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Inverno: la riflessione

27. La chimica a modo mio

Ho già parlato della propensione degli insegnanti di Laboratorio di fisica e di chimica ad affrontare questa materia privilegiando un approccio metodologico più incline ai metodi della fisica piuttosto che a quelli della chimica, a seconda che essi siano degli insegnanti di fisica oppure di chimica (È più importante la fisica o la chimica?). È bene ribadire, tuttavia, che questa propensione interessa molto la forma in cui viene presentato il programma, e assai meno la sostanza. Il nucleo unificante del programma nel corso del biennio, infatti, è lo studio della materia considerata come entità che può subire delle trasformazioni sia di natura fisica (studiate nella prima classe), sia di natura chimica (studiate nella seconda classe). A questa suddivisione degli argomenti, pertanto, ogni docente cerca di attenersi con il necessario scrupolo, adattandoli però alla propria competenza e alla propria passione.

Dovendo affrontare gli argomenti di chimica nella seconda classe, perciò, ho trovato naturale farlo ricorrendo all’abituale approccio quantitativo (Solo esperimenti quantitativi). Gli esperimenti più collaudati di questa parte del programma sono (vedi la lista degli esperimenti):

1. la verifica del principio di conservazione della massa in una reazione chimica;

2. la legge delle proporzioni costanti, nota anche come legge di Proust;

3. la determinazione dell’ordine di grandezza del numero di Avogadro;

4. una tipica reazione di neutralizzazione fra un acido e una base.

La curva di neutralizzazione che si ricava dall’andamento del pH durante una reazione di neutralizzazione mi offre un’ottima opportunità per spiegare che cosa intendo concretamente quando parlo di approccio quantitativo agli argomenti di chimica.

Questa è la descrizione sommaria dell’esperimento: lascio gocciolare con regolarità da una buretta 100 millilitri di acido cloridrico che finiscono dentro un becher che contiene già 50 millilitri di idrossido di sodio. Nella soluzione contenuta nel becher, che è continuamente agitata, pesca una sonda per pH la quale è collegata ad un sistema di acquisizione dei dati. Il sistema esegue cinque acquisizioni ogni secondo, dimodoché dopo un paio di minuti è possibile disporre di una cospicua massa di dati relativa alla reazione di neutralizzazione che è avvenuta nel becher.

Dai dati acquisiti ricavo una mostruosa tabella di 600 celle che distribuisco agli studenti affinché la elaborino.

Alla vista della tabella gli studenti vengono immediatamente colti da una crisi di panico che rientra quando la esamino assieme a loro per distinguere i dati significativi da quelli inutili. Dopo questo esame in comune ogni studente può procedere a rappresentare graficamente la parte dei dati che ritiene più utile per la successiva elaborazione e che non supera il centinaio di valori.

L’elaborazione consiste nel ricavare il valore del pH in corrispondenza dell’istante in cui le quantità dell’acido e della base nel becher sono uguali, verificando se tale valore corrisponde proprio a 7 come ci si dovrebbe attendere.

Condurre questa elaborazione non è cosa di poco conto, perché occorre ipotizzare, giustificare ed applicare una correlazione fra il volume dei reagenti e il tempo di svuotamento della buretta, in modo che questo tempo possa essere impiegato indirettamente per calcolare il valore del pH proprio nell’istante in cui il volume dell’acido e quello della base risultano uguali.

Questa è la richiesta minima, che illustro e giustifico ampiamente prima di chiedere a tutti gli studenti che me la restituiscano sottoforma di relazione.

Poi viene l’approfondimento, che è un ragionamento più sottile che lascio balenare davanti a di tutti gli studenti, ma che chiedo in restituzione solo a quelli che si sentono motivati a farlo. Cerco sempre di giustapporre la richiesta minima a un approfondimento perché per alcuni studenti la prima può essere di mortificante semplicità, mentre per tutti gli altri il secondo può apparire frustrante. Questo esperimento, per esempio, si presta molto bene a questa giustapposizione.

Nella reazione di neutralizzazione molti studenti colgono facilmente la difficoltà ad inquadrare il fenomeno in un modello matematico conosciuto. Questo fatto dapprima provoca una certa delusione, perché sembra compromettere la fiducia duramente conquistata nelle possibilità della matematica di descrivere i fenomeni naturali, ma si presta anche a interessanti riflessioni sui limiti dei modelli matematici.

Ma una funzione che non può essere espressa tramite un’equazione matematica non per questo è una funzione refrattaria ad interessanti elaborazioni. La funzione del pH, per esempio, può essere trattata con il foglio di calcolo elaborando la parte utile dei dati per ottenere la velocità di variazione del pH in funzione del tempo che passa. Si può così costruire un altro grafico che rappresenta proprio l’andamento di questo fenomeno molto astratto.

L’elaborazione, d’altra parte, non è particolarmente complessa poiché la velocità di variazione del pH v può essere ricavata facendo calcolare ripetutamente al foglio di calcolo la seguente formula:

dove DpH è la variazione subita dal pH in un determinato intervallo di tempo Dt. Il grafico mostra l’andamento di questa velocità calcolata per un valore di Dt scelto uguale al doppio dell’intervallo di tempo fra due campionamenti, cioè 0,4 secondi.

Il grafico della velocità rappresenta la funzione derivata della funzione rappresentata nel grafico dell'andamento, ma questo non è necessario dirlo agli studenti, e soprattutto al collega di matematica che forse lamenterebbe una invasione di campo.

Però parlare in concreto del significato fisico di quel grafico, mi sembra lecito; e anche indurre a riflettere gli studenti sul fatto che il valore atteso del pH è quello che si registra in corrispondenza al valore massimo del grafico della velocità non mi sembra una cattiva idea, a condizione naturalmente di non accennare neppure al fatto che in corrispondenza di quel punto la curva del grafico dell'andamento è caratterizzata da un flesso, sempre per non guastare i rapporti con il collega di matematica.

Insomma, al momento di commentare i dati raccolti nel corso di ogni esperimento lascio quasi sempre cadere una serie di suggerimenti che gli studenti raccolgono in percentuali differenti e poi restituiscono talvolta sotto forma di osservazioni, di proposte e di elaborazioni alternative e aggiuntive. Una volta che questi contributi non richiesti – ma vivamente incoraggiati – finiscono sulle pagine della relazione cominciano le gioie ma anche i dolori, perché alcune di essi sono proprio una consolazione per il docente, altri sembrano quasi uno sberleffo.