un corso diretto e continuato di modo che dalla riva si può per dir così segnare il punto dove il lago divien fiume. Il ponte che in quel luogo congiunge le due rive, rende ancor più sensibile all'occhio ed all'orecchio questa trasformazione: poichè gli argini perpendicolari che lo fiancheggiano non lasciano venir le onde a battere sulla riva ma le avviano rapide sotto gli archi; e presso quegli argini uno può quasi sentire il doppio e diverso romore dell'acqua, la quale qui viene a rompersi in piccioli cavalloni sull'arena, e a pochi passi tagliata dalle pile di macigno scorre sotto gli archi con uno strepito per così dire fluviale.

Lo scenario appare ben diverso dal precedente. Anzitutto il rapporto fra le parole con ripetizioni e quelle che non le contengono risulta capovolto, dal momento la percentuale delle parole con lettere ripetute precipita al 10%, dimodoché si può procedere ad esaminare con una certa cura i casi evidenziati, per vedere se possano mettere in rilievo caratteristiche interessanti del testo.

E in effetti è proprio così. Nell’espressione “catene non interrotte di monti a settentrione” ci sono due ripetizioni della terna ten in catene/settentrione, e della terna tte in interrotte/settentrione. Nel complesso, l’espressione procura all’ascolto, e anche alla lettura muta, un effetto di ribattitura di lettere n e t, che l’autore avrebbe potuto evitare, nello spirito di una prosa dove la ricchezza delle lettere viene distribuita nel modo migliore.

Anche le espressioni "tutto ad un tratto" e "che lo fiancheggiano non lasciano" presentano evidenti ripetizioni, benché il carattere rispettivamente sdrucciolo e piano dei due verbi attenuino l'effetto, che invece appare assai marcato nell'espressione "all’occhio ed all’orecchio".

Ci sono casi, però, in cui la ripetizione può risultare non spiacevole e perfino grata, e assurgere addirittura a preziosa figura retorica, mentre in altri casi è veramente spiacevole, come nella successiva "romore dell’acqua, la quale..." dove, a meno che il critico non voglia sentire nel qua-qua una ricercata onomatopea sciabordante, sarebbe stato meglio sostituire un pronome relativo equivalente ma più sobrio.

Molte analisi possibili

Sono parecchie le analisi che si possono condurre sul testo per mettere in evidenza i vari modi in cui il principio della equa distribuzione della ricchezza verbale viene mortificato. A un occhio (ma forse è meglio dire ad un orecchio) attento non dovrebbe sfuggire che nell’incipit dell’opera manzoniana si avverte una triplice eco che avvita subito il flusso variegato della frase nelle maglie della ripetizione. In "quel ramo del lago di Como..." c’è il bisillabo ramo dove la doppietta a-o ribatte subito sul bisillabo lago, che a sua volta colpisce a ruota sul bisillabo Como, in cui la doppietta è parzialmente modificata in o-o, dimodoché ne risulta piuttosto sensibile il martellante procedere della frase in ào-ào-òo.

Dando un’occhiata al testo annotato, però, la parola lago appare straordinariamente una delle poche a risultare indenni dal demone della ripetizione. Questo vuol semplicemente che si possono trovare molte cose interessanti, facendosi guidare dal fiuto e dalla sensibilità, ma che l'uno e l'altra restano pur sempre strumenti soggettivi. D'altro canto, si possono immaginare tante verifiche oggettive alle quali sottoporre un testo per misurarne il tasso di varietà: una prospettiva rigorosa e allettante che per adesso ho potuto esplorare solo sommariamente, determinando la semplice percentuale delle parole con lettere ripetute.